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Exaudi. Come un frutto di terra arida

Food Distribution è il progetto curato da Manovalanza ai Bipiani di Ponticelli, costruiti nella periferia est di Napoli dopo il terremoto in Irpinia del 1980 e ancora abitati. Exaudi, lo spettacolo di quest’anno, ha debuttato con l’interpretazione degli abitanti-attori. 

Ph Piero Di Francesco

Il buio rende tutto più omogeneo, non si vedono troppo le differenze, non si vedono i colori spaiati, gli oggetti riparati, le vesti ricucite. In quel buio, dalle pareti esterne delle abitazioni, emergono sfumate le figure che si tengono in attesa, poco prima che la musica e la luce diano segno di iniziare; nascono dall’ombra e dal margine, tra le antenne paraboliche e gli scaldabagni pendenti, nascono come fiori dall’asfalto gli attori di questo spettacolo, Exaudi, che ravviva per una sera o due i Bipiani di Ponticelli a Napoli. Ma non è il lavoro di una sera: qui la compagnia Manovalanza – è la sesta edizione del progetto Food Distribution curato con Adriana Follieri da Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì – ci lavora tutto l’anno, nei corridoi tra le pareti dei container che da 40 anni sono “provvisori” e ospitano chi altra casa non ce l’ha, costruiti come edilizia di fortuna per chi proprio alla fortuna, come paradosso, per sopravvivere si rivolge, simboli di un luogo non immaginato per avere un’identità, per riconoscere in sé stesso i caratteri di una comunità. Qui uomini e donne, adulti e bambini, vivono in una pluralità che conosce parole di molte lingue, una mescolanza di culture e immaginari completamente differenti e talvolta in contrasto, vittime di quella rimozione identitaria non prevista per la periferia est di Napoli. Eppure, proprio qui, come un frutto di terra arida, Exaudi nel tempo ha preso vita.

Ph Piero Di Francesco

Exaudi. La lingua antenata mostra nel cuore della parola una necessità da soddisfare, un desiderio – Ex/Audire – che “deve essere ascoltato”. La cronaca fornisce il terreno di indagine: proprio di fronte ai Bipiani, finalmente, saranno costruite case popolari, ma non saranno per tutti. Chi avrà la sua casa? Chi, tra gli abitanti, vedrà esaudito il proprio desiderio? Proprio su questo tema si articola il pensiero di Manovalanza, con la regia partecipe e la voce di Adriana Follieri e con gli abitanti-attori, perché sappia emergere la forza del loro desiderare, la verità di un bisogno che rischia di trasformarsi in brama, covato nel rischio di non essere esaudito. Nei tre capitoli che dividono lo spettacolo, dal passato si dilata la sensazione di una ricerca di vastità, di spazio ulteriore, che non sia una fuga ma un nuovo inizio. Dapprima il ricorso agli Antenati: chi ha vissuto in un’abitazione che non è una casa, ha abitato veramente questo luogo? Può essere davvero ricordato? Poi la Diaspora, che in un afflato biblico esprime la dispersione, di persone, di azioni, di una manifesta ricorrenza dell’umano che migra verso qualcosa e certo qualcos’altro lascia indietro. Infine l’Esodo, ancora una parola biblica, la speranza e l’ignoto si mescolano, traducendo l’attesa in un perenne esercizio di equilibrio.

Ph Piero Di Francesco

Le immagini, come fotografie tirate in aria, si rincorrono una dopo l’altra: un uomo, nel silenzio, come avesse un cane avanti ai piedi trascina il proprio aspirapolvere, raccoglie lì dentro il visibile e il non visibile di una geometria nota, con una dignità estrema traccia una rotta lenta, inesorabile; poi sul fondo le scarpe di altre figure sfregano ossessivamente zerbini, ruotano in varie direzioni, tengono una mano davanti agli occhi e non vedono dove il loro corpo è diretto, quale ingresso dovrà varcare; “Io insozzo il silenzio”, la voce si inarca in una violenta ammissione, effondendo la sensazione di sentirsi di troppo, un residuo malaticcio di mondo messo qua per non disturbare altrove.

Ph Piero Di Francesco

Nelle cuffie, distribuite all’inizio, si avverte assieme al testo una partitura di suoni ambientali del tocco e del respiro, suoni sensibili che mescolano alle azioni gli effetti e l’interiorità; la ripetizione di gesti veicola simboli, identifica l’azione in un preciso tempo: un tavolo ospita l’ordine ricercato di tazzine di caffè accatastate, donne leggono lentamente riviste su una soglia che non è tale, poi come una danza le mani tengono cornici da appendere, come vessilli o bandiere sono esibite senza sosta, vorrebbero fermarsi su una parete ma nessuno sa quale sia, se sarà una di quelle di Eternit che tengono su questi container oppure la parete di una casa ancora solo immaginata. Le contraddizioni di questa condizione emergono con forza dirompente, come quando un tappeto rosso fa da tovaglia ai piatti colmi di cibo, ma che gli attori mangiano a terra, come i cani nelle ciotole; gli stessi piatti, infine, si fanno fiaccole incendiate in una fila verticale. Un bel dì vedremo, dice in fondo allo spettacolo la Madame Butterfly di Puccini. Un bel dì vedremo, dice il cuore di chi domanda il diritto di sognare.

Ph Piero Di Francesco

La bellezza ci appartiene!, lo grida una donna appena prima di entrare in questo corridoio che per una sera, nel buio dei Bipiani, si chiamerà teatro. Entrare, questo verbo è il primo che suona strano, abusato. Entrare dove? In un edificio? In questo luogo dove edifici non ce ne sono? Qui dove le pareti sono fatte di poco e il dentro si misura con il fuori? La bellezza, però, dice la donna: ci appartiene. In questa frase ricorre più di uno spessore; quel pronome, prima di tutto: chi è quel “ci”? “Appartiene a noi”, si intende per esteso. Ma non è chiaro chi sia quel “noi”, se davvero esista un noi e se il teatro, questa sera, può farlo per miracolo apparire. E poi, infine, la bellezza: pronunciare qui questa parola fa emergere un fortissimo accento politico, qui dove il paesaggio è disarticolato, privo di armonia, proprio qui si parla di bellezza perché l’arte, ai Bipiani di Ponticelli, assolve al suo compito più arduo: rintracciare una lingua recondita, remota, e con essa far parlare questi luoghi, emettere i suoni di questa precisa, prima ignota, identità.

Simone Nebbia

Visto ai Bipiani di Ponticelli, Napoli – Settembre 2023

EXAUDI
Regia Adriana Follieri
Con le attrici e gli attori abitanti dei Bipiani di Ponticelli: Jessica Yaoua Atta, Carmela Barone, Immacolata Bisaccia, Pasquale Di Matola, Sire Camara, Xhesika Kolici, Klea Matodashaj, Dao Lacina, Miriam Lanzini, Alvi Llupi, Carmela Marchionne, Elseda Nikolli, Gaetano Ruggiero, Pasquale Ruggiero, Salvatore Tarantino, Gioia Antonia Terrano, Emanuela Felicia Tushi, Gabriella Tushi, Antonio Varriale, Monica Vezza, Jasmir Vezza
e con: Paola Maria Cacace, Francesca Capasso, Veronica D’Elia, Rino Rivetti, Antonio Testa
e con la partecipazione del soprano Flavia Scognamiglio
Disegno luci: Davide Scognamiglio
Spazio scenico: Emanuele Perelli
Sound designer: Stefano Cammarota
Consulenza musicale: Guido Barbieri
Costumi: Carmela Barone
Collaborazione alle luci e responsabile tecnico: Sebastiano Cautiero
Assistenti alla regia e drammaturgia: Paola Maria Cacace, Francesca Capasso, Veronica D’Elia, Xhesika Kolici, Emanuele Perelli, Gaetano Ruggiero, Antonio Testa
Assistenti di scena: Serena Padula, Giulio Pastore
Collaborazione artistica: Mauro Calise, Lucia Ciruzzi, Mariachiara Damiano, Francesco Esposito, Francesca Diletta Iavarone, Carla Pastore
Assistenti scenografia e attrezzeria: Alessia Di Pace, Raffaele Romano
Assistenti costumi: Federica Di Gianni, Brunella Paolillo
Acconciature: Anna Benedyk
Assistenti fonici: Silvio Parente, Dario Savoia
Assistenti volontari: Masterclass sulla luce Chiara Arturo, Marzia Bertelli, Lorenzo Esposito, Pedro Fiascunari, Nadia Filippi, Antonio Lamberti, Federica Mazzaro, Davide Orfeo, Kristel Pisani Massamormile, Emanuela Rescigno, Davide Salvati, Carolina Scarpetta, Gianluigi Signoriello
Osservatorio critico: Valentina Vittoria Mancini, Carlo Martello, Valentina Martiniello, Serena Padula, Massimo Renzetti, Sonia Totaro
Direttore di sala: Mariano Parascandolo
Direzione di palcoscenico: Raffaella Pennone, Daniele Oliva
Organizzazione: Velia Basso
Organizzazione esecutiva e logistica: Benedetta Parenti, Laura Popescu
Location manager: Xhesika Kolici
Foto: Tommaso Vitiello
Video: Pietro Di Francesco
Fornitura audio e video DM Service di Daniele Piscicelli
Comunicazione social: Annabella Langella
Ufficio Stampa: Rossella Gibellini – Pepite.com
Amministrazione Pronos
Produzione MANOVALANZA

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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