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L’amore del cuore. Carillon teatrale pronto ad esplodere

Recensione. Testo di Caryl Churchill e regia di Lisa Ferlazzo Natoli. Un progetto de lacasadargilla. Visto al Teatro Vascello

Foto Tiziana Tomasulo

Ci sono testi teatrali che hanno la felice caratteristica di far percepire la fatica del fare teatro; non è una questione di racconto metateatrale, ma proprio una capacità di mettere a nudo i sortilegi della scena e la sua umanità. L’amore del cuore di Caryl Churchill è tra questi. Scritta nel ‘97 e presente nei volumi pubblicati da Editoria & Spettacolo, la pièce viene messa in scena a Roma, al Teatro Vascello in una produzione de lacasadiargilla per la regia di Lisa Ferlazzo Natoli. Un’immaginaria rotta collega Monteverde dove è situata la sala fondata da Giancarlo Nanni e a lui intitolata con le Terme di Caracalla dell’Angelo Mai, dove in questi giorni andrà in scena, sempre di Churchill, Caffettiera Blu per la regia di Giorgina Pi (che della scrittrice inglese ha diretto anche Settimo Cielo e Not Not Not Not Not Enough Oxygen).

Rimaniamo nell’ambito anglofono per la regista romana, dopo l’Ubu (miglior regia) vinto per When The Rain Stop Falling (di Andrew Bovell), ma soprattutto rimaniamo dentro dinamiche familiari logorate e logoranti nelle quali il tempo è una dimensione evidentemente relativa. Certo, in questo caso non siamo di fronte a una saga familiare come accadeva per l’autore australiano, qui Natoli lavora su un testo piccolo per svolgimento drammaturgico, ma per il quale Churchill ha preparato un ordito complesso sul quale reiterare passaggi, di preziosi ricami. Un padre, una madre, una zia aspettano il ritorno di una figlia, è lei “l’amore del cuore” (“Heart desire” il titolo originale). La ragazza non arriva, qualcosa potrebbe essere accaduto, ma dove? Il tema è caro ad ogni latitudine, il ritorno di una figlia da un paese lontano, in questo caso l’Australia: al Vascello ci troviamo di fronte a un tavolo, il padre ritorna in casa, la madre e la zia sono già sedute, porcellane bianche per il tè, cucchiaini e microfoni, uno sulla destra nella zona abitata dal passaggio del padre e dai suoi soprabiti, altri sul tavolo e poi un altro pende dall’alto sulla sinistra. Nell’Amore del cuore (la traduzione è di Laura Caretti e Margaret Rose) la tensione è tutta sul linguaggio, non solo verbale – come accadeva pure in Caffettiera Blu, i due testi costituiscono infatti un dittico – ma pienamente teatrale. È nello specifico teatrale che agisce Churchill, in quello stare in scena degli attori con i propri corpi, nel dover affrontare il palcoscenico e i personaggi a cui dar voce. Ecco allora che quando il narratore ferma il gioco viene fermata non solo la storia ma proprio l’azione teatrale e il “si ricomincia da” diventa per il pubblico un segnale, una convenzione che permette di entrare nel divenire stesso del processo scenico. Ogni volta il dialogo sembra essere tangenziale a una nuova crisi, a una nuova esplosione ed è proprio lì, sull’orlo del precipizio che tutto viene fermato: si ricomincia da quando il padre entra in casa. Talvolta la scena può riprendere con una variazione di velocità o attraverso effetti di sintesi o elisione; si fa a meno di alcuni brandelli del discorso, bisogna intuire fino al giro successivo. Queste ripartenze, che rompono l’illusione e la densità rappresentativa, oltre che la trama, non solo avvicinano lo spettatore alla scena, alla fatica del teatro, al suo carattere fisico ed effimero allo stesso tempo (rendendo così ancora più tangibile l’impermanenza dell’opera performativa), ma creano anche inattesi, eppure naturalissimi, cortocircuiti tra l’attore e il personaggio. Non è un caso che la regista nelle note di accompagnamento scriva che «l’attore è costretto a prendere posizione sulla scrittura stessa, assecondandola, fraintendendola o ‘sabotandola’».

Foto Tiziana Tomasulo

Ad ogni fermata e ripresa gli interpreti sembrano accumulare qualcosa, come se alcune ombre di quel testo apparentemente innocuo e semplice rimanessero attaccate, continuando a ramificarsi nella loro attitudine. È evidente nell’interpretazione potente e sofisticata di Francesco Villano, il cui dolore di padre per il mancato ritorno della figlia chiazza di metastasi i suoi umori e le sue intenzioni per poi aprirsi improvvisamente a pulsioni perverse; oppure nelle inflessioni ironiche di Fortunato Leccese (che si sta segnalando come una delle voci più suggestive e riconoscibili del nostro teatro), nelle esplosioni controllate della madre Tania Garribba e in quella qualità invece più lunatica e surreale in cui Alice Palazzi riesce ad emergere meglio.

Ad ogni giro di giostra ci sono però delle fenditure nella trama, e qui si inserisce con perizia, compostezza e determinazione la regia di Natoli che è un’orchestrazione sì dell’impianto dialogico ma anche dell’immaginario con il quale Churchill evoca sorprendenti apparizioni: uno struzzo, una folla di bambini per esempio; invenzioni sonore, di Alessandro Ferroni, oppure iconografiche nelle proiezioni di Maddalena Parise. È un gioco serissimo questo della compagnia lacasadargilla, non si vorrebbe lasciarlo dopo gli applausi, ma farlo ripartire ancora una volta per dare a quelle anime, e dunque alle nostre, un’altra possibilità.

Andrea Pocosgnich

MAISIE Non ti svegli mai la notte spaventato al pensiero di morire? Di giorno non me ne preoccupo. Dobbiamo andarcene tutti in fin dei conti. Pensa quanta gente l’ha già fatto. Anche i giovani dovranno farlo, anche quelli che non sono ancora nati, non è un problema teorico, è la condizione del vivere. Non ho paura di una vita dopo la morte, beh forse un po’, preferirei che non ci fosse, e tu? Immagina, trovarti morta, sarebbe spaventoso, ma forse potrebbe non esserlo, non lo sappiamo, di fatto credo che semplicemente ci fermiamo. Credo che o siamo vivi o non sappiamo niente, così la morte non ci succede mai veramente, eppure qualche volta di notte mi sento raggelare il sangue e penso cos’è che mi spaventa e poi penso oh! è la morte. Sarà lei, di nuovo e io –

Si ricomincia da subito dopo “Sarà lei”.

L’AMORE DEL CUORE
di Caryl Churchil
un progetto de lacasadargilla
regia Lisa Ferlazzo Natoli
con Tania Garribba, Fortunato Leccese, Alice Palazzi, Francesco Villano e con Angelica Azzellini
suoni ambienti e spazio scenico Alessandro Ferroni
luci Omar Scala
immagini Maddalena Parise
costumi Camilla Carè
aiuto regia Flavio Murialdi
foto di scena Sveva Bellucci
comunicazione Margherita Masè
traduzione
Laura Caretti e Margaret Rose
una produzione Teatro Vascello La Fabbrica dell’attore e lacasadargilla
con il supporto di Theatron Produzioni
con il sostegno di Bluemotion

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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