HomeCordelia - le RecensioniSEMBRA AMLETO (di Francesco Zaccaro, Regia Ivano Picciallo)

SEMBRA AMLETO (di Francesco Zaccaro, Regia Ivano Picciallo)

Questa recensione fa parte di Cordelia di aprile 25

Un saltimbanco, un giullare, un figurino da varietà, un buffone con le converse. Un ragazzo, un adulto, un figlio. Francesco Zaccaro occupa tutto lo spazio che ha attorno e dentro di sé e attiva tutto il suo corpo – voce, muscoli, capelli – in un monologo che è un attraversamento, una parabola umana, un rito di crescita. In una lingua musicale e ironica, assistiamo a un dialogo mancato, quello con la tomba di un padre il cui fantasma, in spietato silenzio, tarda ad apparire. Ma vediamo anche un confronto diretto (o forse sognato?) con una madre che ormai è altrove, a una distanza indecifrabile, muta anche lei eppure presente e incombente. Il non detto, il sopito, l’eredità di valori e vincoli pesano come un macigno sulla vita di questo quasi-Amleto che non può fare altro che intrattenere i propri morti, riseppellirli dopo averli animati, rimessi in scena: il dispositivo metateatrale più celebre dell’opera shakespeariana qui diventa avanspettacolo, tra tradizione e tradimento, offrendo tanto l’esercizio godibilissimo di sintesi del classico quanto un affondo laterale inedito sulla figura di Gertrude. Zaccaro ripercorre a zigzag la vicenda del principe di Danimarca, spostando nei suoni la latitudine, ma restando ancorato al portato tragico di un’anima persa che prima di tutto è quella di un orfano. Sulla scena la regia di Ivano Picciallo mette solo terra e pochi essenziali simboli (un fiore, uno specchio, una croce), quelli di un teatro di evocazioni che si regge sul corpo dell’attore, sulla sua espressività generosa e scanzonata e su una lingua poetica e immediata, viscerale. Tra le sue mani l’Opera, l’Amleto, è la bussola per non perdere la rotta, o il segno ineludibile di un destino avverso, granitico, che «sta scritto» e contro cui, invece di prender l’armi, giocarsi le rime. Fino a una finale liberazione, rito di imprecazioni impronunciabili, fiume rotto d’amore e dolore, rabbia e resa. Elsinore e Matera stanno a un passo, se di sangue, radici, identità si tratta. (Sabrina Fasanella)

Visto al Teatro Lo Spazio. scritto e interpretato da Francesco Zaccaro. Regia di Ivano Picciallo. Scene Alessandra Solimene. Luci Joseph Geoffriau. Organizzazione Sonia Polimeno. Produzione IAC Centro Arti Integrate – MALMAND TEATRO

Cordelia, aprile 2025

Telegram

Iscriviti gratuitamente al nostro canale Telegram per ricevere articoli come questo

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Pubblica i tuoi comunicati

Il tuo comunicato su Teatro e Critica e sui nostri social

ULTIMI ARTICOLI

Santo Béjart commediante e martire

Al Teatro Comunale di Ferrara il Béjart Lausanne Ballet, ora diretto da Julien Favreau, è finalmente restituito a tutta la complessità della sua storia...