Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 24
Il teatro è un processo osmotico, dalla vita alla vita. Reazioni chimiche che hanno per materia l’umano, la sua organica complessità, potente quanto più ridotta ai minimi termini. Tindaro Granata restituisce sul palcoscenico l’esperienza umana e poetica del suo lavoro con le detenute di massima sicurezza della Casa Circondariale di Messina. Il reagente è Mina, la sua voce di assoluta potenza, la sua presenza dirompente; l’assunto di base è apparentemente disimpegnato, d’intrattenimento, un lavoro di pura mimesi, come in un lipsynch show. Ma reinterpretare i brani della voce più raffinata, misteriosa e popolare della canzone italiana mette in atto un processo tutt’altro che mimetico, uno svelamento vestito di paillettes. Granata lo ripercorre dando voce e presenza alle storie di quelle donne ai margini, ferite, sole, colpevoli quasi sempre per conto di uomini. Nel farlo, è lui stesso a svelarsi e raccontarsi, perché non c’è reazione che possa avvenire senza uno scambio di energia. La sua storia di artista s’intreccia e si riscrive tramite quelle voci incontrate nel luogo della reclusione, dove il palcoscenico e la musica ad alto volume consentono gli unici momenti di intima confessione. Rievocando quell’atmosfera di difficile confidenza, di fiducia costruita a fatica, di progressivo svelamento, la drammaturgia che sostiene Vorrei una voce restituisce con efficacia le tappe di un percorso di scoperta – tanto per l’autore quanto per le sue attrici detenute – , giocando tra il tempo attuale della platea e il passato della casa circondariale, spesso coincidenti. La struttura del monologo è tradita dalle tante voci che vi risuonano, ricostruite da Granata con efficace e generosa cura e sempre nel rispetto profondo verso quelle storie piccole e potenti organicamente tenute insieme dalla musica: linfa vitale per l’immaginazione e il sogno, panorami che il carcere offusca. (Sabrina Fasanella)
Visto a Primavera dei Teatri, Teatro Vittoria. Di e con Tindaro Granata. Con le canzoni di Mina. Ispirato dall’incontro con le detenute-attrici