Questa recensione fa parte di Cordelia, febbraio 2023
Degli scritti di Marguerite Duras se ne conosce una minima parte. Possedeva una penna famelica come poche, divoratrice di pagine e pagine tra cinema, teatro e letteratura nella furente ricerca di immagini ineguagliabili. A leggerla attentamente si ritrova una donna solitaria, passionale, crudele, insopportabile. Cristina Donadio mostra la sua Marguerite facendo proprie le parole del romanzo più noto, l’Amante. L’attrice è seduta al centro del palco, schermata da una sottile membrana nera su cui sono proiettate foto dell’autrice; accanto a lei c’è un ensemble a eseguire musiche di Marco Zurzolo, ma non solo. La felice idea di proporre il meraviglioso brano di Carlos D’Alessio, India Song, colonna sonora dell’omonimo film della Duras con Delphine Seirig, ha avuto come effetto quello di annullare la presenza delle composizioni del musicista napoletano. Donadio opera una selezione confusa dei brani che produce un effetto d’insieme molto lontano da quella che è la scrittura della Duras; la sua Marguerite è prona e docile. Di quel primo rapporto con l’amante cinese sparisce l’amore che è frutto della noia e della curiosità infantile, un gioco alla prostituzione e una sfida per l’emancipazione. Nel tono di vaga dolcezza dell’attrice sparisce quello roco e mordace dell’autrice. Considerando le peculiarità della scrittura teatrale di Marguerite Duras, L’Amante non è un testo da drammatizzare con troppa facilità. Improprie sono state anche le scelte relative all’utilizzo di immagini di repertorio, non coerenti con la struttura narrativa, già claudicante, che si stava seguendo. Insieme alle foto della giovinezza, sono proiettate immagini note da Hiroshima Mon amour, la pellicola di Alain Resnais del ’58 per cui la Duras fu sceneggiatrice, producendo legami di racconto forzati e stridenti. Un miscuglio confuso, e non sempre comprensibile, di immagini prodotte per fascinazione che non hanno restituito alcunché di una vivida complessità personale e artistica. (Valentina V. Mancini)
Visto a Teatro Sannazaro; Crediti: Di e con Cristina Donadio, Musiche Marco Zurzolo, Al sax Marco de Tilla, Al pianoforte Vincenzo Danise, Video Pietro Di Francesco, Foto Fabio Donato, Produzione Tradizione e Turismo – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro
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