Questa recensione fa parte di Cordelia, marzo 2023
Un angolo bianco straborda dal sipario chiuso del Teatro Metastasio di Prato giungendo fino in platea. Emanuele Valenti, regista e interprete, apre lo spettacolo in entrambe le vesti, avanzando dalla platea e chiamando in causa lo spettatore. Il denso testo del giovane drammaturgo uruguaiano Gabriel Calderón, qui per la prima volta allestito in Italia, contiene già nel titolo un monito rivolto a chi decide di metterlo in scena. Benché si tratti di una citazione di Pepe Mujica circa l’unica possibilità di fare i conti con gli orrori del passato, racconta efficacemente l’andamento schizofrenico del testo e la richiesta che questo fa tanto alla compagine attoriale quanto al pubblico. Calderón gioca con il tempo, fa schizzare in lungo e largo i suoi frammenti e sfida lo spettatore a ricomporre un puzzle familiare tenuto insieme da poche certezze: la forza della lotta, l’irraggiungibilità del vero e la solitudine del dolore. Il background storico originario può qui essere accessorio al focus della vicenda, orientato sulle conseguenze di segreti e dolori che ogni famiglia nasconde. A muovere una narrazione non priva di umorismo è Ana (Lisa Imperatori), figlia cresciuta tra i misteri della propria famiglia e decisa ora a scoprire la verità. L’espediente fantascientifico cui spesso ricorre Calderón è qui una macchina del tempo che riporta i morti in vita e fa convergere i generi letterari e teatrali più distanti, dal realismo magico a Pirandello fino a Eduardo de Filippo (particolarmente evocato dalla provenienza di gran parte del cast di questa produzione, oltre che dalla tragedia che si consuma attorno alla tavola natalizia). Valenti muove agilmente le schegge della storia sulle gambe di sette interpreti generosi messi alla prova da un ritmo serrato che corre (con qualche sporcatura di esasperata caratterizzazione) fino all’epilogo. La forza del finale coincide con la semplicità devastante dell’assenza di una possibile risposta: il bianco abbacinante avvolge Ana e la sua solitudine, mentre da fuori arrivano i suoni di un’esplosione che forse è soltanto la vita che scorre. (Sabrina Fasanella)
Visto in prima nazionale al Teatro Metastasio di Prato. di Gabriel Calderón. Traduzione di Teresa Vila. Regia Emanuele Valenti. Con Monica Demuru, Christian Giroso, Lisa Imperatore, Marcello Manzella, Daniela Piperno, Lello Serao, Emanuele Valenti. Scene Giuseppe Stellato. Costumi Daniela Salernitano. Disegno luci Massimo Galardini. Assistente alla regia Federica Sandrini. Produzione Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con Teatri Associati di Napoli/Teatro Area Nord
un ringraziamento a Marina Dammacco e Luigi Sauro