Questa recensione fa parte di Cordelia, luglio 2023
Il brusio degli spettatori di Sansepolcro viene interrotto da una voce sempre più presente e nitida, richiamo rituale. Una figura è seduta al centro del palco, su una pedana specchiata. Sirena intrappolata in un corpo di donna o donna intrappolata in un corpo di anfibio, i suoi movimenti sono fulminei e secchi, i suoi occhi inquieti sondano il paesaggio: è Mami Wata che si risveglia, dea voodoo, mother water che scopre sé stessa. Assistiamo al progressivo evolvere del corpo di Betty Tchomanga, danzatrice francese di origine camerunese. Guadagna la posizione eretta attraversando una miriade di fugaci posture, senza conoscere la stasi. L’energia compressa nella minuzia del suo gesto si sprigiona progressivamente con tutta la potenza della ripetizione. Il salto è l’atto rituale, liberatorio: un salto accennato, ma continuo, estenuante che attiva ogni fibra del corpo fino a sciogliere e liberare la capigliatura. È questa a sua volta maschera, travestimento: si muove insieme al corpo ma sembra staccarsi dall’inerzia dello stesso per rispondere a un impulso indipendente che moltiplica le visioni. L’ambiente sonoro di Stéphane Monteiro avvolge e accompagna questa trasfigurazione. La voce appare come pulsione sorgiva e inevitabile, strabordante necessità di dichiarare sé stessa, articolando suoni e stridii casuali che si aggrumano in significati. La madre natura incarnata da Betty Tchomanga è una bestia impaurita e fiera, attraversata da un’elettricità ancestrale e implacabile. Sta parlando all’umanità che la maltratta e la teme, “le sue domande sono vitali, essenziali, capitali (…) il suo pensiero è bestiale, la sua rabbia è ufficiale”, canta come rappando. In un lento e ipnotico avvicinamento, Mami Wata scesa in platea tenta un contatto con lo spettatore, lo rifugge, porge la mano e la ritrae, fino a quando la vibrazione delle sue corde vocali non incatena il pubblico alla sua magnetica presenza. Da questa prossimità la voce si chiude in un sussurro, la figura inquietante diventa docile e pronuncia un’unica preghiera: please, be good. (Sabrina Fasanella)
Visto al Chiostro di San Francesco. Sansepolcro Kilowatt Festival Coreografia e interpretazione Betty Tchomanga. Luci Eduardo Abdala. Suono Stéphane Monteiro. Produzione Association Lola Gatt. Sguardo esterno Emma Tricard, Dalila Khatir. Vocal coach Dalila Khatir. Direttore di produzione Aoza – Marion Cachan.
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