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Up to you, un festival per generare comunità

A Bergamo e nei vicini comuni di Brusaporto e Scanzorosciate torna la III edizione di UP TO YOU Spettacolo dal Vivo festival, dal 18 al 22 maggio. Ideato e realizzato da Qui e Ora Residenza Teatrale in sinergia con un collettivo di 20 ragazze e ragazzi del territorio, con un focus su nuove generazioni e decolonizzazione delle arti. Media Partnership.

Una delle sfide sempre urgenti per le arti performative, da riformulare e interpretare costantemente, è generare relazioni col nuovo pubblico. Più che un’esigenza di sopravvivenza, più che un’opportunità politica, è una pulsione strutturale di quelle discipline che frequentano il perimetro dei linguaggi contemporanei, là dove la definizione di percorsi nuovi è di per sé incontro, lungo una traiettoria critica, ma necessariamente espansiva. Ecco dunque due direzioni, due declivi naturali che seguono la ricerca e la vita: quello anagrafico, e quello socio-culturale. Up to you è un festival giovanissimo che giunge oggi alla sua terza edizione, ma che dimostra di saper leggere nei bisogni della contemporaneità facendo di quella sfida e di queste traiettorie il suo stesso codice genetico e poetico, a partire dalla direzione artistica condivisa fra la compagnia Qui e Ora Residenza Teatrale, realtà attiva nel territorio bergamasco dal 2007, e un gruppo di 20 fra ragazze e ragazzi under 25 di Bergamo e dintorni che hanno seguito insieme, per un anno, un percorso di formazione e di preparazione a fianco della stessa compagnia. «L’idea che viene portata avanti è quella di “imparare facendo”, in un percorso di tutoraggio in cui gli spunti teorici, dati da chi fa questo lavoro da professionista da anni, vengono colti e fatti crescere nella pratica dal gruppo».

Un sentiero di preparazione partito da una chiamata pubblica e che si è articolato fra visioni e studio del ciclo di vita di uno spettacolo, dalle sue esigenze organizzative all’inquadramento in un disegno artistico e comunicativo singolare, fra eventi collaterali e gli argini della sostenibilità economica. «Siamo partiti dalla condivisione di un’etica, per cui non si risparmia sul lavoro delle persone, non si contrattano cachet che non siano rispettosi» raccontano le artiste di Qui e Ora. E dunque l’organizzazione stessa non rappresenta una mera foresta di vincoli «ma una sfida per la creatività, che diventa ricerca delle modalità di incontro fra un evento e la sua location, fra uno spettacolo e il pubblico». Ed è certamente una sfida organizzativa quella di disseminare il festival oltre il perimetro della città Bergamo, nei piccoli centri di Brusaporto e Scanzorosciate i cui comuni, in sinergia con l’Assessorato alla cultura di Bergamo, hanno promosso e supportato il festival. Anche in un territorio ben innervato dalla rete del trasporto pubblico, a poca distanza da un macro-polo delle arti come Milano e vicinissimi ad un centro cittadino ricco di spazi della cultura come Bergamo, appare fondamentale il movimento verso una teoria di frazioni in cui il farsi prossimi è questione di quartieri, di chilometri, di paesaggi diradati e a volte sonnacchiosi della provincia.

Nella stessa prospettiva di espansione verso un’alterità vasta e variegata, il festival raddoppia la sua apertura alle nuove generazioni specchiando la compagine che ha curato e preparato la line up in un gruppo under 30 di visione critica e restituzione editoriale degli eventi e degli spettacoli in programma.  Come together è il titolo del percorso di formazione, visione e allenamento al decentramento dello sguardo in prospettiva interculturale e multiculturale, antirazzista e di decolonizzazione del pensiero, che si concretizzerà nella costituzione di una REdazione Meticcia (REM) temporanea, formata da giovani con differenti culture di origine e guidata dal nostro redattore Luca Lòtano. «Il problema della decolonizzazione delle arti è emerso da subito nel gruppo della direzione artistica, con un’energia e attraverso un punto di vista che sono stati per noi stesse spunto di riflessione». La Redazione Meticcia si confronterà con sei spettacoli, tre dei quali selezionati dal collettivo di direzione artistica under 25 fra gli oltre duecento visionati che avevano risposto alla call iniziale.

Gli altri di Corps Citoyen

Messi in pagina, questi tre lavori individuati dal gruppo evidenziano un chiaro affondo politico, aperto a linguaggi differenti ma che convergono nel punto improprio della messa in discussione delle narrazioni ereditate ed egemoni, secondo un disegno che appare oggi più che mai fondamentale nella tempesta di narrazioni mediatiche sugli “altri” delle guerre nel mondo. Topi del collettivo Usine Baug (Ermanno Pingitore, Stefano Rocco, Claudia Russo) guarda alle ferite del passato collettivo per interrogare il presente del corpo politico, a quel G8 di Genova dove l’identità ideologica di un fronte fino ad allora ritenuto comune si è infranto contro la real politik delle manganellate e del capitale nel cui reflusso ancora oggi viviamo. O di Lost movement (coreografia di Nicolò Abbattista, drammaturgia di Christian Consalvo, in scena Manolo Perazzi e Gioele Cosentino) mette in coreografia l’intimità di due corpi sullo sfondo degli stereotipi sessuali e di genere, sotto la metafora del campo da calcio come bios delle istanze omofobiche. Gli altri di Corps Citoyen è il lavoro più corale, che mescola linguaggi e formati per rinegoziare, a sua volta, la possibilità di nuove narrazioni, contro quelle coloniali e paternalistiche dell’anti-orientalismo egemone nei media di massa e nelle nostre coscienze.

Bozzoli di Creature Ingrate

Una selezione ristretta, ma densissima, organica e coerente, in cui si inseriscono con delicato mimetismo le altre scelte della compagnia Qui e ora. Bozzoli di Creature Ingrate (Silvia Torri, Rita Giacobazzi e Valentina Sansverino) sembra fare eco a O seguendo l’indagine a due voci sull’intimità dei corpi, in questo caso attraverso il linguaggio del teatro di figura e “di oggetti” (Bozzoli è vincitore del Premio Cantiere Risonanze Network 2021, della cui rete il festival è partner). Under the flesh di Bassam Abou Diab è una performance in cui il corpo danzante analizza la memoria viva della guerra, rinvenendo le strategie di sopravvivenza messe in atto dal corpo e attivando nello spettatore una riflessione sulla propria reazione al pericolo, sul potere creativo della sopravvivenza. Fa appello alle nuove tecnologie della VR Il Labirinto del Teatro dell’Argine, che immerge ogni spettatore-fruitore nel punto di vista di un adolescente, face-à-face con un collage di storie di sofferenza di propri coetanei. È questa posa dello spettatore, immerso e identificato con un corpo scenico allogeno, una valida metafora per raccontare la complessità di punti di vista che innervano questo festival, in cui l’apertura intergenerazionale non significa limitarsi alla scelta di sole compagnie giovani, ma nel più articolato avvicinamento di linguaggi, temi e dispositivi in grado di parlare a referenti eterogenei.

Redazione

Qui il programma del festival.

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