Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 23
Le penombre dell’Auditorium di Santa Caterina aiutano l’accesso a una dimensione claustrale, a un raccoglimento attento. Sul pavimento, la scena è costituita da alcuni fogli di cartone fissati con lo scotch carta. Virgilio Sieni e Giuseppe Comuniello si presentano al nostro sguardo con leggerezza e con un passo naturale, eppure in qualche modo ieratico. Fin dal titolo, la prima evidenza con la quale siamo chiamati a fare i conti è il fatto che il senso sovrano esercitato dal pubblico, quello dello sguardo appunto, sia assente in scena. La cecità di Comuniello è il varco, dischiuso da Sieni, a una percezione poetica altra, a una spazialità e a una ricettività dense di aura. Vi è una profonda attenzione al tatto, come possibilità che soccorre e ridetermina la qualità della relazione tra i corpi, ma anche a tutto ciò che prelude all’occorrenza del tocco e a tutto ciò che permane oltre tale occorrenza. Con procedimento quasi scultoreo – «la materia è estratta dalla densità dello spazio» si legge nell’omonimo libretto, scritto da Sieni, edito da Cronopio – la ricerca sul gesto si dispone su frequenze e risonanze che, sì, chiamano in campo l’immaginazione ma non soltanto, e non soprattutto, quella visiva. I suoni, quelli organici prodotti dai corpi a contatto tra di loro o con la materialità del cartone (e, in un quadro magnifico, dell’argilla) e quelli elettronici, sintetizzati dal vivo da Spartaco Cortesi, consentono di radicare la percezione, di offrirle un tenue tracciato di comunanza. La condizione incomprensibile della non vedenza, invece, sembra spalancare le possibilità del movimento di approfondire se stesso, di ispezionarsi, nelle sorgenti, nelle mutazioni, nei presentimenti, nell’ascolto accogliente e abissale dello spazio che fende, e della vicinanza dell’altro. È forse in questa tensione, in questa dedica all’altro (determinata da una vicinanza estrema, in disarmo, che non si confonde però alla somiglianza) che si raccoglie l’esito più alto di un’intenzione coreografica che distende in visioni, a privilegio di chi assiste, un nucleo emozionale nascosto, quasi un cumulo di percezioni segrete, investigate in un tempo lungo e in altrove intimo. (Ilaria Rossini)
Visto all’Auditorium Santa Caterina – Umbria Factory Festival 2023. Crediti: coreografia di Virgilio Sieni; con Giuseppe Comuniello e Virgilio Sieni; assistenza artistica di Delfina Stella; musiche di Spartaco Cortesi; produzione di Fondazione Matera-Basilicata 2019 e Compagnia Virgilio Sieni.
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