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El Khatib e la vita (segreta) degli anziani: amore e sesso per parlare di futuro

In prima nazionale, tra gli ultimi spettacoli di questa edizione del Romaeuropa Festival, La vie secrète des vieux (La vita segreta degli anziani) di Mohamed El Khatib. Recensione

Potremmo cedere a contestualizzazioni statistiche, fare riferimento all’inverno demografico, alla vita media che si allunga e all’età media della popolazione italiana che è sempre più alta; potremmo anche dire che il mercato si rivolge alla Terza Età inventando pacchetti assistenziali integrativi per colmare i gap del Sistema Sanitario Nazionale; potremmo quindi parlare di Silver Economy per comprendere i costi di un paese vecchio che si poggia sulle nostre spalle e quelle delle future generazioni…Potremmo ma preferiamo di no, perché è così che se ne parla sempre, sono questi infatti i temi attorno ai quali è più comodo polarizzare l’opinione pubblica: vecchiaia e giovinezza, chi può e chi non può usufruire di mezzi che, in entrambi i casi però, non sono più sufficienti per nessuno.

Ed è proprio quello di cui non si parla, perché non  strumentale alle divisioni partitiche, che si prende la scena del dibattito grazie al lavoro che ha fatto Mohamed El Khatib, “artista e drammaturgo documentarista”, con La vie secrète des vieux – La vita segreta dei vecchi, tra gli spettacoli con cui si chiude, con tanto di standing ovation durante la seconda e ultima replica, questa edizione di Romaeuropa Festival. Un progetto semplicemente utile: utile per chi lo crea, per chi ne prende parte, per chi lo guarda, e per chi lo produce anche, in quanto alla base non solo vi è una quantità di informazioni sociali e umane da far invidia a qualsiasi istituto nazionale di analisi e statistica, ma anche e soprattutto un documento poetico, come si diceva in una chiacchierata post spettacolo, una sorta di Comizi d’amore che inverte la polarizzazione, rigenera il dibattito e unisce giovani e anziani attorno al tema dell’amore e della sessualità, e quindi della rivendicazione identitaria, dell’autodeterminazione e, non c’è da stupirsi, del futuro, per tutti e tutte, anche per Annie Boisdenghien, Micheline Boussaingault, Marie-Louise Carlier, Martine Devries, Jean-Pierre Dupuy, Jacqueline Juin, Jean-Paul Sidolle, gli interpreti in scena tra i 74 e i 102 anni.

Nello spettacolo diretto da El Khatib, culmina il progetto cinematografico in una casa di riposo a Chambéry intitolato Le grand âge de l’amour: «mentre giravo per le case di cura infatti, incontrando queste persone, interrogandole sui loro desideri e sulla loro vita amorosa, ho preso coscienza della portata che queste semplici conversazioni avevano, di cosa significassero per loro». Premesso che il rischio dell’effetto compassionevole e pietista di molti progetti simili ambientati nelle case di cura poteva inficiare la spinta etica e artistica di El Khatib, accade invece che con sensibilità, onestà, equità e, stavolta sì, effettiva inclusività, conosciamo i sentimenti di persone che non hanno smesso di vivere perché non hanno smesso di amare. Una seconda, terza, quarta vita amorosa vissuta con piacere e libertà, alleggerita dalla morale e dal patriarcato, in alcuni casi, che ha imbrigliato per anni il desiderio. Chi ascolta queste storie comprende infatti quanto il desiderio, emancipatosi dal peso storico di convenzioni familiari, possa nutrire nuovamente le relazioni, le psicologie, la salute, le scelte di queste persone che, attraverso l’amore e il sesso, riaffermano il loro ruolo politico nella società.

E, come afferma il regista, nell’intervista di Mélanie Drouère commissionata dal Festival D’Autumne à Paris, il racconto dell’amore è senza filtri, come accade in un altro lavoro del regista fatto con i bambini, La Dispute: «Sono entrambe età in cui puoi parlare con franchezza e libertà». Con gli e le interpreti sulla scena, che può sembrare una balera, una sala d’attesa, una palestra, per dare l’idea di uno spazio funzionale e “aperto” ad accogliere le testimonianze, c’è Yasmine Hadj Ali, attrice e danzatrice, qui nei panni di assistente sociale, il cui ruolo fa comprendere al pubblico anche il punto di vista di chi svolge un lavoro quotidiano di cura e rispetto, quando questo può definirsi tale visto che la cronaca spesso racconta di altro, come i tristemente noti casi di sevizie e abusi nelle cliniche.

El Khatib non vuole infatti indorare e/o edulcorare lo stato penoso in cui riversano le politiche sociali e la conseguente solitudine e malessere di coloro che ne sono le vittime. Anche lui in scena, spiegando il progetto al pubblico con dei brevi a parte e introducendo le testimonianze degli interpreti, anche quelle in video, vuole far emergere drammaturgicamente il riscatto positivo e attivo di queste persone. Da uno stato di privazione, coercizione, silenzio e abbandono, questi corpi nascosti, altri, segreti ci parlano di un futuro, possibile, di spensierata gioia.

Lucia Medri

visto al Teatro Vascello, novembre 2024

La vie secrète des vieux (La vita segreta degli anziani)

Ideazione e regia: Mohamed El Khatib

Con (alternati in base alla loro longevità): Annie Boisdenghien, Micheline Boussaingault, Marie-Louise Carlier, Martine Devries, Jean-Pierre Dupuy, Jacqueline Juin, Jean-Paul Sidolle, Yasmine Hadj Ali… (distribuzione in corso)
Direzione del progetto: Camille Nauffray
Collaborazione artistica: Mathilde Chadeau
Scenografia e collaborazione artistica: Fred Hocké
Video: Emmanuel Manzano
Interviste: Vanessa Larré, Vassia Chavaroche and Marie Desgranges
Suono: Arnaud Léger
Direzione generale: Jonathan Douchet
Direzione di produzione: Gil Paon and Sylvia Courty
Amministrazione: Cécile Boursier
Stampa: Nathalie Gasse

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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