La dedica che apre il prezioso volume, «alla memoria di Barbara Sparti», collega immediatamente l’edizione dell’inedito trattato “Del origin et nobiltà del ballo” (ca. 1620) scritta dal poligrafo, medico, erudito ed esperto d’arte Giulio Mancini (1559-1630), a una precisa tradizione di studi e ricerche sulla danza antica. Combinata a una costante, mai opzionale, ricerca pratica: si deve poter ‘rifare’ per comprenderlo, il passato che si studia. L’indagine sul testo di Mancini fu infatti avviata già da Sparti, ora la trascrizione del codice è a cura di Alessandro Pontremoli, secondo scelte ampiamente conservative e diplomatiche, e che mantengono intatta la distanza che da esso ci separa. Eppure, grazie a un ampio e utilissimo apparato di note, l’orizzonte dal quale ci si consegna a noi, quello dell’educazione del nobile nel controllo del comportamento, della promozione «ad arte del sapere tecnico e pratico», rafforza l’idea che la cura del corpo attraverso la nobiltà del ballo, porti con sé «sollievo all’anima». Pur essendo «oggetto contemplato all’interno della sfera morale e politica», ma anche dei discorsi medici e del «musico» e del «maestro di ballo». Un paradigma aristocratico e di redenzione (perché distinto, da Mancini, dalla ginnastica) che rilancia con forza l’idea di «benessere nella contemplazione ‘motoria’ della bellezza e della virtù». Completa un intenso saggio critico di Maria Cristina Esposito, che è un vero corpo a corpo con la terminologia antica alla base della tradizione storiografica cui si riferisce Mancini (Giulio Mancini, Del origin et nobiltà del ballo, a cura di Alessandro Pontremoli, con un saggio critico di Maria Cristina Esposito, Tab edizioni, 2024).