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L’AFFAIRE MATTEOTTI (di Marco Andorno)

Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 24

L’affaire Matteotti – di e con Marco Andorno con la regia collettiva della compagnia Faber Teater – inizia il racconto del delitto dalle 16.30 di quel 10 giugno 1924, quando il deputato socialista uscì da casa per andare in Parlamento. Uscì da quello stesso palazzo, in via Pisanelli 40, che ancora deve trovare un accordo con il Comune sull’apposizione della targa commemorativa: per timore di ritorsioni, il condominio rifiuta nell’epigrafe la dicitura che testimonia la responsabilità del governo di Mussolini: “In questa casa visse Giacomo Matteotti (1885-1924) fino al giorno della morte per mano fascista”. L’attualità ci ricorda quanto siano vivi, e compromettenti, gli effetti della storia su di un presente che vede il rinsaldarsi, a livello internazionale, di poteri governativi espressi attraverso politiche securitarie di esclusione, controllo e repressione del dissenso. Questo omicidio storico, a distanza di cento anni, è dunque “un affaire” irrisolto, come viene definito dal taglio di indagine dato da questo progetto teatrale ideato da Aldo Pasquero, Giuseppe Morrone, Marco Andorno e Fabio Fiore per la consulenza storica. La “lezione” andata in scena la scorsa settimana al Teatro Torlonia unisce sia l’aspetto didattico informativo, poggiandosi su documenti e foto d’archivio, che l’approccio poetico innestando nella drammaturgia parti cantate e recitate da Andorno, unico interprete, come quelle riguardanti l’interrogatorio di Volpi e/o i discorsi di Mussolini alla Camera. Questi, sono degli a parte rispetto al teatro di narrazione che vengono indicati attraverso cambi di luce e di tono interpretativo. Seppur verso il finale vengono scelti dei ragionamenti più moderati – che fanno riferimento a tre diversi moventi storici per il delitto – il racconto di Andorno si sviluppa attorno all’affaire, alla relazione, quindi, criminale che il potere ha nei confronti delle idee antifasciste di Matteotti, la minaccia che i suoi discorsi rappresentano per il percorso verso l’instaurazione della dittatura fascista. È una questione di idee e di corpi – quello di Matteotti verrà ritrovato in stato avanzato di decomposizione, irriconoscibile per i segni di vilipendio – inserita in una dialettica di repressione muscolare dei principi democratici per l’affermazione di un governo totalitario. A Faber Teater si deve dunque il merito di un lavoro che nella sua agile ricostruzione documentaria sceglie l’afflato poetico per fissare dei concetti che dovrebbero stratificarsi nella memoria collettiva; nella memoria di corpi e menti che oggi devono essere in grado di usare la storia come strumento di rivendicazione contro pericolosi revisionismi. (Lucia Medri)

Visto al Teatro Torlonia: collettiva Faber Teater, ideato da Aldo Pasquero, Fabio Fiore, Giuseppe Morrone, Marco Andorno, consulenza storica Fabio Fiore. Foto di Diego Diaz

Cordelia, dicembre 2024

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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