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STABAT MATER (di Liv Ferracchiati)

Questa recensione fa parte di Cordelia di aprile 25

Presentato per la prima volta alla Biennale Teatro 2017, Stabat Mater è il secondo capitolo della Trilogia sull’identità della compagnia The Baby Walk, che torna in una forma rinnovata. L’opera vede in scena lo stesso autore, Liv Ferracchiati, nei panni di Andrea, uno scrittore incapace di crescere e assumersi le sue responsabilità, soffocato dal rapporto ombelicale con la madre (Francesca Gatto).
Il protagonista è un uomo nel corpo di una donna, con i conseguenti disagi dovuti al trovarsi intrappolato in un’identità di genere che non gli appartiene. Disagi e insicurezze che non solo si ripercuotono sul rapporto con sé stesso, ma anche sulle relazioni esterne che intrattiene, in particolare quella con la fidanzata (Livia Rossi). Sulla scena, sviluppata su più piani tramite un sistema di impalcature, incombe soffocante la figura della madre, una evocazione che “sta”, come Maria ai piedi della croce, e la cui immagine è proiettata, tramite una videocamera, sullo schermo bianco sospeso sopra la scenografia. Da quella prospettiva, osserva tutto, occhio onnipresente e ammorbante sulla vita del figlio, eppure incapace di comprenderlo. Intanto, mentre il rapporto con la fidanzata si deteriora per l’incapacità dell’uomo di prendere posizione e agire, il protagonista si riscopre attratto dalla sua psicologa (Chiara Leoncini), una donna già sposata e con un figlio. Le entrate e le uscite si sovrappongono in un meccanismo ben oliato, alternando sbalzi temporali tra una scena e l’altra. Un collage di memorie ruota intorno a quello che è il fulcro della vicenda: il rapporto con la figura materna e il processo di autodeterminazione della propria identità. Seguiamo il protagonista nei momenti altalenanti che compongono questo percorso, fino alla battuta finale: “Mamma, vuoi sentirtelo dire?”, in merito al suo coming out come persona transgender. La messinscena termina così, con una domanda di cui non sapremo mai la risposta, ma che si spera porti a una risoluzione positiva, verso la recisione di quel cordone che stringe e soffoca. (Letizia Chiarlone)

Visto alla Sala Mercato Produzione Teatro Nazionale di Genova, Centro Teatrale MaMiMò, Marche Teatro, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale Regia Liv Ferracchiati Interpreti Liv Ferracchiati, Francesca Gatto, Chiara Leoncini, Livia Rossi Scene Giuseppe Stellato Costumi Laura Dondi Luci Emiliano Austeri Suono Spallarossa Aiuto regia Piera Mungiguerra

Cordelia, aprile 2025

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Letizia Chiarlone
Letizia Chiarlone
Classe 2001, è studentessa di Lettere, indirizzo Musica e Spettacolo, presso l'Università di Genova. Comincia ad avvicinarsi alla critica teatrale nel 2023, accolta nell'aia dell'Oca Critica. Nel giugno 2024 partecipa al laboratorio di critica teatrale diretto da Andrea Porcheddu con Roberta Ferraresi presso la Biennale Teatro. Nell'agosto dello stesso anno prende parte al workshop di critica teatrale di Teatro e Critica condotto da Andrea Pocosgnich nel contesto del Festival Orizzonti di Chiusi. Collabora con Teatro e Critica da ottobre 2024.

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