Al Comunale di Ferrara il doppio nuovo programma di Aterballetto, realizzato in collaborazione con l’Orchestra La Toscanini, ci ricorda come il sapere coreografico garantisce, nella relazione tra danza e musica, complessità ai risultati.
La Fondazionale Nazionale della danza / Aterballetto di Reggio Emilia è diventata Centro Coreografico Nazionale, ed è una festa per tutti (il modello di ispirazione sono i centri coreografici francesi, diretti in prevalenza da coreograf*.) La missione, nei prossimi anni, è quella di diventare un polo attrattivo e propulsivo dell’intero sistema danza italiano: saper riconoscere e contribuire a costruire il futuro. Il doppio programma presentato al Festival di Danza Contemporanea del Teatro Comunale di Ferrara, incentrato sulla relazione tra danza e musica eseguita dal vivo, per ora questi obiettivi non li comprende. La danza teatrale è un’arte fatta di complessità spaziale e plasticità tridimensionale, entrambe garantite, nel processo compositivo, dal sapere coreografico. Mentre la relazione tra danza e musica è tra le più misteriose e fondative, solo in apparenza naturale e genetica, in realtà appresa e assimilata. Ma quanto visto in Double Side è coreograficamente deludente – ognuno di un diverso tipo di delusione e nel secondo caso ai limiti dell’amatoriale.
MICRO-SET
Il primo lavoro, è una creazione del coreografo cubano Norge Cedeño Raffo sullo Stabat Mater di Arvo Pärt (1985). Il compianto e la perdita dello Stabat sono esperienze di liberazione, non di sottomissione; di compassione e non di sofferenza. All’idea di Part di affiancare un trio d’archi a tre cantanti, si accorda la scelta di tre danzatori sulla scena. Se l’esecuzione musicale è sembrata efficace (l’intensa partitura ha struttura abbastanza simmetrica, con un forte incedere meditativo fatto anche di pause), la resa coreografica è prevalentemente drammatica, decisamente over-intense, disegnata senza però alcuna profondità spaziale (come pensata per un politeama più che per un teatro storico all’italiana). Il coreografo ha deciso di non creare alcuna connessione con i cantanti, che restano in scena un po’ decorativi, mentre il disegno luci (di Fabiana Piccioli), che arriva quasi sempre di taglio (e che dovrebbe essere un effetto, non origine del tutto), non valorizza quasi niente. Ed è un peccato perché ce ne sarebbero di momenti in dinamica, di abbracci e di intense prese da illuminare. I tre bravissimi interpreti (unici senza nome sul sito del teatro) non possono avere però nessuna fiducia nelle possibilità della coreografia di creare le proprie ragioni espressive, perché costretti a una forza muscolare piena di scatti di intensità e di sospesi contorcimenti tra le elastiche liane del micro-set.
DANZA MONOVALENTE
Il secondo lavoro è della coreografa canadese Danièle Desnoyers, With drooping wings (per 8 danzatori e i quattro archi del Quartetto Motus) sulla partitura originale di Federico Gon, An english suite (da Henry Purcell). Qui il movimento creato è elementare, al limite del didattico, estremamente regolare nella prima parte (secondo la riduttiva idea della coreografa che la musica barocca rifletta e contenga l’armonia, dunque l’ordine del mondo), e più irregolare e asincrono in un infelice inserto, a metà della coreografia, di musica elettronica (Interludio di Ben Shemie). Ma il presunto imporsi del caos, la dissonanza e il degrado che ora si pretende evocare è qui un po’ telegrafato, e inefficace: a un certo punto sono tutt* in linea, dietro questo piccolo sipario di liane, e con il piede puntato marcano a terra la semicirconferenza davanti a sé (e non si sa se ridere, ma comunque nessuno lo fa).
La suite di Gon poi riprende e, in piena distonia col quartetto musicale, continua una danza di gruppo monovalente e poverissima. Ed è tutto qui. Tanto scouting e investimento produttivo, devo confessare, resta misterioso. Al dispiacere di aver visto il secondo cast (forse messo troppo presto alle prese con piazze importanti), si unisce la comprensione che l’assenza di un ben condotto disegno coreografico, alla fine, sfavorisce ed espone proprio loro, gli interpreti più giovani: corpi che esigono esperienze interpretative più solide e importanti, e rispettose del talento di ognun*, capaci di maturare nel corpo saperi e problemi con lo stesso rigore del futuro che gli sta andando incontro.
Stefano Tomassini
Novembre 2022, Teatro Comunale di Ferrara
Stabat Mater
Creazione per 3 danzatori, 3 musicisti, 3 cantanti
Coreografia Norge Cedeño Raffo
Set e luci Fabiana Piccioli
Musica Stabat Mater di Arvo Pärt
Costumi Norge Cedeño Raffo e Fabiana Piccioli
Assistente alla Coreografia Thais Suàrez Fernàndez
Danzatori Saul Daniele Ardillo, Martina Forioso, Ivana Mastroviti
With drooping wings
Creazione per 8 danzatori, 4 archi
Coreografia Danièle Desnoyers
Musica An English Suite di Federico Gon da Henry Purcell
Set e luci Fabiana Piccioli
Costumi Danièle Desnoyers
Assistente alla corografia Myriam Arseneault
Danzatori Albert Carol Perdiguer, Sara De Greef, Leonardo Farina, Matteo Fiorani,
Arianna Ganassi, Clément Haenen, Arianna Kob, Federica Lamonaca
Con il sostegno di Délégation du Québec à Rome e Conseil des arts et des lettres du
Québec
Co-progettazione e co-produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto e
Fondazione Arturo Toscanini
Co-produzione Festspiele Ludwigshafen, Festival Aperto/Fondazione I Teatri di Reggio
Emilia
Danzatori Compagnia Aterballetto
Quartetto Motus per La Toscanini: Giulia Soli, Agnese Rava violini, Dario Carrera viola,
Margherita Curti violoncello
Soprano: Theodora Io Koutsothodoru
Controtenore: Nicolò Balducci
Tenore: Bowoo Kim
Preparatore musicale: Antonio De Lorenzi