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MARIA STUARDA (di Davide Livermore)

Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 23

Maria Stuarda regia di Davide Livermore. Foto © Masiar Pasquali

Sembra che per Davide Livermore il teatro sia un gigantesco corpo da travestire e scuotere a suo piacimento, godendone gli effetti grotteschi e seducenti. Il suo Maria Stuarda è un oggetto ammiccante, prodotto per piacere a colpo sicuro, per essere ammirato. L’allestimento scenico è minimale: pochissimi elementi a restituire ampi e imponenti spazi vuoti, dal gusto vagamente gotico. Ogni personaggio più che entrare in scena, appare e contribuisce all’allestimento, impreziosendolo come un bell’oggetto deliziosamente decorato. Dalla cima di una scalinata, un angelo fa le veci di un crudele caso divino, e getta una piuma che andrà a cadere, appunto per caso, ai piedi di chi dovrà morire. A contendere le personalità delle due regine consanguinee sono Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni, straordinarie nel virtuosismo di proporsi, di sera in sera, in entrambi i ruoli in un tormento appassionato. Conosciuto il responso, inizia un ricco gioco di travestimenti e cambi di personalità, mentre Giua, sotto le sembianze di un David Bowie poco convincente, accompagna costantemente l’azione della prosa di Schiller con brani musicali: sarebbe un dramma musicale se non fosse per la laccata patina glamour da video musicale. Ma non il glamour che avrebbe suggerito la presenza di Bowie, quel rivoltoso sovvertimento dell’immagine che diventa pura espressione di sé senza una categoria di valori a determinarla o senza una logica di mercato a cui far riferimento, ma quello freddo e vuoto da Condé Nast. Tutto è uno sfoggio sfrenato di bellezza eccessiva, dai costumi di Dolce e Gabbana, alle interpretazioni forzate in un tecnicismo sperticato; emblematica è un’eccentrica Linda Gennari nei panni dell’inquietante Mortimer, tanto mellifluo e angosciato da non riuscire a mantenere una posa eretta. Restano memorabili delle splendide immagini, come quella iconica di Elisabetta (in quella sera, Laura Marinoni) seduta algida di profilo contro un fondale rosso veneziano. Ma quando la malia del glam svanisce con lo spegnersi delle luci, che resta?
(Valentina V. Mancini)

Visto al Teatro Mercadante, Crediti: Di Friedrich Schiller; Traduzione Carlo Sciaccaluga; Regia Davide Livermore; Con Laura Marinoni, Elisabetta Pozzi, Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, Sax Nicosia, Giua (chitarra e voce); Costumi regine Dolce & Gabbana; Costumi Anna Missaglia; Allestimento scenico Lorenzo Russo Rainaldi; Musiche Mario Conte, Giua; Direzione musicale Mario Conte; Disegno luci Aldo Mantovani; Produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, CTB Centro Teatrale Bresciano

Cordelia, dicembre 2023

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