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La grazia in gocce. Gaetano Palermo e Michele Petrosino

Recensione. Un corpo seduto su una panchina sotto un albero, un mare d’acqua stillato addosso in un tempo lunghissimo, e un intero parco come cornice: è la forza della stasi nella performance di Gaetano Palermo e Michele Petrosino, Still, vista a Venere in Teatro, il festival che si svolge a Forte Marghera.

Foto Venere in teatro

Il festival di danza Venere in Teatro di Forte Marghera a Venezia ha ospitato, nel bellissimo parco della fortezza ottocentesca, la durational performance di Gaetano Palermo e Michele Petrosino dal titolo Still. Palermo ha già vinto produzioni importanti per La Biennale di Venezia, tra altre, e prossimamente vedremo il suo nuovo lavoro a Gender Bender di Bologna (The Garden, 3-5 novembre). Still è uno dei lavori più belli della passata stagione, sia per gli occhi che per la mente. Il progetto temporale è di due ore, e costringe a una dimensione contemplativa, ma la matrice è «scultorea» perché una figura resta seduta per quasi due ore mentre è costantemente invasa, e letteralmente allagata, da un misterioso perenne persistente gocciolio d’acqua. Sembra l’offensiva oscura di un dio maligno su di un corpo inerme, è invece un dono gratuito pieno di clemenza di uno spirito complice su un anonimo individuo, il corpo di everyman. Questa stasi che è resistenza e mai sottomissione, è anche una vera e propria pratica estetica della composizione contemporanea.

Foto Venere in teatro

È una forma della grazia: riconosciamo il serbatoio nello zaino sulle spalle, il cappello da cui trasuda questa minuta pioggia, eppure tutti subito guardiamo in alto, come se provenisse da un cielo che spiove, improvviso e invisibile, eppure visibilissimo su questo soggetto inattivo, non perché arreso a potenze che lo sovrastano, ma perché capace di una forza intuitiva, di un segreto mantenuto nel riserbo dell’attesa. E che non ha niente dell’introspettivo. È una logica della liquefazione capace di mettere in crisi lo sguardo empatico e la conta cronologica. Quanto durerà? Quando si muoverà? (un bambino alla madre esige di rimanere finché non vede un suo muscolo muoversi…). Qui Petrosino è capace di una precisa tecnica posturale, riluttante all’immediato tornaconto di una leggibilità che lo giustifichi. La sua stasi crea un effetto senza obiettivo. Senza esibizione, senza competenza né specialismo: è la «morte dell’essere, dell’uomo produttivo» (come scrive Malevič, esaltando l’inattività quale verità più effettiva dell’umano). Con questo straordinario lavoro, Gaetano Palermo sottrae alla logica della performance ogni pretesa di onniscenza, di onnipresenza e onnipotenza (è la messa in scena di una rinuncia a Dio?).

Foto Venere in teatro

Io credo fortemente che sia un’esperienza della grazia perché è una performance indifferente al mondo, alle sue leggi e alle sue gerarchie, e accade senza ragione apparente come in una piega della realtà, capace di mostrare una temporalità del tutto inattesa (una bambina infatti lamenta alla madre, con però divertita malizia per quelle parole ‘da grandi’, un senso di «ansia»). E allora anche il circostante è trasceso da questa immobilità statica ma viva, vivente, che fa scorrere per altre vie le ragioni e le forze in atto della sua presenza. I passanti come me più ammirati epperò sprovveduti, guardano subito in alto; anche Alessandro, appena arrivato, alza gli occhi all’albero che sta alle spalle del performer, cercando presenze dispettose o moleste, o comunque un congegno (sovr)umano capace di tanta ‘benedizione’.

Foto Venere in teatro

Ed è proprio questo asssalto al cielo della performance che qui si precisa: come per cercare ragioni e motivi di una natura ostile che è invece benedizione, invisibile cura, gratuita erogazione. Dopo quasi un’ora e mezza, la trasfigurazione in stanchezza del corpo statico di Petrosino finalmente un poco traspare, come una esperienza eminentemente fisica, come una barriera che tiene ma mostra le sue crepe. È la fragilità del vivente a cospetto del peso dell’assente. È una forma di bene che resiste al male che proprio non ce la fa, che non rinuncia alla prepotenza, alla delazione, all’ignoranza del potere per credersi con convinzione brigante. Infatti, al termine, Everyman si alza e con indifferente lentezza se ne va col suo segreto, lasciando un’ultima scia di lacrime sull’asfalto, mentre noi lo osserviamo dal selciato, senz’alcuna inutile speranza.

Stefano Tomassini

Settembre 2024, Forte Marghera, Venere in Teatro

Still​
Durational performance all’interno di Forte Marghera
La performance ha natura installativa ed è fruibile liberamente dal pubblico nell’arco della sua durataa – dalle ore 17.30 alle ore 19.30.
Di Gaetano Palermo/Michele Petrosino
Con Michele Petrosino
Con il supporto de I Fumi della Fornace
Produzione Gaetano Palermo
Amministrazione KLm / Kinkaleri, Le Supplici, mk
Foto di Cinzia Ascari
Performance vincitrice del premio per l’arte contemporanea “Cosmo Giani: un atlante sensoriale” della Regione Emilia-Romagna Settore Patrimonio Culturale.

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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