Gilles de Rais, assassino spietato, alchimista e uomo tra i più ricchi della Francia in un medioevo che stava per calare il suo sipario e poi Felix Klein, sobrio dottore novecentesco, anche lui dedito al male. La giustizia, quella divina e quella terrena, le partite a scacchi tra il bene il male. Gli spunti di George Bataille, il quale scrisse anche un libro intitolato Il processo di Gilles de Rais, e poi la coscienza popolare, quel meccanismo che nei secoli ha trasformato il mostro in figura mitologica e i bambini in mogli creando il Barbablù di Georg Trackl. Insomma una tematica gravida di tensioni umane si annida nell’idea con cui Valentino Villa crea questo spettacolo, Blu, in scena fino al 13 di febbraio all’Ambra Teatro Alla Garbatella, questo il nome che Dandini e soci hanno appeso sulla facciata del vecchio palazzo in Piazza San Giovanni da Triora, proprio qualche centinaio di metri lontano dal Palladium.
In quella sala di 250 posti, già di per sé semivuota, il gelido applauso del pubblico freddava le emozioni di attori e autori. Questo non perché lo spettacolo sia il frutto di una scrittura scenica complessa, fatto d’altronde comune e accettabile se c’è un obiettivo (contenutistico o estetico che sia), Villa non è stato il primo e non sarà l’ultimo a bramare il concepimento di un teatro totale dove parola, danza e musica possano dar vita a un momento artistico autonomo. Il problema è l’utilizzo e dunque la realizzazione di questa concezione da parte del regista.
In una scena vuota troviamo, a destra, una sedia con un microfono completo di asta, a sinistra una pedana scoscesa riflettente, semovente una sorta di portavivande con fiori sempre ben illuminati e alambicchi di vario tipo, archeologia di quel medioevo qui appena accennato.
La struttura è presto detta: alle domande del pubblico ministero (Stefano Vona Bianchini) si alternano i monologhi di Sandra Toffolati, lei la voce delle donne che sulla loro strada incontrarono Klein e il famoso Barblù, Marco Angelilli è il dottore e lo spaventoso personaggio medioevale, autore di una vera e propria strage di bambini. L’imputato risponde con brevi monologhi e surreali momenti di danza straniando il proprio doppio personaggio e ripulendolo via di quell’atroce colpa che comunque ancora si rivela nel freddo sorriso. Sua compagna di danza è Sarah Silvagni, rappresentazione metafisica delle donne uccise da Klein/Barbablù, personaggio in eterno movimento. Sul fondale, delle tendine bianche da ufficio, in plastica, fanno da schermo per i filmati, questi, a metà tra la video arte e il cinema muto, sembra vogliano raccontare per frammenti onirici possibili svolte intimistiche della drammaturgia rimandando anche al percorso delle sette porte del Castello di Barbablù. In una scena dunque già affollata di segni, la musica di Béla Bartók (naturalmente Il castello di Barbablù) accompagna e guida il pathos di una performatività che quasi mai si lega alla parola. Questa d’altronde è costretta in un’amplificazione non giustificata da alcun segno estetico, ma che anzi contribuisce solamente a creare un distacco ancora più profondo con lo spettatore.
L’interessante idea drammaturgica, con la quale si voleva scandagliare il male nelle le sue più umane e disumane perdizioni senza la sua effettiva rappresentazione, ovvero la violenza, cosa che riusciamo comunque a percepire in uno degli ultimi monologhi in cui l’assassino confessa a Dio le proprie stragi, è purtroppo un’idea sopraffatta da una macchina scenica meno efficace della sua costruzione intellettuale proprio perché non riesce a trovare un appiglio con cui aprirsi al pubblico rischiando anzi di aggrovigliarsi in una resa formale incomprensibile per la maggior parte degli spettatori e incapace di restituire l’intreccio da cui era partita.
Andrea Pocosgnich
in scena dall’8 al 13 febbraio 2011
Teatro Ambra alla Garbatella [val al programma]
Roma
BLU
regia e drammaturgia Valentino Villa
con Marco Angelilli, Sarah Silvagni, Franca Penone, Stefano Vona Bianchini
scene e costumi Francesco Mari
luci Gill McBride
realizzazione video Primo De Santis, Luigi Ciccaglione
collaborazione coreografica Monica Vannucchi
proiezioni Valerio Rodelli
assistente alla regia Michele Lisi
Neraonda Arte Cultura Spettacolo
Roma