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Teatro alla Scala: SMITH/LÉON E LIGHTFOOT/VALASTRO

Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 24

Molto fumo ma anche molto arrosto. Però, quanto fumo di scena! In tutti e tre i lavori, eppure molto diversi per cronologie, stili, estetiche, presentati alla Scala di Milano, nel segno del contemporaneo. Sarà forse un diffuso bisogno di atmosfera; una impaurita carenza d’ambiente, chissà: fumo ovunque, sospeso, sempre. Il primo, Reveal (2015) dell’americano Garreth Smith, è il lavoro più debole. Un inutile dispiego di brutte luci in stile musical, e l’uso di ingressi laterali a schiera ma senza alcuna consapevolezza formale dei 12 interpreti, portano in scena una coreografia dal segno morbido ma superficiale, ricolma di spettacolosi lift di gruppo in stile ‘corpo sacrificale’ (d’ambo i sessi), inefficaci. Ma è il rapporto mancato con la musica di Philip Glass, a cui la coreografia espressamente si ispirerebbe (sic!), che impedisce qui a qualche idea di sopravanzare, e rivelare alcunché. Di altissima qualità e cura del movimento, invece, è il quartetto di Sol Léon e Paul Lightfoot, Skew-Whiff (1996, Sghembo), su musiche di Rossini. Il gioco in scena è estremamente fisico, per scardinare ogni sopruso egotico sul corpo dell’altro. Prima con un irresistibile duo, Darius Gramada e Rinaldo Venuti, anche grottesco, in controluce eppure raffinatissimo; violento e sostenuto, ma anche intelligente e ben centrato affinché le storture comiche dei corpi esplodano (pari solo al Rossini insuperato di Bigonzetti); poi, nell’assolo mirabile di Navrin Turnbull che si completa tra i vezzi di Maria Celeste Losa, qui con una verve e una vena d’umore credo inedita. Infine, il terzo, assai atteso e impegnativo lavoro di Simone Valastro, Memento (musiche di Max Richter e David Lang). In uno spazio che si estende a salita sul fondo, e a cascata a proscenio nella buca d’orchestra, l’intero corpo di ballo alterna ben orchestrate pattuglie di movimento, con eccellenti assoli e sequenze a numeri più ristretti È un apologo della polvere che siamo (vi allude il titolo) come emblema della vita d’artista: ma i movimenti nello spazio alludono con semplicità a cicli continui di nascita e rinascita. Il successo è garantito: tutto è bello e funziona, anche senza le forze del caos o del disordine. (Stefano Tomassini)

Visto al Teatro alla Scala SMITH/LEÓN E LIGHTFOOT/VALASTRO Garrett Smith, Sol León & Paul Lightfoot, Simone ValastroDal 7 al 18 febbraio 2024 1 ora e 41 minuti circa incluso intervallo Corpo di Ballo del Teatro alla Scala Musica su base registrata. Crediti completi

Cordelia, febbraio 2024

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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