HomeCordelia - le RecensioniMADINA (coreografia di Mauro Bigonzetti)

MADINA (coreografia di Mauro Bigonzetti)

Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 24

Profetica e purtroppo attuale, l’opera musicale Madina in forma di Teatro Danza in tre quadri del compositore Fabio Vacchi con la coreografia di Mauro Bigonzetti è tornata nella stagione di balletto del Teatro alla Scala di Milano. Tratta dal romanzo La ragazza che non voleva morire di Emmanuelle de Villepin (autore del libretto che in parte se ne discosta), comprende anche due cantanti solisti (soprano e tenore), il coro e un attore. Una sfida di bilanciamento delle presenze (e delle drammaturgie) alla quale Bigonzetti già al tempo del debutto non si sottrasse, convocando un imponente immaginario visivo, mobile e mai di intralcio, grazie al magistrale lavoro su scene e luci di Carlo Cerri, in perfetta sintonia con il lavoro dei video designer Alessandro Grisendi e Marco Noviello. Il libretto, come già il romanzo, racconta una storia vera: una ragazza (nel romanzo cecena) subisce l’occupazione della propria terra, la distruzione della propria famiglia (rigidamente patriarcale), lo stupro da parte degli occupanti (nel romanzo i russi), le richieste dei familiari di immolarsi in un attentato suicida in una grande città occidentale. Corpo reso docile dalla violenza e dalla cultura del possesso degli uomini, Madina è per tutti loro vita sacrificabile. Lei dirà di no, interrompendo la diarchia azione/reazione. Dirà di no alla violenza della manipolazione che risiede nella cultura dello stupro e nel familismo ricattatorio. Non senza conseguenze per sé e per altri: ma Madina conosce un’altra forma dell’amore senza odio, senza sovranità, che è resistenza, ed è senza contropartita. La coreografia richiede ferocia e anche violenza: Bigonzetti prende qui tutti i suoi rischi, e alla fine si esce turbati. In questa ripresa, la capacità trasformativa di Antonella Albano nel ruolo di Madina (su di lei creato) resta intatta; mentre sorprende la forza di Gabriele Corrado (nel ruolo inedito del brutale Kamzan) capace di mostrare l’ingovernabile squallore del disumano. (Stefano Tomassini)

Visto al Teatro alla Scala Coreografia MAURO BIGONZETTI Musica FABIO VACCHI Luci e scene CARLO CERRI Costumi MAURIZIO MILLENOTTI Costumista collaboratore IRENE MONTI Video designer CARLO CERRI Video designer ALESSANDRO GRISENDI Video designer MARCO NOVIELLO Direttore MICHELE GAMBA cast del 6 marzo [Crediti completi]

Cordelia, marzo 2024

Telegram

Iscriviti gratuitamente al nostro canale Telegram per ricevere articoli come questo

Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Pubblica i tuoi comunicati

Il tuo comunicato su Teatro e Critica e sui nostri social

ULTIMI ARTICOLI

Nell’architettura di vetro di Williams/Latella

Lo zoo di vetro di Tennessee Williams diretto da Antonio Latella per la produzione greca di di Technichoros e Teatro d’arte Technis. Visto al teatro...