Questa recensione fa parte di Cordelia, ottobre 2022
Rimini è una fantasia, esiste nei cartelli pubblicitari di colori sgargianti prima di quelli con le indicazioni stradali, Rimini “la città con più palestre per numero di abitanti” è un’invenzione degli anni 90, precisamente quella che li ha fatti diventare tali, gli anni 90. Eppure uno scrittore, già qualche anno prima, lo aveva capito e nonostante tutto ci andava a cercare la vita residua, quella nascosta come un tesoro sotto la sabbia della sua riviera. Pier Vittorio Tondelli, morto nel 1991, scrisse l’omonimo romanzo nel 1985, Mario Scandale con il Gruppo RMN oggi lo porta in scena con cinque attori (Luisa Borini, Lorenzo Carpinelli, Leo Merati, Giulia Quadrelli, Chiara Sarcona) che dal patinato playback del musical di Biancaneve in poi cercano di rappresentare la fauna riminese che la ricerca antropologica dello scrittore, presente sulla scena, tentava di scovare. La scena è poi improntata al minimalismo estremo e una frontalità che pone i monologhi direttamente tra le braccia del pubblico; ci si aspetta di vedere colori squassati, accesi, invece ci sono storie di un’umanità che fa fatica: la cameriera schiavizzata, la matrona degli stabilimenti balneari, il re del divertimento di riviera, ognuno manifesta la propria oscurità dietro il velo spesso del cartonato pubblicitario, ognuno cerca di evidenziare come combattere la decadenza in un posto che apparentemente non conosce caduta, ognuno cerca di spiegare cos’è Rimini, quando si abbassa la luce, quando si abbassa la musica, quando si abbassa l’urlo scomposto in cui si nasconde. (Simone Nebbia)