In pochi anni i Baustelle si sono affermati come un gruppo in grado di parlare a una fetta di pubblico ampia e variegata con le loro canzoni senza cessare però di scrivere testi ricercati, che sono gli sono valsi un riconoscimento prestigioso come la Targa Tenco. Ma prima de «La malavita», il disco del 2005 che ha portato di colpo il gruppo toscano sotto i riflettori della scena nazionale, i Baustelle hanno fatto una lunga gavetta e hanno inciso due dischi con etichette indipendenti. “Sussidiario illustrato della giovinezza”, il primo introvabile album della band uscito nel 2000, è oggi un oggetto di culto per i fan. Warner Music lo ha ripubblicato e i Baustelle si lanceranno a dicembre in un piccolo tour di promozione. Abbiamo parlato con Francesco Bianconi, voce e autore dei testi e di molte delle canzoni dei Baustelle, per capire cosa è cambiato per la band toscana in questi dieci anni.
Come gruppo che effetto vi fa questa ripubblicazione del primo album?
È una cosa che ci sembrava doveroso fare. In questi ultimi anni abbiamo ricevuto tante richieste da parte dei fan, messaggi, e-mail e gente ai concerti che ce lo chiedeva. E un disco molto amato, e ovviamente come tutte le opere prime chi le ha fatte ci tiene molto. È paradossale che nell’era della musica disponibile a tutti i livelli, il nostro primo disco non lo fosse. Certo, delle copie circolano: c’è chi ci ha scritto che l’ha comprato su e-bay a 150 euro. Una follia. È anche bello che le cose diventino di culto, ma è anche giusto che il catalogo di un artista sia disponibile, specie se c’è richiesta.
Nel disco ci sono alcuni brani culto per i fan della prima ora, come “La canzone del riformatorio”. Quando le suonate oggi dal vivo notate una differenza della reazione del pubblico?
No, generalmente vengono accolte con entusiasmo, non ci sono differenze. Nonostante il disco sia introvabile il download fa il suo lavoro, e queste canzoni sono conosciute e amate da tutti i fan, le sentiamo cantare a gran voce ed è una cosa che ci fa molto piacere. Tra questi ci saranno anche i fan della prima ora che hanno a casa l’edizione originale del Sussidiario.
Dalle pruderie adolescenziali ai mistici dell’occidente. Come sono cambiati i Baustelle in dieci anni?
Sono cambiati molto. I dischi, come le opere di letteratura, riflettono quello che si è nel momento in cui le si produce. “Sussidiario illustrato della giovinezza”, come tutte le opere prime, raccoglie le canzoni migliori che avevamo scritto negli anni precedenti, dal 1995 al 1999. Erano canzoni scritte da adolescenti, o da adolescenti che stavano per non esserlo più, e quindi per forza di cose le tematiche erano legate a questa condizione. Post-adolescenti che raccontavano cose che accadevano nel loro mondo o che vivevano sulla loro pelle. Poi il tempo passa, scrivere di adolescenze a 36 anni non ha più senso, secondo me. Puoi parlare comunque di adolescenti, certo, ma resterà un punto di vista filtrato da una persona diversa, una persona di mezza età.
E dal punto di vista compositivo cosa è cambiato?
Sì. Se prendiamo “Sussidiario” e, ad esempio, “Amen” si nota subito che sono dischi composti in modo molto diverso. “Sussidiario illustrato della giovinezza” raccoglie canzoni scritte suonando tutti insieme, in sala prove, e poi rimaneggiate da me e Fabrizio Massara principalmente, ma anche da Claudio Brasini. C’erano anche alcuni pezzi scritti a parte, soprattutto da me e Fabrizio, e poi portati in sala prova e arrangiati tutti insieme. “Amen”, come anche “I mistici dell’occidente”, sono dischi realizzati più a compartimenti stagni, sono figlie dell’era digitale, arrangiati un po’ più a tavolino. Per altro i brani che contengono sono più orchestrati, e quindi difficili da scrivere a partire da una jam session. Questo però non è necessariamente legato al fatto che abbiamo perso l’immediatezza degli inizi, è un’esigenza legata alla crescita musicale e alla voglia di sperimentare cose nuove. Non è detto, ad esempio, che il prossimo disco non torni ad avere procedimenti compositivi più simili a quelli degli esordi: potremmo anche avere la necessità di fare un disco più semplice, più rock.
Quali erano i riferimenti dei Baustelle nel 2000 e quali sono oggi?
Alcuni sono rimasti gli stessi. “Sussidiario” è figlio di ascolti che all’epoca erano contemporanei ma anche di tanta roba del passato, e certamente quelle cose del passato sono musicisti che ci sono cari ancora oggi: l’amore per le colonne sonore, la musica pop degli anni Sessanta e Settanta, l’exotica, sono tutte cose che amiamo anche oggi. All’epoca di “Sussidiario” poi c’erano degli ascolti belli legati a quegli anni che ci hanno influenzato moltissimo, a volte ci hanno cambiato la vita. Come ti dicevo le canzoni del disco, che è uscito nel 2000, coprono un arco di tempo che comprende tutta la seconda metà degli anni Novanta, e gli anni Novanta in Italia erano un periodo entusiasmante dal punto di vista musicale, soprattutto per il rock indipendente: c’era il Consorzio Produttori Indipendenti, c’era la Mescal, c’erano i Massimo Volume e i LaCrus che firmavano per una major… era insomma un periodo eccitante in cui sembrava che la musica indipendente stesse di colpo diventando di largo consumo. E anche all’estero succedevano cose bellissime: il giunge si era esaurito come spinta creativa ma si sentiva ancora, in Inghilterra c’era il brit-pop, i Blur e i Pul su tutti, uscivano dischi come “If you’re feeling sinister” dei Belle & Sebastian, il primo disco dei Portishead, Bjork che debuttava da solista. Mi ricordo ancora adesso la sensazione che ho provato la prima volta che ho sentito tutti questi dischi, e i Baustelle ne sono stati influenzati non poco. Tanta di questa musica sono diventati oggi dei “classici” che continuano a influenzarci ancora. Poi oggi esce tanta di quella roba e io sono un divoratore di musica, ne ascolto tanta, scopro sempre cose nuove che forse influenzeranno i dischi futuri dei Baustelle.
Sulla nota dell’edizione originale di “Sussidiario” c’era scritto: i Baustelle sono disponibili per colonne sonore su commissione. Perché?
Già da allora c’era una grande passione per il cinema, e volevamo cimentarci con la scrittura di una colonna sonora per un film. Così, un po’ presuntuosamente, lo scrivemmo in quella nota di copertina, ma ovviamente all’epoca nessuno ci chiamò. È successo però molto dopo, quando Giuseppe Piccioni ci ha chiamato per il suo film, “Giulia non esce la sera”. È stata una grande soddisfazione e il coronamento di un sogno.
C’è un tour di presentazione di questa riedizione del “Sussidiario”. Puoi anticiparci qualcosa?
Sarà un mini-tour di sei date, dal 1 dicembre a Roma al 17 dicembre a Trezzo d’Adda, passando per Napoli (3), Bari (4), Rimini (11) e Bologna (16). Il concerto sarà diviso in due parti: nella prima suoneremo “Sussidiario illustrato della giovinezza” per intero o quasi, ovviamente proponendo delle novità negli arrangiamenti; la seconda comprenderà una selezione delle canzoni degli altri dischi, e forse ci sarà spazio per due o tre cover di canzoni che all’epoca sono stati significativi per i Baustelle e che hanno influenzato la scrittura di “Sussidiario”.
Graziano Graziani