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CIRCUS DON CHISCIOTTE (Di R. Cappuccio, regia A. Latella)

Questa recensione fa parte di Cordelia, giugno 2023

©ivan nocera per teatro di napoli

Guardiamo dall’alto dei palchetti la platea del Mercadante svuotata dalle abituali poltrone: nello spazio una serie di sedute diverse tra loro, semplici sedie, comode poltrone in pelle, pezzi di arredamento vintage o di design, su queste sedute verranno accompagnati una ventina di uomini e donne, più o meno anziani; di fronte a loro comodini, o tavolini per fare da appoggio a vecchi televisori a tubo catodico. Sul palco, dalla graticcia, pende un tabellone in cui di tanto in tanto scorrono lettere e numeri, e sul quale si formeranno parole chiave. Questa scena, firmata da Giuseppe Stellato, suggestiva nella nebbia che si alzerà e nelle luci di Simone De Angelis dobbiamo guardarla per due ore sporgendo la testa dalle nostre balaustre perché gran parte dello spettacolo avviene nello spazio della platea. Ma la stanchezza non è solo fisica, come dirà un’amica dopo lo spettacolo: “è un corpo a corpo tra il testo di Ruggero Cappuccio e la regia di Antonio Latella e a rimetterci è lo spettatore”. Il teatro può essere una fatica per chi guarda? Certo, ma non uno sfiancamento (penso alle emozioni dei lunghi spettacoli latelliani). Il regista di fronte alla drammaturgia di Cappuccio – barocca, poetica, debordante per immagini e lingua, eccessiva – ha risposto con la carta del gioco attorale da un parte – sono splendidi Dalisi e Cacciola, soprattutto il secondo dimostra un talento cristallino nei cambi, nelle esplosioni, nella gestione del dialetto napoletano. Dall’altra ha edificato ulteriori stratificazioni di senso: le silenti presenze degli ospiti dell’ospizio in platea (generazione di poveri cristi assuefatti davanti alla tv), i colori che inondano la scena durante lunghe pause, gli spifferi di fumo dai televisori e nell’ultima scena dal corpo di Salvo – il nome dato dall’autore  a Sancho Panza in questa riscrittura del celebre romanzo di Miguel de Cervantes (già messa in scena da Cappuccio nel 2017, che in quel caso era anche attore e regista). Forse con maggiore semplicità, anche nella drammaturgia, avremmo apprezzato di più il gioco delle maschere di questi due demenziali cavalieri, l’utopia di rincorrere il mondo; e la fatica nostra si sarebbe specchiata in quella degli attori. (Andrea Pocosgnich)

Visto al Teatro Mercadante, Campania Teatro Fetsival. DI RUGGERO CAPPUCCIO REGIA ANTONIO LATELLA CON MARCO CACCIOLA E MICHELANGELO DALISI SCENE GIUSEPPE STELLATO COSTUMI GRAZIELLA PEPE MUSICHE FRANCO VISIOLI SOUND DESIGN FRANCO VISIOLI E DARIO FELLI LUCI SIMONE DE ANGELIS ASSISTENTE AL PROGETTO ARTISTICO BRUNELLA GIOLIVO I VIAGGIATORI MARINA CAPPELLI, GENEROSO CIARCIA, RACHELE ESPOSITO, CIRO GIACCO, DANTE MAGGIO, SERGIO MARCHI, ANTONIO MILIZIA, BRUNO MINOTTI, AURORA PAGLIA, ELENA PANDOLFI, VINCENZO PENGO, MANLIO PETAGNA, PATRIZIA QUARTO, VANDA RICCIO, ADRIANA SPARANO, ANTONIETTA TAMMARO, MARIA TITOMANLIO, FRANCESCO VACCARO, LUIGI VINCI

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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