Ammetto che scrivere di Antonio Rezza mi provoca sempre un certo brivido, un pensiero di più. Sarà perché la sua ostinata provocazione sul palco è insieme affetto, e tanto si traduce nel privato delle conoscenze almeno un po’ approfondite. Il suo teatro è quello di un equilibrista sul filo sottile tra verità e contraddizione che è, al contempo, una verità vera due volte. Per tutto questo Antonio Rezza è un artista bilingue, nel senso che ne ha due: una per dire e l’altra per contraddire, mai per confermare se non ogni volta la sua assoluta alterità, la distanza da ogni anche velata condiscendenza.
Ora l’occasione è ghiotta, per tutti quei pochi, credo, che non hanno mai avuto quest’esperienza di vedere un uomo e artista restare – in scena e sul filo – uomo e artista: dal 7 dicembre 2010 al 2 gennaio 2011, al Teatro Vascello, un intero mese sarà a disposizione, attraversando un’antologia sequenziale di tutti i cinque spettacoli ideati dallo stesso Rezza nell’habitat delle sculture (non strutture, si badi, ché sarebbe un errore materiale) di Flavia Mastrella, ennesimo altro, doppio complementare di stimolo e pazienza, di sentimento e di ragione, senza la cui arte nulla sarebbe possibile. Ammesso che davvero quella sensazione di violenza espressa e insieme autoinferta sia proprio una sensazione da poter definire “possibile”.
Il primo spettacolo di questa “antologia irrequieta, completa e disarmata totalmente autoreferenziale”, in ordine cronologico, sarà Pitecus (7-9 dicembre), lavoro per quadri di straordinaria potenza, così come il successivo Io (10-12 dicembre), in cui più netta è l’attestazione della distanza umana; poi sarà Fotofinish (14-19 dicembre), forse più completo e maggiormente gestito sull’intero spazio scenico, un passaggio obbligato per i successivi lavori, come Bahamut (21-22-23 e 26 dicembre), indagine umana forse più rabbiosa e però più disarmata, ma riarmata per l’ultimo fulminante 7-14-21-28 (28 dicembre-2 gennaio), vera apologia di sé stesso e del proprio grande talento.
La polemica storica su Rezza è legata alla sua strana parabola romana: se nel resto d’Italia e all’estero si aprono le porte di teatri di rango, anche Stabili, non sordi al suo talento, Roma che è la sua città non l’ha mai accolto come avrebbe dovuto. Destino dei grandi, mi dico. E forse è anche così. Ma non basta. Tuttavia quel che conta è la scena, come sempre: cinque spettacoli cinque, quindi, che non è quasi possibile distinguere a occhio nudo, con leggerezza, perché qua la leggerezza surreale è solo un’illusione di una comprensione non più che superficiale, mai abbastanza in questa ebbrezza di senso che coglie da varie parti, su più piani, come una girandola a pale che imbarca acqua e poi la spara, senza che sia possibile non esserne colti.
Simone Nebbia
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dal 7 DICEMBRE al 2 GENNAIO 2011
Teatro Vascello
Roma
PITECUS
7-8-9 dicembre
IO
10-11-12 dicembre
FOTOFINISH
dal 14 al 19 dicembre
BAHAMUT
21-22-23 e 26 dicembre
7-14-21-28
dal 28 dicembre al 2 gennaio
(31 dicembre speciale capodanno)