Non riesco ad uscire da un teatro, non riesco a uscire per venirne a dare conto. Oggi è il giorno dopo. E io non riesco ancora. Ieri ho visto un leone e l’ho guardato negli occhi, controllava le mie reazioni, sapeva che mi avrebbe azzannato quanto me, ma non gustava nessun morso: lui gode affondando, non immaginando, perché lui è un leone, la preda non può fare altro che attendere la morte per bocca. Il leone è un attore che conosce l’artificio e l’uso più onesto che se ne può fare: la finzione, l’illusione del ruggito e del sangue, in una foresta che è il perimetro tutto nero della scena o solo guardando da una gabbia, fatta soltanto di acqua. Questo sentimento mi coglie e non mi lascia ancora, quando il Lucignolo di Roberto Latini ha posato i suoi denti e gli artigli, sulla mia pelle di spettatore.
La menzogna, è il fulcro di questo spettacolo. Sporco di farina, reietto e cencioso, Latini ha i piedi in un rettangolo d’acqua, nella scena nuda e guarda dritto di fronte: mente sapendo di mentire; ha in testa una parrucca, l’artificio dichiarato, il teatro. Sopra la sua testa – e la nostra – la corda di una impiccagione promessa. E proprio qui sta l’altra parola chiave, la promessa: quel che si promette è già illusione, fa parte della grande costruzione, della macchina ammaliante, per questo sarà una promessa sempre tradita, sempre menzogna come nel monologo in cui soggetto e verbo non corrispondono, negli occhi di un colore innaturale quanto magnetico, nel bianco che lo sporca pulito, nella corda appesa che promette e non mantiene, che cadrà e avrà ucciso non altro che l’artificio, nient’altro che la parrucca. Ma dalla morte dell’attore l’uomo ride, e continua la menzogna. E se la promessa è tradita, sarà l’acqua a rendere vera una nascita nuova.
La nuova via di Latini, che si chiama Noosfera, il nuovo progetto, ha una connotazione più artigianale, per ora: non più microfoni e distorsione vocale, il trucco è fatto di elementi più naturali, ma non smette di distorcerlo alla percezione; lo spettacolo dice di una tragedia, la tragedia umana che ci consente soltanto di “essere parte di un coro”, così che le tante voci s’illuderanno di farne parte, mentre non sono che suoni indistinti, del vano accadere. In questo spettacolo di una magia disturbante e insieme ipnotica, pure in una struttura stretta e in apparenza simmetrica, Roberto Latini compie una scelta precisa e parla dell’uomo aprendo alla comunità più che chiudendosi nell’introspezione, ma la scelta è solo stilistica, perché il suo fine è sempre più espresso e affonda le radici nella sua storia teatrale, puntando il dito in platea: l’uomo, al centro, con tutte le sue contraddizioni: che si chiami Otello e tenga in sé la voce di Iago, che si chiami Lucignolo fingitore e teatrante a chiamare bugiardo Pinocchio, davvero è proprio dell’uomo che stiamo parlando.
Non racconterò lo spettacolo, più di così. Non c’è modo di farlo e già ho tentato troppo, bisogna soltanto vederlo, per poterne vivere esperienza: a vedere in scena Roberto Latini ci si sente indagati, spogliati, finiti, ha una forza d’impatto che non è raccontabile, perché dovrei dire della sua morte, in scena, tutte le sere: e come si fa a dire di un uomo che muore senza scontare io stesso la sua fine? Questo si può fare solo in teatro, io qui non posso dire più di aver visto un leone guardarmi negli occhi con già scritto il mio destino, specchiarmi in lui – l’attore – la paura della morte, della mia a cospetto della sua, del legame di sangue che c’è tra il vero ed il falso e l’attesa, infine, che non è altro da una mera desistenza.
Simone Nebbia
visto il 2 novembre 2010
Teatro Argot – vai al programma completo
Roma
in scena fino al 7 novembre 2010
Libero Fortebraccio Teatro
NOOSFERA LUCIGNOLO
di e con Roberto Latini
musiche originali Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica
Max Mugnai
organizzazione e cura
Federica Furlanis
Prossime date:
12 – 13 novembre 2010
Palermo, Teatro delle Balate
19 – 20 novembre 2010
AreaPergolesi – Maisonfou (Milano)