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Residenze Digitali. Online i progetti artistici dell’altro mondo

Terzo approfondimento dedicato al progetto Residenze Digitali la cui settimana di presentazione dei lavori inizierà il prossimo 8 novembre fino al 13. Intervista a Lucia Franchi, coordinatrice del progetto e direttrice di Kilowatt Festival. Contenuto creato in media partnership.

gruppo nanou – They (immagine movimento)

Siamo giunti al terzo anno, pensavate che il progetto potesse andare oltre l’emergenza pandemica? Su quali presupposti è stato pensato e in che modo è cambiato?

Residenze Digitali nasce in piena pandemia, durante il primo lockdown, come un gesto utile verso gli artisti e la frustrazione creativa provata in quei giorni. Con Luca (Luca Ricci direttore di Kilowatt Festival e coordinatore del progetto Residenze Digitali ndr) abbiamo quindi deciso di trasferire il nostro lavoro nel mondo digitale, come stava accadendo per le relazioni, il lavoro e la scuola. Dopo averne parlato con Angela Fumarola e Fabio Masi di Armunia, al progetto si sono aggiunti anche gli altri partner della prima edizione (Anghiari Dance Hub, AMAT e ATCL Lazio per Spazio Rossellini ndr). Non sapevamo chi avrebbe risposto alla call e proprio in base al feedback ricevuto avremmo poi capito come andare avanti. Ci è arrivata un’enorme quantità di materiale dal quale emergeva, con chiarezza sin da subito, l’eterogeneità delle richieste alla quale abbiamo reagito con la volontà di cercare e sostenere delle creazioni che vivessero di vita propria in questo nuovo orizzonte digitale, e non quindi solamente la messa a disposizione di una sala prove virtuale per spettacoli già pronti. Il cortocircuito iniziale ha scatenato in tutti gli operatori e operatrici della rete un grande senso di scoperta, condiviso anche dagli artisti stessi; Residenze Digitali si è allora configurato come un progetto autonomo che avrebbe arricchito il lavoro già in corso delle residenze dal vivo.

Possibile ricostruire una sorta di identikit degli artisti che vi partecipano e dei progetti iscritti, o sono sempre molto eterogenei e “imprevedibili”?

Se esiste un comune denominatore è sicuramente la diversità. Nella prima edizione avevano aderito artisti, che erano già stati in residenza a Kilowatt e da altri partner della rete, le cui proposte alcune funzionavano, altre invece meno perché erano più idonee a restituzioni dal vivo. Il secondo anno, e ancora di più in questa terza edizione, sono arrivati invece “progetti dall’altro mondo”. Artisti che non avevano nulla a che fare con la nostra rete (ad oggi Kilowatt, Armunia, AMAT, L’arboreto – Teatro DimoraLa Corte Ospitale, la Fondazione Luzzati Teatro della Tosse di Genova, l’Associazione Zona K di Milano, a cui si aggiungono quest’anno altre due realtà: Fondazione Piemonte dal Vivo/Lavanderia a Vapore e Fondazione Romaeuropa ndr) perché si muovono in altri canali e contesti. Come partner ci siamo resi conto che Residenze Digitali ha la sua forza proprio se rispetta la specificità di lavori che si presentano come alternativa alla scena “in presenza”. Chi si era avvicinato al digitale per necessità si è prontamente allontanato, dando spazio a coloro che trovano nel digitale la loro precipua dimensione di linguaggio.

Ultravioletto – Hello World

Come dicevamo, molti di loro hanno partecipato anche a delle residenze dal vivo da voi promosse. Qual è il confine, esistono delle differenze, degli adattamenti e, semmai, anche degli snaturamenti?

Vi è innanzitutto una forte continuità che inizia dal processo di selezione fino alla settimana delle residenze: online e periodicamente con tutti gli artisti e con tutti i partner della rete ci incontriamo in lunghe sessioni di lavoro che permettono di visionare lo stato dei lavori e discuterne insieme. Ciò non è possibile con i progetti di residenza dal vivo. Questo work in progress portato avanti mese per mese in maniera collettiva, e alla presenza delle nostre tre tutor Laura Gemini, Anna Maria Monteverdi e Federica Patti, è uno scambio assolutamente inedito, come lo è l’apertura col pubblico, che può partecipare da qualsiasi luogo, non stupisce infatti ci fossero anche degli spettatori e spettatrici internazionali. La contaminazione delle due sfere della realtà è del resto prerogativa di Residenze Digitali, i due approcci si incontrano spesso, si mescolano e si potenziano, l’incontro dal vivo nutre poi la restituzione che ha vita propria nel digitale.

Permane tuttavia un filtro nella relazione con le compagnie o la digitalizzazione è ormai diventata parte integrante delle nostre vite per cui vi è sempre una prossimità al processo e alla relazione creativa?

Come rete siamo sempre a servizio degli artisti. Se hanno piacere o intenzione di vedersi dal vivo, veniamo certo incontro a questa esigenza. Non percepisco il filtro della virtualità come limite, credo che nessuna innovazione tecnologica possa nuocere a ciò che esiste, a maggior ragione nell’arte che ha bisogno sempre di una linfa rinnovatrice.

Come si trasforma l’approccio concettuale creativo in sistema di pensiero digitalizzato?

Un apporto strutturale lo danno le nostre tre tutor Laura Gemini, Anna Maria Monteverdi e Federica Patti che ci seguono proprio per facilitare questo passaggio. Come partner della rete ci siamo resi conto del bisogno che avevamo di figure specializzate, nonostante la maggior parte degli artisti sia autonoma in questo processo di trasformazione dei contenuti. Noi pre selezioniamo i progetti e prima di arrivare alla scelta definitiva facciamo sempre un incontro con le tutor, e questo è un momento fondamentale perché, per quanto la mediazione di queste figure sia nevralgica, gli artisti devono farci capire il loro livello di competenza e dimestichezza col mezzo.

Cosa pensate del Metaverso e in che modo questo nuovo orizzonte dell’esperienza può interessare la creazione artistica?

Il grande senso di scoperta sperimentato sin dalla prima edizione genera divertimento per la rete, ci muoviamo su linguaggi, tecniche, sperimentazioni che io personalmente non conoscevo, e rispetto ai quali prestiamo la nostra competenza organizzativa, drammaturgica, contenutistica. L’arte non deve quindi lasciare la possibilità all’universo del gaming e dell’intrattenimento di muoversi in esclusiva nel mondo del digitale, e in quello proprio del Metaverso. Non possiamo farci scappare questa possibilità, meglio appropriarsene che lasciarsi sopraffare. Il modo in cui lo faremo dipenderà invece dal pensiero e dall’etica degli artisti, e da loro ci faremo guidare.

Redazione

Informazioni sulla settimana di restituzione delle residenze digitali 2022

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