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Nanni Moretti. L’amore d’interni di Natalia Ginzburg

Nanni Moretti alla sua prima regia teatrale dirige Diari d’amore, dittico di Natalia Ginzburg che comprende Fragola e panna e Dialogo. Al debutto al Teatro Carignano di Torino, con tra gli altri Valerio Binasco e Daria Deflorian, lo spettacolo avrà una lunga tournée. 

Ph Luigi De Palma

Sono due storie d’interni, quelle scelte da Nanni Moretti per il suo debutto alla regia teatrale. Sono storie di amori feriti, solitudini represse in cui scorre un sotterraneo fluido di abitudine e malcelato sospetto dell’altro. Fragola e panna risale al 1966, Dialogo è stato scritto invece quattro anni dopo, l’autrice Natalia Ginzburg, già allora nota per Lessico famigliare (Premio Strega 1963), incarna nella propria scrittura teatrale quanto di più evidente emerge dalla narrativa borghese degli anni Sessanta, quella stanchezza relazionale che si inarca fino a spezzare la resistenza di un contesto familiare, una trasformazione in fieri dalla tradizione più marcatamente maschiocentrica verso un nuovo orizzonte in cui la figura femminile può esprimere con libertà le proprie esigenze. I testi – il primo adattato per la tv, il secondo scritto apposta per una messa in scena televisiva – prendono oggi il titolo collettivo di Diari d’amore, per questa prima assoluta al Teatro Carignano di Torino che restituisce alla scrittura una dimensione teatrale naturalistica, sprigionando dunque gli elementi attraverso il linguaggio più consono alla natura intima dell’intenzione autoriale.

Ph Luigi De Palma

Diversamente dalla cronologia (proposta anche nell’edizione Einaudi che riappare oggi in Collezione di teatro) Moretti sceglie di invertire i testi, entrambi ambientati a Roma o nei dintorni, definendo così un passaggio espansivo dalla dimensione più intima di Dialogo fino a quella più ricca di personaggi che connota Fragola e panna. Dialogo dunque si apre su un interno giorno, un letto spiovente verso il proscenio ospita una coppia che al risveglio si trova a parlare di soldi, degli amici, del lavoro che non va, del futuro, ma le tapparelle sono rimaste chiuse per la notte, dunque il giorno, realmente, non sembra ancora. Francesco (Valerio Binasco) è un uomo nevrotico, interessato a sé stesso e alla propria carriera di scrittore, cambia posizione nel letto o appena fuori secondo le intenzioni delle parole, si alza, siede sul materasso, si stende di nuovo, non sta mai fermo e fluttua tra il giudizio tagliente e l’amore, più occulto, per la moglie Marta (Alessia Giuliani), madre della bambina che non appare mai in scena, che ha qualcosa da dire ma per cui non riesce mai a trovare le parole, lo spazio tra quelle del marito, che poi lo dirà e potrebbe così aver cambiato la sorte di entrambi, individui, forse della coppia. Resta qui una sospensione, in fondo alle parole, non sapremo se davvero quanto rivelato produrrà dei cambiamenti e quali, ma sappiamo che il velo è stato rotto, l’unicità imposta della coppia novecentesca diventa duale. Pur nella staticità della situazione (si percepisce unicamente un al di là della stanza, da cui ogni tanto si sente la voce della serva Concetta), la buona recitazione rende dinamismo al testo, capace di aprirsi così verso un fuori fatto di persone che riguardano, in modo presto diverso, la loro vita.

Ph Luigi De Palma

Con Fragola e panna siamo invece fuori città, in mezzo a una boscaglia alberata che, come un castello inaccessibile, esclude la vita di dentro da quella fuori. La serva Tosca (Daria Deflorian), da pochi giorni in casa e scontenta per essere fuori dal mondo, apre al suono del campanello; dalla grande porta al centro della scena entra la diciottenne Barbara (Arianna Pozzoli) che, con una valigia malmessa e bagnata dalla neve, cerca il proprio amante in casa sua, dicendole di esserne cugina. L’uomo, l’avvocato Cesare (Binasco), non tornerà da Londra se non la sera, forse, ma non lo dice mai con precisione; arriverà presto Flaminia (ancora Giuliani) che sa tutto di loro due, forse più della ragazza, perché il loro rapporto di coppia ormai da anni non esiste più, si fanno compagnia, non sono più marito e moglie. La donna però, vedendo la condizione infelice della giovane madre di un bambino, fuggita da casa sola per paura di essere uccisa dal marito, da una iniziale indifferenza fa trasparire in lei una consonanza esistenziale, rivede nella giovane i propri errori, la propria infelicità cui non ha mai posto rimedio. Verrà anche sua sorella Letizia (Giorgia Senesi) prima di Cesare, la ragazza verrà sistemata in un convento, poi fuggirà chissà dove, ma nella percezione di Flaminia emerge ormai tutto il livore verso questo marito “uomo da niente”, che per prima ha reso infelice lei e poi lo stesso ha fatto con tutte le altre. In Fragola e panna avviene la sola vera trasformazione, quella di Flaminia che vede meglio nel presente perché possa ribellarsi alla propria condizione (dirà costantemente: “E dove vado? Io non so dove andare”. Nel testo parla di sé stessa, ma Moretti vi antepone un “diceva” riferito a quanto espresso dalla ragazza, così precisando la concordanza); il resto dei personaggi vive un’eternità delle convenzioni: la stessa serva che si lamenta, che dice sempre di voler andare via, chissà se lo farà davvero; Cesare, che non incontra la ragazza ma la teme perché ne è stufo, propone una crociera perché tutto resti alle spalle, Letizia pensa sia una buona idea, la ragazza nel frattempo così disperata non sembra più, la vita può tornare alla sua docile apparenza. Ma per Flaminia no, non più. La sua di vita non torna indietro, nemmeno gli anni, quelli che ha gettato via in un matrimonio da troppo tempo senza amore.

Ph Luigi De Palma

Il dittico proposto da Moretti sa dare valore alla parola di Ginzburg con una qualità di visione e una profondità che rimandano al teatro cechoviano; quanto accade sulla scena, per merito di attori il cui pregevole apporto amplifica lo spettacolo di senso, ondeggia costantemente – parafrasando ciò che farà dire da Cesare alle due donne riunite nel salotto signorile – tra l’illusione della tragedia che la vita sembra offrire e invece la barzelletta cui essa si riduce, come se l’opera esponesse ma non troppo i personaggi – fatta eccezione per Flaminia in cui l’autrice lascia trasparire un po’ di sé stessa – che forse troveranno poi un motivo per lasciar perdere e continuare a vivere la loro farsa. Maggiormente ciò accade ai personaggi maschili, sia quelli che appaiono in scena, sia quelli solo evocati dal racconto: vili ed egoisti, narcisisti, violenti, incarnano il peggio del sistema patriarcale, esplicitando un evidente parallelo tra quell’epoca e la nostra (si ride, in platea, per imbarazzo, quando Letizia dirà: “I mariti non ammazzano mai”, ma il riso si estingue nell’immediata risposta di Flaminia: “Veramente, di mariti che ammazzano le mogli, sono pieni i giornali”).

Ph Luigi De Palma

Perché questo minimalismo prenda forma, la scena di Sergio Tramonti e la luce di Pasquale Mari insistono su alcuni elementi significanti: l’interno è in costante dialogo con un esterno minaccioso, la pioggia prima e la neve poi, che traspare dalle pareti di carta traforata e rende ancor più esplicito l’abisso, la voragine umana dello spazio interno; il letto del primo testo occupa la scena centralmente, i due enormi divani verdi del secondo invece delimitano una composizione triangolare, il cui vertice è la porta che sarà varco, talvolta ingresso, talvolta uscita. Ma è soprattutto in alcuni elementi in apparenza marginali che si annida la maggiore dote evocativa, esempio per tutti la cura con cui nel primo testo le lampade da comodino, nonostante sia giorno, seguono l’intero dialogo: sono due abat-jour (letteralmente abbatti-luce, in italiano si direbbe “paralume”), solitamente gemelle nelle camere matrimoniali, qui invece diseguali per forma e per epoca di design. Se dunque ciò evidenzia la loro differenza, sarà poi l’uso a far emergere una linea di racconto sotterranea e ulteriormente ricca: Francesco accende la luce, non apre le imposte, fuori piove ma lui non vuole vedere, il paralume illude di far luce ma quando Marta si deciderà a dire tutto chiederà di spegnere, perché vuole “parlare al buio” dove resterà anche quando lui, come si cerca l’aria dopo un’apnea, di nuovo accenderà il lume; la luce artificiale, invece, in quell’interno signorile del secondo testo è sempre accesa, sembra provenire da mille lampadari, ma forse, sembra dire Ginzburg e Moretti non lo tace, è solo nel buio che si accetta di far luce, si ammette di aver bisogno, a dispetto dell’illusione, di rivelare con coraggio ciò che resta e ciò che manca della vita non vissuta.

Simone Nebbia

Teatro Carignano, Torino – Ottobre 2023

TOURNÉE

Torino, Teatro Carignano dal 9 al 29 ottobre 2023
Bologna, Arena del Sole dal 31 ottobre al 5 novembre 2023
Modena, Teatro Storchi dall’ 8 al 12 novembre 2023
Milano, Piccolo Teatro Grassi dal 14 al 26 novembre 2023
Villeurbanne – Francia, Théâtre National Pupulaire dal 30 novembre al 7 dicembre 2023
Toulon – Francia, Théâtre Liberté dal 12 al 13 dicembre 2023
Marseille – Francia, La Criée dal 15 al 17 dicembre 2023
Lugano – Svizzera, LAC dal 20 al 21 dicembre 2023
Napoli, Teatro Mercadante dal 10 al 21 gennaio 2024
Amiens – Francia, Maison de la Culture dal 25 al 26 gennaio 2024
Roma, Teatro Argentina dal 23 maggio al 2 giugno 2024
Parigi – Francia, Théâtre de l’Athénée dal 6 al 16 giugno 2024

DIARI D’AMORE
Dialogo | Fragola e pannadue commedie di Natalia Ginzburg
con Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi
regia di Nanni Moretti
scene Sergio Tramonti
luci Pasquale Mari
costumi Silvia Segoloni
assistente alla regia Martina Badiluzzi
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Châteauvallon-Liberté scène nationale, Théâtre National Populaire,
La Criée – Théâtre National de Marseille, Maison de la Culture d’Amiens

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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