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Nel ventre di Napoli. Lo spazio dell’arte è un dono

Da Altofest 2022 un racconto della comunità artistica napoletana, un reportage che ci porta dentro le case e i luoghi donati dai cittadini per il festival organizzato da Teatringestazione.

Foto Vicky Solli

Non ho mai amato particolarmente il mare. Non che Napoli sia una città di mare; però l’acqua c’è. È nei muri gonfi di sputi, piscio, umori maschili e lacrime femminili. La città puzza di rancido, eppure i primi istanti di primavera è stata invasa da un freschissimo odore di gelsomino che è riuscito a sovrastare gli strati appiccicosi di sporcizia; giusto per un attimo. Giusto un’altra bugia; come tante se ne dicono qui. So che qualunque cosa scriverò lei sembrerà bellissima. La rifiuto, e me la porto dentro: è la mia famiglia, mi esce dalla bocca e da tutto il corpo; è la spessa radice nera dei miei peli neri. Brutali e ottusi, siamo una razza indelicata dalle fattezze indelicate, siamo vanagloriose bestie che si adattano alle peggiori schifezze. La povertà ci ha fatto mostruosi. È inospitale, una cloaca; nemmeno le giostre per i bambini si salvano dalla violenza che teniamo dentro. I pochi rinsecchiti alberi, timidi e affogati ai lati delle affollate strade, mortificati dagli scarti delle nostre esistenze, non danno riparo dal sole cattivo. E si mangia, si mangia assai. Costantemente. La puzza degli oli esausti stordisce e stomaca. Il rumore annienta ogni pensiero.

Foto Vicky Solli

Quindi sono giorni che cerco di capire cosa poter cedere dell’esperienza di Altofest, cosa estrarre dall’amalgama di sguardi e parole e odori e gesti e ricordi, di intimità che si spogliano dei pudori e si toccano dove hanno più bisogno. Capire come trovare un qualsiasi equilibrio tra una sensibilità privata arroccata e una realtà a essa estranea. Almeno in parte estranea. Ma il mio non è un vezzoso capriccio, una trovata di cui poter scrivere. Ho solo accolto la richiesta che la comunità di Altofest, che è definito dispositivo, pone come prerequisito di attraversamento dell’esperienza, di un’esperienza che è ricerca poetica. L’attenzione per la sequenza di parole è alta: comunità, dispositivo, esperienza, ricerca poetica vanno a indicare tutte un processo agito; è tutto in costante costruzione, mai dato per assodato. Non c’è un evento che avviene, non esiste qualcosa che ripartisce precisamente i ruoli di chi fa e chi osserva. Questa costante costruzione è un meccanismo poroso di scambio. Se le parole sono frutto di uno studio attento, le immagini che ne derivano sono di una splendida semplicità; cosa è una costruzione porosa? La casa. Perno attorno al quale lo scambio è sempre mutevole, dove la prossimità spinge a guardarsi negli occhi; lo spazio accogliente si mostra allo stesso tempo vulnerabile nonostante il suo essere manifesto, e incoraggia cauti e lievi movimenti. Qualcosa l’ho perso per ricordare altro, qualcosa ho rifiutato di vederlo per il dolore, qualcosa si è cucito a dei ricordi, qualcosa è stato scantonato dall’immagine di un volto vicino.

Foto Vicky Solli

15-06 Palazzo Marigliano in via San Biagio dei Librai – sede Riot Studio; Assemblea. Dal 2011 la compagnia Teatringestazione, fondata nel 2006 da Anna Gesualdi e Giovanni Trono, sostiene le pratiche artistiche e comunitarie di Altofest, la cui corrente nominazione è Io-Mondo. “Siamo nel ventre della Balena, cavo antro interiore in cui il mondo si è rifugiato” (incipit dal testo di Loretta Mesiti, dramaturg della compagnia). Il rifugio di questa serata è il giardino pensile del palazzo, dove al centro si piega il tronco sottile di una magnolia. Le pratiche di Altofest si distribuisco nelle due settimane che vedono, prima del momento esecutivo delle performance, l’accoglienza degli artisti da parte di donatori di spazio. Chi ha possibilità, in pratica, condivide la propria abitazione che diventa punto di riflessione performativa, che a sua volta diventa anche condivisione di quell’intimità. Guardo i muri del giardino: dalla città non arriva niente; potremmo essere ovunque. Per un attimo mi impressiona l’esigenza di quella collettività così tesa verso l’esterno di chiudersi in uno spazio sicuro; poi ricordo cosa provo io, e mi dico che è giusto racchiudersi prima di emergere. Si conoscono bene, è evidente quanto siano legati da una profonda stima e amicizia: ognuno di loro è donatore di spazio perché ha donato sé stesso. Quello del donare è in effetti un elemento centrale della discussione condotta dall’economista Maurizio Alampi e della poetessa Claudia Fabris all’interno del segmento di ricerca Congiunzione in merito a nuove economie sostenibili («Condivido il pane per avere le rose» dice Fabris). Il sistema prevede dei modelli micro da espandere con le opportune variabili di contesto, dal momento che è importante tutelare le specificità in contatto: le specificità in oggetto di scambio, che sono quindi beni impalpabili, sono l’unica valuta sostenibile.

Foto Vicky Solli

16-06 h. 10:30; Via E. De Marinis (mi tengo in disparte e inizio a familiarizzare con i visi di coloro che saranno con me per i prossimi giorni); Beat-Bang con Antonio Talamo. Tonino è seduto su una panca in una sala prove con specchi; il percussionista pratica il Batuque na mao che sfrutta la risonanza del corpo percosso seguendo un ritmo interno arbitrario. Lo prova su di sé e chiede a noi di seguirlo; abbiamo ancora i corpi intorpiditi dalla timidezza. Ci guardiamo divertiti del nostro essere impacciati e scoordinati, e iniziamo a ridere tranquilli di essere in un ambiente sicuro. Tonino ci guida con gentilezza, ridendo con noi. H. 12:30; UOSM-Centro di Salute Mentale in via Santa Maria Antesaecula (nel cuore del quartiere Sanità. Guardo a terra e scanso i motorini; la strada è tanto impraticabile da consumare i calcagni, e la tensione irrigidisce le cosce. Mi difendo dai rumori ascoltando musica ad alto volume.); Dispatches from 202x di Giuseppe Valentino. Siamo ospiti in un luogo in cui l’affaticamento della mente non è una condizione, ma un momento di passaggio; parliamo solo sussurrando e i nostri occhi non vagano troppo per la struttura, così da preservare l’intimità di chi vi ha trovato ricovero. Giuseppe l’avevo osservato alla sessione di percussioni da Talamo, timidissimo. Come me preferisce guardare. È un documentarista attento, un uomo delicato, capace di trovare la giusta distanza tra il vivo interesse e il rispettoso distacco; è presente, ma non invade. Con occhio affettuoso segue il processo di recupero della ricerca poetica della comunità di Altofest dopo il blocco pandemico, in piena rivolta gentile. H. 15:30; UOSM-Centro di Salute Mentale; Diario di Pinocchio 20202065 di Roberto Corradino & Reggimento Carri. Nell’atrio ci viene chiesto di indossare un naso di cartoncino; ridiamo sentendoci ridicoli. Non siamo più abituati al ridicolo e non avvertiamo il senso di liberazione che ne segue. Corradino è rosso, tutto. Violento nella follia e nello squilibrio. Racconta di un Pinocchio, un fine intellettuale e un abile artista; ci mostra le produzioni pittoriche e scultoree del burattino, e appese lì, proprio su quei muri, hanno uno strano effetto doloroso. Pinocchio appiccò un incendio mentre era a scuola, per motivi misteriosi. Di lui non restano altro che annotazioni su diari neri. L’attore chiede a noi presenti di inscenare una performance dalla costruzione assurda ma non priva di senso; al resoconto dissociato di frammenti di storia del nostro paese, ci muove, ci comanda, ci fa strisciare e correre, ci getta per terra, e noi ridiamo senza fiato e confusi. Dopo, la presenza di Geppetto è un richiamo rabbioso, e Corradino ci costringe a seguirlo fino al simulacro inanimato di Pinocchio: un secco tronco su cui abbandonare i nasi in segno di cordoglio. Balliamo insieme in cerchio, ma anche allora esplode la violenza e Roberto si muove tra noi come una furia.

Foto Vicky Solli

17-06 h. 16:00; Vico Tronari a casa della signora Tina (ancora quartiere Sanità, al confine con la Salita per Capodimonte. L’aria è più umida, sta per piovere. Mi ritrovo davanti a un enorme muro di tufo alla cui base sono disposte delle abitazioni basse. Si vive ovunque. Inizio a sentire il coinvolgimento di andare verso il luogo stabilito. Inizio a guardare con tranquillità, a soffrire meno); La Mappa del cuore di Lea Melandri in VR della compagnia Ateliersi. Mi viene offerto del caffè freddo e gentilmente vengo accompagnata in casa. Una forte luce gialla mi abbaglia e lancio uno sguardo molto più rapido di quanto avrei voluto all’arredo sfarzoso del luogo che mi accoglie. Nonostante avessi il visore sugli occhi, continuavo a percepire il giallo attorno a me e chissà per quale motivo mi torna in mente il solido mobilio della camera da letto di mia nonna: le realtà, coesistendo percepibili, si aumentano tra loro. Mi viene raccontato l’esperimento della giornalista e attivista femminista Lea Melandri di dare spazio ai pensieri dei giovani sulla rivista Ragazza In, a metà anni ’80. I ragazzi, straordinariamente più consapevoli del proprio corpo e dell’effetto delle loro azioni rispetto ai giovanissimi di oggi, ponevano quesiti all’esperta che spesso li metteva in contatto tra loro, affinché sentissero di non essere soli. Mi ritrovo tra più piani di intimità: la mia, la casa che mi ospita, le lettere di quegli adolescenti estranei ormai adulti. Tolto il visore, il senso della profondità torna lentamente. H. 18:00; Piazzetta Crociferi a casa di Cinzia e Giuseppe (tutti i visi mi sono familiari; scambio sorrisi, ci chiamiamo per nome. Siamo sempre in Sanità, ma all’inizio del quartiere, nel caos del mercato. Macchine ovunque, odore di taralli e ciociole e salamoia e ciabatte nuove); Nulla concreto di Valeria Caboi e Manuel Pinheiro. L’appartamento è anche un magazzino per le merci da vendere al negozio. I due performers sono compagni d’arte e di vita e l’intima sintonia tra i due, seppur accennata, è evidente. Sono partiti con la loro bambina Camilla che ho visto qualche sera prima in assemblea, con le gambine mangiucchiate dai morsi di zanzara. Non riesco a immaginare la performance lontano dalla dimensione famigliare. Valeria compie pochi gesti semplici, sempre gli stessi, mentre accanto a lei Manuel è impegnato in produzioni audio dal ritmo monotono ma mai alienante: uno produce per l’altra e viceversa, in una ricerca senza fine di armonia.

Foto Vicky Solli

18-06 h. 12:00; via Francesco Saverio Correra (detto Cavone. Assisto a un breve scambio di chiarimenti tra Alessandro e una sua vicina che il giorno prima aveva avuto preoccupazione che nel palazzo si affollasse, al posto del pubblico, una comitiva di generici “neri”. Ci sono cose per cui anche il tanto decantato cuore napoletano è sordo) a casa di Alessandro; Antigone una tragedia da camera di Lea Barletti e Werner Waas. Tralascio il momento, in spirito di gioco, precedente all’azione in camera da letto, solo riassuntivo della tragedia di Edipo e della sua stirpe. Seduta a terra e succube della scena, subisco la presenza imponente dei due attori. Barletti è Antigone e Ismene, mentre Waas interpreta Creonte e il figlio Emone; l’attore parla in tedesco: la sua lingua, che è lingua che esprime la legge e lingua in bocca maschile, è incomprensibile per la maggior parte dei presenti ed è necessario che venga tradotta trascritta sui muri. Il buio e una torcia modellano i loro volti diventati maschere terribili. La riservatezza della camera da letto, la sola presenza del letto contro cui poggiavo le spalle, sono un’insopportabile tragedia. Poi Waas si inginocchia e lascia che il suo Creonte si cosparga il volto di cenere per aver causato la morte del figlio; gli occhi e la bocca sono liquidi. Mi faccio liquida come lui, in silenzio. H. 17:30; Vico Lammatari (in Sanità. Curioso tra le cianfrusaglie di un rigattiere) a casa di Chiara; migrena 2×2 a phygital experiment between Berlin and Naples di Yotam Peled e Chiara Orefice. Chiara è performer e donatrice di spazio; del suo spazio, del suo corpo. Per il secondo anno consecutivo, accoglie dentro di sé l’azione che le viene suggerita in videochiamata. Condivido: forse l’unico modo che abbiamo di accogliere l’altro è tenerlo stretto dentro di noi. Il performer israeliano condivide con Orefice la condizione invalidante di attacchi di emicranie, tanto violenti da spaccargli il corpo fino a costringerlo ad astrarsi. Nello scambio, sia lui che Chiara si estraggono dai rispettivi corpi. Lei emerge da rumori stridenti come graffi, il corpo pesante, gli occhi socchiusi e gli angoli delle labbra rivolte in basso. Striscia e si contorce alla ricerca di sollievo su un pavimento ricoperto di mattonelle scheggiate e fogli di cartone. Ma a ogni movimento corrisponde l’impossibilità di compierlo del tutto, e lega a mani e piedi pesanti mattoni. Dietro di lei, in video, Peled interagisce ma la personalità di Chiara è talmente dominante da fagocitare tutto. È così bella che strazia il cuore e insieme agli altri la seguo per liberarla di quei pesi che poco prima aveva lasciato nelle nostre mani. Il caso vuole che iniziasse a scoppiarmi la testa, chissà che non me la sia tenuta stretta dentro. Ho atteso in disparte gli applausi. H. 19:00; Via Sanità 6 (Palazzo Sanfelice) a casa di Marina e Pippo; On the first night we looked at maps – Los Alemanes del Volga di Federico e Wenzel Vöcks de Schwindt. Erano anni che non bevevo del mate, e a ogni sorso sono apparsi davanti ai miei occhi volti molto cari. Il mate è una bevanda da bere in condivisione, da passare di mano in mano, scambiandosi le salive (ora impossibile). Federico e Wenzel, marito e marito, fanno dell’essere coppia l’umore del loro lavoro. Gli spettatori osservano due persone realmente impegnate nella conoscenza reciproca, mosse da una dolcezza che alle volte impasta le labbra tanta è l’emozione. Entrambi, seduti a un tavolo e circondati da foto e ricordi di famiglia, ripercorrono le vicende migratorie delle comunità tedesche in viaggio lungo le rive del Volga, nella steppa russa nel XVIII secolo, e l’Argentina, nel XIX secolo. Federico discende da una di queste comunità e rende partecipe il compagno della sua ricerca, fino a creare per e con lui dei plausibili antichi legami. 

Foto Vicky Solli

19-06 (ultimi fugaci appuntamenti. Napoli non ci sente attraversarla insieme; i turisti la stordiscono) h. 11:30; Via E. De Marinis a casa di Giovanna; Eufemia, solo di Giorgia Lolli. Giorgia ha un intero edificio a disposizione, e ne occupa la lunga rampa di scale. Misura lo spazio a braccia tese e, allungandosi oltre le ginocchia piegate, non ci guarda quasi mai ma aspetta paziente che la seguiamo. Entra in casa dove è in compagnia, ma la sua misura resta la solitudine. L’appartamento non suo è a sua completa disposizione e lì si muove per sé stessa, fiduciosa della protezione del nostro sguardo. Giorgia batte a macchina, in rosso, la parola FAMIGLIA; modella il foglio come un aeroplano e lo fa volare verso di noi. Leggerissima va via. H. 18:00; Via De Pretis a casa di Debora e Dario; Esercizi per scomparire di Amalia Franco. Amalia, per empatia, ci accoglie al portone del palazzo e sempre per empatia sale le scale con noi raccontando qualcuno degli aneddoti raccontati dai suoi ospiti. Ci viene offerta dell’acqua, e prendiamo posto in salotto. Siedo su un divano giallo rivolto verso un balcone aperto sulla Certosa di San Martino; il sole sta lentamente tramontando e fatico a distogliere lo sguardo. Arrivano i rumori del traffico. Amalia non ha occupato da sola la casa; con lei ci sono le sue marionette in cartapesta e polistirolo con i volti abbozzati da poche profonde fenditure, vive. La performer elenca in ordine sparso i suo esercizi e il corpo le si frantuma. Non si appartiene più, e muore in una delle sue piccole compagne. Non si appartiene più, ma serve affinché quello che non è ancora vivo si animi. Non si appartiene più, e sparisce dietro quello che ha animato.

Il sole colpisce le spalle dell’alta marionetta appesa al soffitto per il capo e nello stesso momento tocca la collina della Certosa. Sospiro verso la città. Maledetta, tu; maledetta, così mi freghi.

Valentina V. Mancini

Napoli- Giugno 2022

migrena2x2 / a phygital experiment between Berlin and Naples

Lavoro originale di Yotam Peled
Rivisitato con Chiara Orefice
Project management & distribution: Laia Montoya / TINA agency
Produzione: Sofia Fantuzzi
Documentazione: Valentin Braun
Con il supporto di Fonds Darstellende Künste sovvenzionato dal Federal Government Commissioner for Culture and the Media, Collider AIR / Contemporary Calgary, e Goethe Institute.

Esercizi per scomparire

Di Amalia Franco e Gianluca Vigone
Con Amalia Franco
Marionette Amalia Franco e Gianluca Vigone
Consulenza marionette Damiano Privitera
Produzione La Terra Galleggiante_Teatro del Lavoro, Pinerolo
Con il supporto di Workspace Ricerca X / research & dramaturgy, Torino
TRAC_Centro di residenza pugliese-Crest-Teatro Tatà di Taranto
Maison Copeau, Pernand Vergelesses

Eufemia, solo

Da e con: Giorgia Lolli
Musica: AA.VV.
Produzione Anghiari Dance Hub 2020 Progetto
Vincitore del Bando Abitante – Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni e Fondazione CR Firenze.
Con il sostegno di SdFactory Laboratorio Creativo (Reggio Emilia) e blueFACTORY (Fribourg, CH).
Selezionato per la Vetrina della Giovane Danza d’Autore – azione del Network Anticorpi XL 2021.

Nulla Concreto

Coreografia: Valeria Caboi
Sound design: Manuel Pinheiro
Con: Valeria Caboi e Manuel Pinheiro
Voci registrate: David Jacinto
Registro Video e Montaggi: Chiara Mela
Logistica: Reunion Festival-Alkantara
Assistenza alla Produzione: Pulso Companhia Instável
Accompagnamento artístico: Igor&Moreno
Appoggio logistico – residenze: S’Ala Sassari
Co-produzione: Teatro José Lucio da Silva

La mappa del cuore di Lea Melandri in VR

Di: Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi
Performer: Margherita Kay Budillon
E nella realtà virtuale:
Con: Fiorenza Menni, Andrea Mochi Sismondi e Francesca Pizzo
Musiche arrangiate ed elaborate da: Vincenzo Scorza e Mauro Sommavilla
Progetto sonoro: Fiorenza Menni
Abiti a cura di: Federica de Pascalis
Grazie a Lea Melandri per il pensiero condiviso, la vicinanza e la capacità di smontare gli schemi.
Produzione: Ateliersi
Con il sostegno di: Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna
In collaborazione con le software house Touchlabs e Gravital

Diario di Pinocchio 20202065 #Napoli

Vincitore del Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche Dante Cappelletti 2020
Drammaturgia, regia e interpretazione Roberto Corradino
Con Roberto Corradino e gli spettatori
Col sostegno di Verso Sud/Ecosistema culturale
Col sostegno di Teatro delle Albe/Ravenna Teatro

Antigone una tragedia da camera

Autore: Sofocle.
Traduzione: F. Hölderlin (tedesco)/ Fabrizio Sinisi (italiano).
Performance: Lea Barletti, Werner Waas. Sound design: Luca Canciello.
Regia: Barletti/Waas.
Produzione: Barletti/Waas
Con il sostegno di un Crowdfundingn (piattaforma Startnext) e il Fonds Darstellende Künste (programma NEUSTART KULTUR) della regione di Berlino.

On the first night we looked at maps – Los Alemanes del Volga

Ricerca, Testi & Performance: Federico & Wenzel Vöcks de Schwindt
Prodotto da Vöcks de Schwindt in collaborazione con TATWERK | Performative Forschung.

Dispatches from 202X

scritto e diretto da Giuseppe Valentino

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