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FRATERNITÉ, CONTE FANTASTIQUE (di Caroline Guiela Nguyen)

Questa recensione fa parte di Cordelia, febbraio 2023

È una spettrografia lacerante e inquieta quella che la regista Caroline Guiela Nguyen ricrea all’interno del Piccolo Teatro Strehler di Milano. In Fraternité, conte fantastique la storia evolutiva del mondo è proiettata in un futuro distopico, dove il peso specifico del dolore è destinato a dividere per sempre chi se ne va da chi resta. La scena poi, nei dettagli curati da Alice Duchange in collaborazione con Atelier du Grand Théâtre de Loire-Atlantique, è un luogo dell’infanzia protetto e dalle pareti disegnate. Qui, i superstiti rimasti in vita dopo una luttuosa eclissi raccolgono la propria solitudine nell’elaborazione del vuoto che il senso di perdita comporta. Qui, un’organizzatissima agente della NASA ne monitora i pericolosi effetti, tra sussulti del cuore e del cosmo. Il palco si trasforma così in un’arena, spazio dilatato in cui tredici vite s’intrecciano nei tentativi quotidiani di reagire al dolore e dove la memoria si rivela essere l’unico impedimento al ri-trovarsi. È in questo luogo empatico che vengono registrate le dinamiche sociali, le dialettiche di scontro/incontro tra i personaggi, i gesti di cura. La narrazione, sviluppata dalla regista assieme a tutta l’équipe artistica, è accompagnata dall’elemento musicale cantato e sostenuta da quello video, che assume sul palco un ruolo psicanalitico, contenitore e al tempo stesso canale liberatorio del ricordo; esso riavvolge fantascienza e documentarismo in una pellicola che li fa perfettamente convivere. Alla realtà – un lavoro di ricerca che Caroline Guiela Nguyen porta avanti da anni nei centri di cura di Minkowska e Primo Levi di Parigi – subentra dunque la finzione della messinscena; è questa la tensione strutturale “eternamente sospesa” che unisce il multiculturalismo di volti e lingue ad attori professionisti e non, affinché la fraternità “possa essere un processo, un progetto che pone la domanda sull’alterità”, un atto comunitario, un valore umano, un ideale politico. (Andrea Gardenghi)

Visto al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Crediti: testo e regia Caroline Guiela Nguyen insieme a tutta l’équipe artistica, con Dan Artus, Saadi Bahri, Hoonaz Ghojallu, Maïmouna Keita, Yasmine Hadj Ali, Nanii, Pierric Plathier, Alix Petris, Lamya Regragui Muzio, Saaphyra, Vasanth Selvam, Anh Tran Nghia, Hiep Tran Nghia, collaborazione artistica Claire Calvi, Paola Secret, scenografia Alice Duchange, costumi Benjamin Moreau, luci Jérémie Papin, creazione sonora e musicale Antoine Richard , video Jérémie Scheidler , drammaturgia Hugo Soubise, Manon Worms, musiche originali Teddy Gauliat-Pitois, Antoine Richard, collaborazione casting Lola Diane, costruzione arredi Atelier du Grand Théâtre de Loire-Atlantique, realizzazione costumi Ateliers du Théâtre de Liège, produzione Les Hommes Approximatifs, produzione delegata Festival d’Avignon, Les Hommes Approximatifs. Foto di Christophe Raynaud de Lage

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Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi, nata in Veneto nel 1999, è laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali. Prosegue i suoi studi a Milano specializzandosi al biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera. Dopo aver seguito nel 2020 il corso di giornalismo culturale tenuto dalla Giulio Perrone Editore, inizia il suo percorso nella critica teatrale. Collabora con la rivista online Teatro e Critica da gennaio 2021.

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