Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 24
La storia del crollo del ponte Morandi a Genova è cronaca di una tragedia annunciata fin dalla costruzione del ponte stesso, nella triste tradizione tutta italiana di incuria, malaffare, capitalismo violento, leggi ad personam. Un groviglio di concause, di personaggi grandi e piccoli, di dettagli minimi eppure fondamentali. Pietro Giannini si mette davanti alla matassa e inizia a sbrogliare il filo, dapprima da lontanissimo, rievocando una leggenda popolare genovese che gli dà modo di sfoggiare la sua freschissima formazione accademica. La storia poco edificante del contadino vittima del potere, persino di quello spirituale, ha la funzione di introdurre due personaggi, un civile e un prelato, la testa all’insù e gli stivali di gomma immersi nel letto del Polcevera negli anni 60, quando si cominciava a immaginare questo viadotto tra la Genova industriale e quella borghese. Il racconto procede rimbalzando tra la platea e l’eloquio incalzante di Giannini mentre alle sue spalle scorrono le immagini in soggettiva di un’automobile in viaggio verso Genova. L’attore e drammaturgo 24enne, ampiamente padrone del palcoscenico, ricostruisce la vicenda del ponte dalla nascita al tragico epilogo, inanellandone abilmente i complessi passaggi e inglobando lo spettatore nel suo gioco frenetico più vicino all’inchiesta e alla stand up satirica che alla ricostruzione drammaturgica tipica del cosiddetto teatro civile. Giannini è molto a suo agio nel chiamare in causa il pubblico, col risultato di instaurare a tratti uno stato d’animo confuso nella platea: il gioco a volte prende il sopravvento, mentre sfilano i soggetti e i dettagli terribili di quella traiettoria calante, ovvero l’esito fallimentare di un’impresa costata la vita a 43 persone, sacrificate da chi sapeva e ha taciuto in nome del profitto. L’ultima immagine proiettata dallo schermo è quella disarmante del gruppo di familiari delle vittime: lo sguardo dritto piantato sullo spettatore e su tutti i personaggi che tramite Giannini hanno attraversato quel palcoscenico vuoto. (Sabrina Fasanella)
Visto alla Pelanda, Romaeuropa Festival. Anni Luce. Di e con Pietro Giannini. Produzione Teatro Nazionale di Genova