Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 24
Un appartamento alieno, con i mobili ricoperti da sottili teli di nylon opachi per impedire alla pittura fresca ancora gocciolante di rovinarli. Un’atmosfera immobile circonda Pierre (Luca Mammoli), rinomato oncologo, che si aggira come uno spettro nello spazio spoglio e freddo. Poi, dalla porta d’ingresso che si socchiude, una calda luce proietta sulla parete antistante il profilo inconfondibile di una donna. L’uomo si immobilizza e fa la sua entrata, inaspettata e inattesa, Mathilde (Eleonora Giovanardi), sua moglie. Dal testo di Véronique Olmi, tradotto da Alessandro Serra, il regista Alessio Aronne, in questa nuova produzione della Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, costruisce una storia di rapporti compromessi, sulla base di un forte dilemma morale: Mathilde, nota scrittrice, infatti, è appena uscita di prigione, dopo tre mesi di reclusione, per aver intrattenuto una relazione extraconiugale con un ragazzo quattordicenne. Dilemma che si proietta negli occhi dello stesso pubblico, impossibilitato a calarsi empaticamente nei panni di Mathilde, diviso tra la repulsione e la fascinazione per una protagonista che non sembra provare il minimo rimorso per quanto compiuto e, anzi, ammette di essere propensa a macchiarsi nuovamente della stessa colpa. Tale atteggiamento ambivalente si riflette in Pierre, che condanna le azioni della moglie e vorrebbe separarsi da lei, ma al tempo stesso la esorta a scriverne e si offre di rimanere al suo fianco durante il processo. I teli vengono tolti dal mobilio, gli scatoloni con gli effetti personali della donna pian piano sono smontati, facendo riemergere oggetti forieri di ricordi, e lo spazio abitato dai due personaggi si anima. Il loro stile recitativo, a sua volta, perde i freddi stilemi alienanti dell’inizio per riscaldarsi al tepore di un affetto reciproco che persiste, nonostante gli avvenimenti e i pregiudizi. Mathilde, dunque, è un racconto di condanna e di perdono che mette lo spettatore di fronte a un’altra questione viscerale: fino a che punto siamo disposti a perdonare in nome dell’amore? (Letizia Chiarlone)
Visto al Teatro della Tosse di Véronique Olmi traduzione Alessandra Serra
con Eleonora Giovanardi Luca Mammoli Regia Alessio Aronne Scene Emanuele Conte Disegno luci Matteo Selis musiche Marco Rivolta Costumi Daniela De Blasio Coreografia e movimento scenico Marianna Moccia assistente alla regia Marco Rivolta
produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse