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“Lo stupro non è un barbatrucco”, la risposta a Barbareschi

Dopo la risposta di Amleta su La Repubblica, il collettivo di artist* de Il Campo Innocente ha fatto stamane un’azione dimostrativa davanti il Teatro Eliseo stigmatizzando l’intervista rilasciata da Luca Barbareschi

La foto pubblicata da Il Campo Innocente

All’intervista pubblicata da La Repubblica, nella quale Luca Barbareschi accusava le vittime di violenza difese e sostenute dal lavoro del collettivo femminista intersezionale Amleta, che ne ha accolto le denunce, di essere “attrici in cerca di visibilità”, il collettivo di artist* Il Campo Innocente risponde con un’azione e un testo pubblicato sulla pagina Facebook. Nel testo viene evidenziato anche il rapporto del gestore del Teatro Eliseo (chiuso da ormai tre anni, qui il nostro racconto) con la stampa generalista, sempre pronta a dare risonanza alla ricerca di visibilità di Barbareschi, il quale in queste dichiarazioni utilizza un linguaggio che avvalora gli stereotipi di genere ed è intriso di arroganza e violenza.

La risposta de Il Campo Innocente arriva dopo la replica di Amleta, nella quale l’autrice, attrice e attivista Cinzia Spanò affermava: «Barbareschi liquida come ‘una carrellata di finte denunce’ quelle venute alla luce grazie al lavoro di Amleta. Barbareschi – affonda – forse si crede Dio e la sua esperienza e il suo percepito vengono da lui confusi con la verità per tutti e tutte noi. Noi al contrario abbiamo verificato che le donne che si decidono a denunciare hanno elementi, prove, testimonianze che confermano quello che dicono. Lo stereotipo che le donne mentano è molto radicato e di solito è alimentato da chi vuole mantenere intatto un sistema di potere e di oppressione. Non è basato su un’analisi della realtà ma sul nulla». Anche Elisa Ercoli, la presidente di Differenza Donna, che ha fornito supporto legale alle denunce di Amleta, spiega «Le dichiarazioni di Barbareschi sono un tentativo di salvataggio dei privilegi patriarcali di potere maschile per continuare ad agire violenza senza avere il rischio di essere riconosciuti e pagare per i gravi reati commessi. Chi come lui sminuisce la gravità della violenza e sposta la responsabilità della violenza dagli uomini violenti alle donne nega la realtà dei fatti e diventa connivente, corresponsabile, corrotto».

Qui il testo del Campo Innocente:

L’intervista a Luca Barbareschi su la Repubblica di ieri non è una dichiarazione di opinioni: è un’aggressione. Le parole – come i gesti, come le azioni – feriscono, umiliano, fanno violenza. Si incidono sui nostri corpi, modificano l’ambiente in cui viviamo. Negare legittimità alle parole di chi denuncia è un ulteriore atto di violenza. Le dichiarazioni di B. sono un distillato di maschilismo, e cultura dello stupro.
Sono parole inaccettabili. A pronunciarle è un ex direttore artistico che ha fatto fallire, mandato in liquidazione, e chiuso l’Eliseo, un teatro privato punto di riferimento culturale della città di Roma, licenziando 21 lavorat_, nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici ricevuti da Comune, Regione e Ministero. Una figura di potere, che ha rivestito cariche in istituzioni culturali e politiche. Altro che silenziato!
Parole che vengono pubblicate da uno dei principali quotidiani italiani, che ossigena la polemica dando spazio a chi si fa pubblicità accusando le attrici che denunciano di farsi pubblicità. Magari fosse vero che certe cose non si possono più dire. Continuano, invece, a raccogliere più click di altre.
Se quest’intervista merita attenzione è solo perché è una prova chiarissima della tossicità che innerva il discorso pubblico intorno al mondo dell’arte, e non solo. Che i 120 gender, le frocie, le persone trans, le nere o ispaniche compaiano più spesso nelle pubblicità e nelle serie tv non corrisponde a una loro maggiore agibilità politica, e lancia piuttosto falsi messaggi di inclusività. Lo dimostra il lamento egotico di un uomo di potere, che rivendica il proprio diritto all’omofobia, al razzismo e al sessismo.
La realtà che noi viviamo è un’altra: chi denuncia si espone e rischia di non lavorare, il settore culturale subisce tagli sistematici che penalizzano le esperienze più fragili e indipendenti, non esiste alcuna forma di reddito per i/le lavorat_ precarix della cultura e dello spettacolo.
L’omosessualità non si declina al passato – noi SIAMO froci3 lesbiche donne trans. Tutti i futuri possibili. Galassie infinite e luccicanti dove i trucchi barbareschi li prendiamo a calci nelle palle.
In solidarietà alle sorellu di amlet_a
IL CAMPO INNOCENTE

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