Sul palco del Teatro Torlonia, la Cenerentola di Zaches Teatro. Sotto al palco due giornaliste d’eccezione, a dare giustizia del fatto che il teatro, l’offerta curata da Fabrizio Pallara per il Teatro di Roma, sia davvero “per le nuove generazioni”. Dal 4 giugno il progetto Radio al parco aprirà la stagione estiva del Torlonia.
Quel teatro particolare che si chiama “per le nuove generazioni”, troppo spesso vive di concetti e argomentazioni animati dal pubblico dei grandi, che solo di riflesso includono in sé stessi la prospettiva proprio delle “nuove generazioni”. Ma cosa accade se di colpo lo schema si rivolta e sono i ragazzi a esprimere le linee di ciò che il teatro sa rappresentare? «Ormai i piccoli sembrano capire concetti che i grandi non capiscono, perché i piccoli credono nelle favole, i grandi, invece, non le hanno vissute e non ci credono più»; a dirlo è Viola, che di anni ne ha 13 e assieme all’amica coetanea Benedetta si è seduta in mezzo al pubblico di questa Cenerentola, riscrittura di Zaches Teatro dall’omonima fiaba popolare, sul palco del Teatro Torlonia di Roma nella stagione del teatro più delicato, più immaginifico, dedicata a bambini e ragazzi dalla direzione di Fabrizio Pallara. Le sue parole, la sua profondità di sguardo, lanciano semi su un terreno incolto, forse inaridito dal troppo coltivare, affinché possa, grazie a quel suo sguardo, tornare a dare frutti. E lo fa nel modo più dirompente: avete capito, grandi? Noi siamo pronti a prendervi per mano, sì, noi che poco tempo fa ve la stringevamo per non cadere. È questo che sembra dire Viola, in trasparenza verso una direzione nebulosa agli occhi degli adulti.
Quando più avanti scrive che «l’arte e il talento salvano la memoria, accendono la passione», ecco che in lei risuona l’eco di note critiche lette chissà dove, ma che forse abbiamo dimenticato. Nelle sue parole risplende viva l’intenzione che alcune compagnie – il cui lavoro è interamente speso per questo settore delle arti – hanno accolto nella propria bottega artistica; tra loro Zaches, un gruppo con una forte vocazione all’immagine, elegante di atmosfere dense, condensate in un complemento di oscurità e luce. Cenerentola (con Pinocchio e Cappuccetto Rosso nella Trilogia della Fiaba) è un racconto che traccia una linea di separazione dall’immaginario abituale, disneyano, al quale troppo presto ci siamo abituati; è Benedetta a dipingere con precisione sorprendente la scena: «Ci sono tre corvi che parlano gracchiando, lamentandosi di quanto Cenerentola debba lavorare e della cattiveria della matrigna e delle due sorellastre […] Cenerentola è un burattino che viene manovrato da uno dei corvi (gli attori – Gianluca Gabriele, Amalia Ruocco, Enrica Zampetti – che ne interpretano la trasformazione umana nda) […] I tre “corvi” aiutano Cenerentola e allo stesso tempo sono come i narratori della storia». Proprio in questo ambiente, che la regia di Luana Gramegna svela alle scene e alle maschere firmate da Francesco Givone, lo sguardo giovane di Benedetta rintraccia alcuni elementi originali: «Ci sono momenti di ansia, terrore, ma anche momenti comici, in particolare uno: alla fine uno dei corvi recita una parte di una poesia di Lorenzo de’ Medici, Il trionfo di Bacco e Arianna, rendendola più divertente, modificandone una parte e attribuendola, anziché alla giovinezza, alla vecchiaia. E poi Cenerentola, che inizia a ribellarsi alle richieste ingiuste, ma anche il principe che non è più una figura importante nel racconto […] forse perché la regista voleva dare più importanza al mondo interiore del personaggio di Cenerentola, invece che sottolineare ciò che della fiaba già si conosce […] Si è voluto evidenziare il malcontento dell’animo di Cenerentola e la sua forza di reagire per non vivere più in quelle condizioni, o almeno provarci».
C’è un gioco, che fanno i bambini. Si guardano dritti in faccia ed esprimono al tempo imperfetto ciò che stanno solo immaginando. Chissà, se l’immaginazione sta nel passato per dire un presente alternativo, quello in cui “facciamo che io ero un’astronauta o un dottore”, quello in cui il futuro si riprende lo spazio di una realtà impensabile fino a un momento prima, ma quel che più importa è che quel patto sia accettato, che “facciamo che io ero, e tu ci credi”. In questo patto è il senso primo e ultimo del teatro, è ancora Viola a dire con parole minute qualcosa di semplice eppure straordinario: «Non è scontato stare davanti a persone che vogliono provare emozioni, è una grandissima responsabilità. Quando stai sul palco cambia tutto, sei consapevole del fatto che se non credi per primo tu nella storia che stai raccontando, non ci crederà nessuno del pubblico, piccolo o grande che sia». Sì, c’è scritto “responsabilità”. Perché quando si gioca, il gioco è serio: “facciamo che siete due giornaliste. E io ci credo”.
Simone Nebbia
Teatro Torlonia, Roma – Maggio 2022
Regia, drammaturgia, coreografia Luana Gramegna
Scene, luci, costumi, maschere e pupazzi Francesco Givone
Progetto sonoro e musiche originali Stefano Ciardi
Con Gianluca Gabriele, Amalia Ruocco, Enrica Zampetti
Collaborazione per scene, maschere e pupazzi Alessia Castellano
Collaborazione alla drammaturgia Daria Menichetti
Realizzazione costumi Rachele Ceccotti
Project manager Enrica Zampetti
Distribuzione Theatron 2.0
Produzione Zaches Teatro 2021
con il sostegno di Teatro Fonderia Leopolda di Follonica e Giallo Mare Minimal Teatro
Progetto vincitore del Bando Toscana Terra Accogliente 2020
a cura di RAT (Residenze Artistiche Toscane)
in collaborazione con Fondazione Teatro Metastasio, Fondazione Toscana Spettacolo onlus, Centro di Produzione della Danza Virgilio Sieni
residenze artistiche presso Teatro Fonderia Leopolda, Officine della Cultura, Kanterstrasse, Murmuris, Kinkaleri, Teatro Caos