La Corte costituzionale ha depositato il 25 luglio 2022 la sentenza n 186 che dichiara illegittimo il decreto del 2017 attraverso il quale la gestione Barbareschi del Teatro Eliseo beneficiava di 8 milioni di euro in due anni.
Dopo la revoca dei finanziamenti ad opera del Ministero della Cultura la gestione di luca Barbareschi deve vedersela anche con la sentenza della Corte costituzionale che giudica illegittimo il doppio finanziamento di 4 milioni di euro (per il 2017 e il 2018) alla sala teatrale di via Nazionale. Ricordiamo che il teatro è chiuso e nessuna programmazione è stata ancora presentata per i prossimi mesi o anni.
Il comma 8 dell’articolo 22 del decreto del 2017 riportava il seguente testo: «In favore del teatro di rilevante interesse culturale “Teatro
Eliseo”, per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua
fondazione è autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018»
La decisione, che dà ragione ai teatri, Ambra Jovinelli Quirino e Sistina, impegnati sin dall’inizio nel ricorso contro il trattamento di favore ricevuto dall’Eliseo (alla prima istanza al Tar avevano partecipato anche il Teatro Vittoria, il Teatro Parioli e il Teatro della Cometa), è stata presa dalla Corte nella seduta del 26 aprile.
Ecco la parte finale della sentenza che ruota attorno al concetto di proporzionalità, ovvero, secondo la Corte non è illegittimo il provvedimento in sé ma sono la congruità e la proporzionalità ad essere giudicate negativamente e a creare un “un’alterazione della concorrenza nel mercato”:
6.– La scelta di elargire un contributo finanziario straordinario, una tantum, a un teatro, come l’Eliseo, che ha una lunga tradizione nel panorama culturale della città di Roma ed è stato storica fucina di produzioni artistiche, in occasione del centenario e per sostenere il rilancio delle sue attività, non è di per sé motivo di contrasto con l’art. 3 Cost. Se la qualifica di teatro di rilevante interesse culturale – che ha valore ai fini della ripartizione del FUS – non attribuisce, come rilevato dal rimettente, il diritto a ulteriori finanziamenti, tuttavia, non può ritenersi costituzionalmente illegittimo assegnare risorse cosiddette “extra-FUS”, né ciò determina automaticamente discriminazioni nei confronti degli altri soggetti operanti nel settore teatrale.
6.1.– Ciò non ostante, il controllo di ragionevolezza e non arbitrarietà del contributo in esame rivela profili d’illegittimità costituzionale, illustrati di seguito.
Il sindacato di questa Corte non si arresta, infatti, alla valutazione del proposito del legislatore cioè alla verifica di una “ragion sufficiente”, che basti a giustificare la scelta di intervenire con legge-provvedimento, ma si estende al giudizio di congruità del mezzo approntato rispetto allo scopo perseguito e al giudizio di proporzionalità della misura selezionata in vista dell’ottenimento di quello scopo. Il primo è teso a verificare la conformità del mezzo al fine, mentre il secondo è vòlto a saggiare la ragionevole proporzione tra lo strumento prescelto e le esigenze da soddisfare, in vista del minor sacrificio possibile di altri principi o valori costituzionalmente protetti.
Questa Corte, da lungo tempo, ravvisa nella «proporzionalità del trattamento giuridico» uno degli aspetti essenziali della ragionevolezza e ha affermato che essa va apprezzata «tenendo conto del fine obiettivo insito nella disciplina normativa considerata […] in relazione agli effetti pratici prodotti o producibili nei concreti rapporti della vita» (sentenza n. 163 del 1993; vedasi, pure, sentenza n. 1130 del 1988).
Nel caso in esame, il mezzo approntato dal legislatore per raggiungere il fine si rivela, per un verso, incongruo e, per altro verso, sproporzionato.
6.1.1.– Il contributo finanziario è destinato al Teatro Eliseo «per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua fondazione».
Il beneficio, tuttavia, non è legato alla realizzazione di programmi o eventi, né è accompagnato da indicazioni o vincoli di utilizzo dei fondi. Si tratta di risorse che l’Eliseo ha potuto impiegare per ogni spesa ritenuta utile e non, invece, per i soli scopi indicati dalla legge: onorare il centenario del teatro e rilanciare la programmazione artistica, consentendo la continuità delle attività. All’assegnazione del contributo in denaro avrebbero dovuto affiancarsi condizioni vòlte ad assicurare la sua efficacia, intesa come capacità effettiva di raggiungere le finalità prefissate.
In definitiva, l’assenza di previsioni sulle modalità di utilizzo delle ingenti risorse in parola – oltre a contraddire l’esigenza di trasparenza nella destinazione delle risorse pubbliche – rivela un difetto di congruità della decisione legislativa: il contributo non risulta connesso, sul piano concreto, al raggiungimento degli obiettivi annunciati. Così che, «l’irragionevolezza intrinseca della disciplina censurata risiede, pertanto, anche in uno squilibrio tra i fini enunciati e i mezzi in concreto prescelti» (sentenza n. 125 del 2022).
6.1.2.– La sovvenzione censurata – della consistenza di otto milioni di euro in due anni, in favore di un solo teatro – è, inoltre, sproporzionata, per eccesso.
Per un verso, infatti, la misura del beneficio è macroscopicamente eccentrica rispetto alle modalità di sostegno allo spettacolo che l’ordinamento conosce: le quote del FUS, destinate ai teatri, sono assai contenute, se le si compara alla somma di otto milioni di euro; lo stesso Eliseo ha percepito molto meno di un decimo di quella cifra, per annualità. Per altro verso, questa sovvenzione supera, in misura ampia, quelle riconosciute a istituzioni promotrici di arte e cultura al ricorrere di occasioni specifiche o per la realizzazione di progetti particolari (di tali erogazioni cosiddette “extra-FUS” offre una rassegna esemplificativa la stessa memoria difensiva depositata dall’Eliseo).
6.1.3.– Occorre anche registrare la carente illustrazione delle ragioni della scelta di assegnare un contributo così cospicuo.
Il testo originario dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017 prevedeva la destinazione all’Eliseo, in occasione del centenario, della somma di due milioni di euro; durante la conversione in legge, mediante l’approvazione di un emendamento, il contributo è stato quadruplicato, passando a otto milioni di euro complessivi. Nelle relazioni illustrativa e tecnica è, peraltro, riportato soltanto quanto testualmente risulta dalla disposizione censurata: si sostiene finanziariamente il teatro Eliseo, per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività, in occasione del centenario dalla sua fondazione. Non è, dunque, possibile cogliere dalla lettura dei lavori parlamentari le ragioni per cui è stato deciso quel notevole incremento.
Sebbene non esista, in via generale, un obbligo costituzionale di motivare la legge, questa Corte ritiene che la possibilità di desumere, anche dai lavori preparatori, la ratio legis, «specie a fronte di un intervento normativo provvedimentale, può proficuamente contribuire a porne in luce le ragioni giustificatrici, agevolando l’interprete e orientando, in prima battuta, il sindacato di legittimità costituzionale» (sentenza n. 168 del 2020). La norma-provvedimento reca, infatti, i contenuti tipici dell’atto amministrativo ed è dunque necessario che siano intellegibili all’esterno le ragioni che ne sono alla base, nel rispetto degli interessi di ogni soggetto coinvolto e della trasversale esigenza della trasparenza.
In quest’ottica, nel decidere questioni di legittimità costituzionale relative al sostegno finanziario in favore di enti di promozione sociale e culturale, individuati dalla legge, questa Corte ha già avuto modo di precisare che, «qualora il legislatore ponga in essere un’attività a contenuto particolare e concreto, devono risultare i criteri ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione» e ha stigmatizzato l’assenza di indicatori che potessero rassicurare sull’utilizzo di «criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta dei beneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi di sostegno». In tal modo, infatti, «la norma denunciata si risolve[va] in un percorso privilegiato per la distribuzione di contributi in danaro, con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi […]» (sentenza n. 137 del 2009).
7.– La rilevata irragionevolezza del contributo previsto dalla norma censurata si traduce ulteriormente nella violazione dell’art. 41 Cost.
L’assegnazione di un aiuto finanziario di otto milioni di euro a un destinatario unico, infatti, pone un problema di differenziazione delle condizioni degli operatori nel mercato; nella specie, nel mercato dell’organizzazione e dell’offerta di attività teatrali di prosa. L’impresa beneficiaria è avvantaggiata, rispetto a chi non ha ricevuto fondi straordinari, dato che può investire tali fondi nella promozione e valorizzazione delle attività, nonché nella copertura di costi, migliorando la propria posizione nel settore di riferimento. Ora, una volta accertata l’irragionevolezza del contributo, viene a mancare la giustificazione della differenziazione che il legislatore ha operato: essa assume, così, la valenza di un’alterazione della concorrenza nel mercato ed è ragione di contrasto tra la norma censurata e l’art. 41 Cost.
8.– Per le ragioni che si sono illustrate, va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, come convertito, rimanendo assorbite le ulteriori censure formulate nell’ordinanza di rimessione.
Leggi il testo completo sul sito della Corte costituzionale (clicca sul numero della sentenza S. 186/2022 DEL 26/04/2022)
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