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 | Cordelia | settembre 2024 

Tra le tre figlie di Re Lear, Cordelia, è quella sincera. Cordelia ama al di là del tornaconto personale. Gli occhi di Cordelia appaiono meno riverenti di altri, ma sono giusti. Cordelia dice la verità, sempre.

Cordelia è la rubrica delle recensioni di Teatro e Critica. Articoli da diverse città, teatri, festival, eventi e progetti. Ogni recensione è anche autonoma, con una propria pagina e un link nel titolo. Cordelia di settembre 2024 è online da oggi, seguila anche nei prossimi giorni, troverai altre recensioni.

Qui gli altri numeri mensili di Cordelia

#ROMA - SHORT THEATRE

The Second Body (Ola Maciejewska)

C’è una donna, bionda, molto alta, giovane e vigorosa, veste solo un paio di pantaloni larghi, beige, stringe a sé un pezzo di ghiaccio, sembra essere una scultura; non è un semplice blocco, ha delle parti ondulate, degli incavi che le permettono di afferrarlo. Nella sala della Pelanda c’è il pubblico di Short Theatre posto su quattro lati, a circondare l’area dell’azione, le luci sono accese. Le tende nere sulle grandi pareti di vetro che danno sulla strada sono annodate ai lati, entra la luce della sera e qualche curioso da fuori guarda l’interno, soprattutto due ragazzi si fermano, lui fa qualche foto, lei ride. Intanto in scena Leah Marojević, interprete della performance ideata dall’artista polacca (residente in Francia) Ola Maciejewska, ha cominciato la sua lotta con la scultura di ghiaccio. C’è anche un libro, si intitola, come lo spettacolo, The Second Body, e lo ha scritto Daisy Hildyard nel 2017, non è in scena, ma ispira lo spettacolo. Per Hildyard oltre al primo, in carne ed ossa, abbiamo un secondo corpo, diffuso, in relazione con altri ecosistemi. Nel lavoro performativo di Maciejewska il ghiaccio (rappresentazione fisica del secondo corpo?) si scioglie a causa della temperatura e della frizione del corpo della donna. Il rimando con «gli effetti dell’azione distruttiva dell’essere umano» è davvero troppo leggibile, telefonato si direbbe. Nelle note di accompagnamento della performance si legge che «Ola Maciejewska esplora la dissoluzione tra oggetto e soggetto, animato e inanimato, fino al punto in cui il processo coreografico è trasformato dall’interconnessione con la materia, laddove diversi corpi diventano interdipendenti e correlati». Ma come spesso accade in questi casi il pensiero ideativo è più efficace del lavoro performativo. Il ghiaccio non può fare altro che sciogliersi nell’abbraccio, o rompersi in alcuni punti (quando viene gettato a terra); non c’è altro, neanche un pensiero coreografico o musicale. Non basta la fatica, la passione con la quale la protagonista si contorce sul freddo manufatto, per distrarre dalla noia durante la lunghissima ora di performance. (Andrea Pocosgnich)

Visto alla Pelanda, Short Theatre. Ideazione, coreografia e drammaturgia Ola Maciejewska performer Leah Marojević  costruzione coreografica (blocco di ghiaccio) Alix Boillot luci Rima Ben Brahim suono, collaborazione drammaturgia Gilles Amalvi prototipo e calco Mathieu Peyroulet Ghilini assistenza scenica Guenaël Morvan produzione/amministrazione so we might as well dance – Caroline Redy

Bless This Mess (Katerina Andreou)

Probabilmente, quel “mess” a cui fa riferimento il titolo della coreografia di Katerina Andreou, a cui potremmo attribuire significati di caos, pasticcio, disordine, e che a prima vista potrebbe anche descrivere quanto accade sulla scena, sembra più una provocazione, una sfida: casino, sì, ma benediciamolo perché vitale. Perché sottende in realtà a ritmi diversificati, che coinvolgono differentemente i quattro magnifici danzatori - tra cui la stessa coreografa greca, attualmente residente in Francia - su diversi piani fisici, scindendo parti anatomiche, variando il ritmo, l’oscillazione, l'intenzione di esecuzione di uno stesso gesto. In questa costruzione entropica, che parte in maniera più contenuta sotto moduli musicali reiterati e a cura sempre di Andreou, esplode nel corso dei 55 minuti di esecuzione per diventare una summa di energie mai paghe. Anche la disposizione del palco rifiuta l’ordine centripeto: le pedane sono accatastate sul fondo e a un lato, dal cui soffitto pendono alcuni microfoni ambientali che raccoglieranno le sonorizzazioni dei quattro; un ventilatore sotto a una pedana, alcune parrucche e cap diventano escamotage per aumentare le varianti di movimento. Tuttavia, il cuore di tutta l’operazione è il gioco di reiterazioni con varianti dei movimenti pulsatori, come lo scuotimento del capo a destra e sinistra con cui si apre il pezzo, che poi diventa rotazione a 360° ma che, negli occhi di chi guarda assume connotazioni ogni volta differenti e che passa da una dimensione più placida, quasi sonnolenta dell’inizio fino a un contesto da festa con tanto di fuochi d’artificio, rave e after party. Proprio questa capacità di riuscire a caratterizzare il gesto, senza fronzoli narrativi ma attingendo da un quotidiano intimo, da passi che rievocano alla lontana musiche tradizionali, possibili rituali, o all'esasperazione di codici più astratti, innesca un alto grado di coinvolgimento, tanto da augurarsi di riuscire a vederlo nuovamente in una disposizione più libera, augurandoci di poter danzare insieme a loro. (Viviana Raciti)

Visto alla Pelanda, Short Theatre. Ideato da Katerina Andreou interpretato da Katerina Andreou, Lily Brieu Nguyen, Baptiste Cazaux, Mélissa Guex suono Katerina Andreou con Cristian Sotomayor luci e scenografia Yannick Fouassier consulenza Costas Kekis direzione tecnica Thomas Roulleau Gallais produzione-touring Elodie Perrin

MANSON (Fanny & Alexander)

Manson. Una parola. Un nome. Ma anche l’evocazione del profondo nero della storia americana e, forse, dell’umanità. Fanny & Alexander lo porta sul palco del Teatro Basilica per Short Theatre, alla regia Luigi De Angelis e solo in scena Andrea Argentieri. Charles Manson, ritenuto colpevole di molti reati a partire da quella istigazione all’omicidio plurimo a Bel Air nel 1969, dove morirà tra gli altri l’attrice Sharon Tate, si presenta ai giudici mostrando una dialettica e un magnetismo straordinari, tutto ciò che l’ha fatto diventare un guru diabolico travestito da hippy; ma le sue parole vanno più a fondo e diventano lo specchio traslucido della società in cui si è formato, che rifiutandolo ha posto le basi della sua rivolta. È il processo dunque che rivive: dopo la presentazione del caso in sovrimpressione, il pubblico, che ha ricevuto un foglio con le vere domande poste a Manson, si trasforma in una giuria postuma che dovrà interrogare l’imputato. Argentieri reagisce così a un doppio stimolo: da un lato l’ordine delle domande che dipende dalle scelte del pubblico-giuria, guidato dalla direzione delle luci, dall’altro il meccanismo di eterodirezione caro alla compagnia, che guida l’attore dalla regia tramite un auricolare in cui emergono le vere parole di Manson recitate in inglese – tratte da materiali pubblici diffusi dalla TV americana. Il procedimento artistico si avvale dunque di una immediatezza istintiva che guida il suono e i movimenti, l’attore ignora la sequenza ed è costantemente su un confine di tensione che riverbera nella sua performance, la drammaturgia che ne nasce è ogni volta diversa, secondo il diverso ordine delle domande e degli stimoli. Ma se la caratura del personaggio, che ha utilizzato mediaticamente anche il proprio processo e che ricorre come un paradigma nella cultura americana (basti pensare al C’era una volta… a Hollywood di Tarantino), lo pone come modello perfetto di indagine, allo stesso tempo la predominanza nell’immaginario collettivo affatica il mezzo teatrale, come se la messa in scena dovesse ogni volta rincorrere il personaggio e smarcarsi da un eccesso di notorietà. (Simone Nebbia)

Visto al Teatro Basilica, Short Theatre. Crediti: ideazione, regia, luci, progetto sonoro Luigi De Angelis; drammaturgia, costumi Chiara Lagani; con Andrea Argentieri; consulenza linguistica e fonetica Gabriella Gruder-Poni, David Salvage; promozione e comunicazione Maria Donnoli; organizzazione Maria Donnoli, Marco Molduzzi; amministrazione Marco Molduzzi, Stefano Toma; produzione e production Fanny & Alexander; in collaborazione con Olinda/TeatroLaCucina

Tra gli spettacoli visti a Short Theatre 2024 avevamo già recensito: Uncanny Valley di Rimini Protokoll e MONUMENTUM DA di Cristina Kristal Rizzo, Diana Anselmo. Nei prossimi giorni sarà in scena anche un’altra opera già raccontata sulle nostre pagine: ULTRAFICCIÓN nr. 1 / Fracciones de tiempo

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