Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 24
La scena è grande, pulita e ordinata, con solo un pianoforte sulla destra, una porta al centro e un rubinetto alla sinistra. Una dimensione svuotata in cui prima c’era qualcosa e adesso non c’è più: sradicato, rimosso, abortito. A riempire questa assenza, due attrici, neo diplomate all’Accademia Paolo Grassi di Milano, Perla Ambrosini e Silvia D’Anastasio, entrambe con l’onere e onore di portare sulle spalle The Wasp, un testo complesso (che è anche un film), in cui le due protagoniste Erin e Kate rappresentano due spaccati sociali in cui si insinua, dolorosamente e per anni, la violenza: la prima, Erin, subisce a lungo, da giovane, e anche da adulta; la seconda Kate, agisce il male con la banale semplicità di chi lo ha attorno, da sempre, nella propria educazione e non conosce altra modalità di relazione. L’una proietta sull’altra la rabbia verso la propria esistenza: potrebbero sembrare l’una vittima (Erin) e l’altra carnefice (Kate) ma i confini non sono così netti e sopratutto a fare la differenza è il passaggio dall’infanzia all’età adulta, chi sono ora queste donne? Chi erano da bambine e cosa vede l’una quando si specchia nel volto dell’altra? Eccetto qualche lieve incertezza, Ambrosini e D’Anastasio incorporano nell’interpretazione tali interrogativi esprimendone la molteplicità dei caratteri e la totale assenza di definizione. La scrittura della drammaturga e sceneggiatrice inglese Morgan Lloyd Malcolm (leggi anche Mum) viene resa dalla regia di Valentina Cognetti con essenziale fedeltà; la drammaturgia segue la traduzione (di Enrico Luttmann) con aderenza, tanto che a volte si potrebbe lasciare più spazio all’azione scenica e meno al testo, soprattutto nelle parti monologanti e/o soliloqui. Che la violenza generi violenza è un assunto di comodo quando la vera domanda che ci pone questo lavoro è cos’è la violenza e perché la vespa (the wasp) punge? (Lucia Medri)Visto allo Spazio Diamante: di Morgan Lloyd Malcolm, traduzione Enrico Luttmann , organizzazione Alice Staccioli, scenografia Michelangelo Raponi, aiuto regia Martina Grandin, produzione Margot Theatre Company