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L’ARTE DELLA FUGA (di Mauro Astolfi)

Questa recensione fa parte di Cordelia, febbraio 2023

Foto Spellbound Contemporary Ballet

È un teatro strapieno di un pubblico generoso quello del Teatro Comunale Città di Vicenza, al debutto assoluto del nuovo lavoro di Mauro Astolfi, L’Arte della Fuga per la Spellbound Contemporary Ballet, primo appuntamento di Danza in Rete Festival. In circostanze come queste si percepisce forte la situazione felicemente dinamica della danza nei teatri italiani (sarà difficile, quindi, trovare alibi ai mercanti di sventura). La partitura scelta da Astolfi è Die Kunst der Fuge di J. S. Bach (BWV 1080), opera incompiuta e senza destinazione strumentale (ora sembra acquisito fosse per clavicembalo). Qui la si ascolta limpida e modernissima, tra pianoforte e gruppo strumentale con appropriati inserti cantati, e gli efficaci interventi originali di Davidson Jaconello. La scena è dominata da alcune cupe e imponenti pareti, mobili e scomponibili, che in qualche modo dettano il tempo della crisi, della disfatta delle presenze che animano la scena, nonmeno del tempo della fuga e del mimetismo negli interstizî o nelle incrinature di un tale assedio. Una fuga non solo spaziale, ma anche dagli abiti che costringono il corpo, dagli oggetti che catturano le anatomie, dalle presenze perturbanti che divorano. Il progetto compositivo di Astolfi resta però irrisolto in una duplice tensione. Ossia, tra una necessaria intensificazione drammaturgica (ancóra esile e non dirimente: il tappeto/prato verde arrotolato portato dalla platea sul palco, all’inizio, che solo alla fine si srotola, vittorioso, in un difficile varco tra i muri, come un’isola di natura che accoglie e salva). O invece una più disseminata astrazione, in una gestualità già molto matura, in termini di stile e di segni, estremamente nervosa e veloce, che potrebbe sperimentare un’intera performance di fughe nella bella qualità e continuità di movimento dei nove incredibili interpreti. Vi è una declinazione ‘ascetica’ nella scelta di Astolfi di quest’opera bachiana, ma di nuovo è nei corpi (non nei simboli) che Bach si trasforma in un atto di resistenza. (Stefano Tomassini)

Visto al Teatro Comunale di Vicenzacoreografia Mauro Astolfi interpreti Lorenzo Capozzi, Alessandro Piergentili, Miriam Raffone, Maria Cossu, Mario Laterza, Giuliana Mele, Mateo Mirdita, Anita Bonavida, Martina Staltari assistente alla coreografia Alessandra Chirulli musica J. S. Bach musica originale Davidson Jaconellodisegno luci Marco Policastro set concept Mauro Astolfi, Marco Policastro produzione Spellbound coproduzione Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e Fondazione Teatro Comunale di Modena

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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