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HomeCordelia - le RecensioniIL GRANDE RACCONTO DEL LABIRINTO (regia Sergio Maifredi)

IL GRANDE RACCONTO DEL LABIRINTO (regia Sergio Maifredi)

Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 23

Nell’epoca contemporanea il classico si offre a letture di ogni genere, rivisitazioni in chiave occasionale, legate a fatti recenti in cui rintracciare il seme originario dell’opera. Ma c’è un’altra pratica contemporanea che solo i classici riescono a offrire: un viaggio all’interno dello stesso mito più e più volte abitato da diversi artisti, scrittori prima registi poi, che ne hanno scandito letture diverse e ogni volta capaci di ravvivarne la profondità. È questo il caso, tra tanti, di Sergio Maifredi che ha evidenziato i caratteri del mito di Teseo attraverso Il grande racconto del labirinto, che rinnova Euripide e Seneca, Ovidio e Gide fino a Borges, perché di ognuno sia conservato il passaggio all’interno della narrazione mitologica. Maifredi, direttore del Teatro Pubblico Ligure, ha prima di tutto il merito politico di aver portato il teatro nei siti archeologici della Liguria, durante l’estate, ossia dove ci si aspetta ci sia nient’altro che il turismo. Ma il merito si trasforma presto in artistico, dirigendo la drammaturgia di Giorgio Ieranò attraverso i frammenti che fanno rivivere Arianna, Teseo, il Minotauro, Europa, Pasifae e Fedra, nella viva voce di un’attrice straordinaria del nostro teatro: Arianna Scommegna, che scava la memoria di antichi racconti con profondità dei concetti e levità della lingua; la musica poi, in scena per fiati e percussioni di Edmondo Romano, profonde un’atmosfera penetrante, possente. Il volo delle parole di Scommegna evoca timbri e intenzioni diverse per dare voce a quanto emerge dai diversi punti di osservazione dello stesso mito, è come se ogni personaggio avesse in cuore un personale labirinto dal quale districarsi: Arianna dolorosa e ingenua, Europa che sembra sorpresa, Pasifae rivendica la propria sofferenza, mentre Teseo è risoluto e cinico, ma in fondo a tutto è Fedra, smarrita, inconsolata e prigioniera, che incarna quasi un canto finale, a chiudere una spirale di colpi inestinguibili che il mapdre del mito, il Tempo, rende eterne. (Simone Nebbia)

Visto a Forte San Giovanni, Finale Ligure (SV). Crediti: Drammaturgia di Giorgio Ieranò, con Arianna Scommegna; regia Sergio Maifredi; musiche scritte ed eseguite dal vivo da Edmondo Romano, produzione Teatro Pubblico Ligure.

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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