Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 24
In Delitto e castigo di Dostoevskij la vicenda di Raskol’nikov, lo studente colpevole di un duplice assassinio, è un fatto esemplare, posto al di là del bene e del male. Tutto si consuma nello slancio del protagonista, al quale l’autore consente una luce di possibile salvazione spirituale. Non accade così nel riadattamento di Claudio Collovà, visto al Biondo in un fuori cartellone concesso al pubblico dopo il successo dello scorso dicembre – successo che renderebbe quantomeno auspicabile un’opportuna distribuzione. Come nel precedente Viaggio celiniano, anche ne I tre interrogatori il regista isola una vicenda dotata di forte potenza autonoma: i momenti del confronto tra Rodiòn Romànovič Raskol’nikov (Nicolas Zappa) e il suo giudice Porfirij Petrovic (Sergio Basile). Collovà si addentra nel testo risparmiandone un nucleo drammaturgico essenziale; in esso condensa felicemente le difficili relazioni tra libertà e pena, individuo e massa che agitano l’intero romanzo. La labirintica isteria del protagonista, resa da Zappa in una significativa prova attoriale, attraversa la scena come se fosse in una trappola; una trappola è l’inchiesta del Porfirij di Basile, il quale con lucida crudeltà si accanisce sull’altro per esercizio intellettuale e di potere. Nel dialogo tra i due prevalgono più i vuoti che i pieni. È uno scambio di silenzi, dai quali la parola emerge sospesa e faticosa, ma sempre densa di una tensione energetica palpabile. Il suo innesco agisce più volte da detonatore sulla scena di Enzo Venezia che, come in risposta al lavoro di sintesi dell’impianto drammaturgico, racchiude in un’unica superficie l’intero universo in cui si svolge la narrazione. I luoghi sono stilizzati fino a diventare cose evocative, oggetti simbolici sui quali incombe un’inquietante e ricorsiva ritualità. L’ideale palingenetico, nel quale Raskol’nikov canalizza la sua rabbia sociale, attraversa le fasi di una provvidenza affatto provvidenziale: alla vicinanza di Sonja, che per Dostoevskij infine redime il protagonista, si sostituisce la smorfia di orrore dello spettro della vittima Lizaveta (Serena Barone), creatura tenera e insostenibile. Nella perfetta chiusa della vicenda narrativa, il finale rimane aperto. Non c’è soluzione. (Tiziana Bonsignore)
Visto al Teatro Biondo. Crediti: dal romanzo di Fëdor Dostoevskij adattamento e regia di Claudio Collovà con Sergio Basile (Porfirij Petrovic) Nicolas Zappa (Rodiòn Romànovič Raskol’nikov) Serena Barone (Vecchia usuraia \ Lizaveta) scene e costumi Enzo Venezia, musiche Giuseppe Rizzo luci Pietro Sperduti aiuto regia Valentina Enea scenografa collaboratrice Giuseppina Giacalone elettricista Marco Santoro capo reparto fonica Pippo Alterno macchinista Fabio Maiorana capo sarta Erina Agnello attrezzista Chiarastella Santalucia in collaborazione con Accademia delle Belle Arti di Palermo, dipartimento scenografia produzione Teatro Biondo di Palermo. Foto di Rosellina Garbo