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#sottocento. Riconoscere il ruolo degli artisti nelle comunità locali

#sottocento. Inchiesta sui piccoli spazi teatrali indipendenti a un anno dalla pandemia. Nel 9° appuntamento intervistiamo Michele Bandini ed Emiliano Pergolari di Spazio Zut (Foligno)

#sottocento vuole indagare insieme alle direzioni artistiche degli spazi più esposti (piccoli teatri, indipendenti, ecc.), quali siano state le problematiche affrontate e da affrontare, quali le strategie di sopravvivenza messe in atto – economiche  artistiche e umane. Leggi l’introduzione completa

Abbiamo posto le 6 domande di #sottocento a Michele Bandini ed Emiliano Pergolari di Spazio Zut (Foligno)

Quali attività avete messo in campo per reagire a quest’anno di pandemia?

La risposta dello ZUT! sia per il lockdown di Marzo che per questa altra fase per certi versi simile, si è articolata su alcune coordinate specifiche. Già a fine Febbraio dello scorso anno ci è sembrato giusto chiudere del tutto lo spazio e sospendere le attività in presenza con l’intento di salvaguardare la nostra salute e quella dei frequentatori ma sin da subito abbiamo ritenuto questo stato di sospensione come una possibilità di ricerca. Siamo stati sempre abituati a lavorare in condizioni di criticità e incertezza vista la nostra storia di artisti e curatori in questo settore, pertanto abbiamo reagito attivando un ragionamento interno al gruppo di lavoro che potesse da un lato aiutarci a crescere e dall’altro aiutarci a ripensare collettivamente le azioni future rivolte alla comunità e agli artisti. Abbiamo cercato altri modi per continuare, almeno una parte dell’attività, riformulando, rimodulando e inventando percorsi.

Le residenze artistiche quando la situazione normativa lo ha permesso sono proseguite, sia in presenza con protocolli strettissimi e tamponi, ma anche individuando la possibilità di sfruttare i canali digitali per l’accompagnamento degli artisti e le compagnie. C.U.R.A., (Centro Umbro di Residenze di cui ZUT! è parte) e le altre residenze del territorio nazionale, nonostante le difficoltà e le restrizioni hanno assicurato concreto sostegno ad artisti e compagnie, confermandosi come dei presidi culturali e sociali che forse più di altri hanno saputo “intercettare e interpretare il presente” e, allo stesso tempo, indicare delle prospettive di lavoro comune per la rinascita di tutto il sistema.

La risposta più reattiva al Covid-19 è stato il radiodramma, “La Quarantena del Signor Zut”, progetto di Michele Bandini nato proprio durante il primo lockdown, che racconta la vicenda e il confinamento di un personaggio immaginario e atipico, simbolo e anima dello stesso ZUT!

Questo progetto, insieme ad altri, come ad esempio Il telefono senza fili ci ha consentito di tenere vivo un legame con la comunità di pubblico, artisti e operatori che seguono le nostre attività.

Inoltre i nostri numerosi laboratori teatrali, che rappresentano un legame fertile e profondo con la comunità, sono andati avanti sulle piattaforme online ad Aprile e a Maggio e sono diventati #iorestozoegarage, una rubrica settimanale social in cui abbiamo provato a raccontare quello che era successo fino a quel momento e a reinventare i percorsi con i partecipanti attraverso forme espressive legate all’audio e al video.

In questa seconda fase, ovvero, a partire da Ottobre 2020 constatato che i nostri laboratori teatrali non sarebbero potuti ripartire, abbiamo attivato per le altre guide un momento di approfondimento e di confronto poetico e teorico online.

Abbiamo inoltre sentito il bisogno all’interno di C.U.R.A., di provare ad utilizzare questo momento, per elaborare e sperimentare nuovi percorsi di pensiero, attivare strumenti che potessero in qualche modo ridefinire il ruolo della cultura e della creazione artistica nella società civile, anche magari ripartendo dalle proprie pratiche.

Da questa esigenza è nato il progetto Fase X, un percorso formativo e creativo online condotto da esperti e operatori del settore culturale e digitale, rivolto ad artisti performativi pensato e costruito per aiutarli a sviluppare il loro percorso artistico e stimolarli a confrontarsi su alcune domande rispetto al proprio fare o su teorie e pratiche artistiche raccontate dai formatori, ma anche su come rapportarsi con il nuovo spazio pubblico digitale e come poter strutturare in esso un nuovo rapporto con il pubblico. 

Il dibattito attivato con Fase X, è proseguito con Fase Y, una residenza creativa digitale dedicata ai curatori e agli operatori nazionali che si è appena concluso.

Fase Y è un percorso partecipativo e di confronto interattivo e dialogico portato avanti nel corso delle sessioni di lavoro, durante le quali dieci curatori di tutta italia, sono stati chiamati a immaginare insieme nuove prospettive possibili, attraverso un confronto che ci piace pensare sia stato proficuo per una crescita comune, per provare a ridefinire nel confronto con gli altri, i nostri rispettivi ruoli all’interno del comparto dello spettacolo dal vivo e delle comunità in cui operiamo.

Il percorso si è concluso, il 27 Marzo, con un incontro pubblico nazionale, una prova aperta della residenza che ha ulteriormente ampliato lo spazio di confronto ad altri attori del sistema dello spettacolo dal vivo.

Il giorno dopo, C.U.R.A. ha proposto anche la performance online Liminale di Alice Gosti, sostenuta alla fine del percorso di Fase X, un lavoro molto interessante e intelligente che si svolge interamente su piattaforma Zoom.

Il rafforzamento e l’implementazione delle reti nazionali di cui ZUT! fa parte, sono stati un’ulteriore prospettiva di lavoro, soprattutto in un periodo di l’isolamento forzato come questo.

Individuare delle nuove forme di collaborazione e di alleanze, è stato uno strumento reale di crescita grazie al confronto su alcuni temi teorici e metodologici, e ci ha permesso, attraverso azioni condivise, di dare sostegno concreto agli artisti e alle compagnie. Reti come In-Box, Lo Stato dei Luoghi, Risonanze, o il Coordinamento Nazionale dei Centri di Residenza, si prefigurano come contesti molto diversi, ma per vari motivi di grande stimolo per il nostro percorso.

Alla base di tutta l’attività e la progettualità c’è comunque l’idea che il digitale e le varie piattaforme online, coi loro limiti, possono rappresentare senza dubbio un’opportunità. Crediamo che l’incontro dal vivo e la condivisione dei luoghi e dei tempi, sia con gli artisti che con il nostro pubblico, abbiano un valore diverso e non paragonabile alle attività online, ma siamo anche consapevoli che la qualità di questo incontro reale deve realizzarsi in completa sicurezza. Pertanto lavoreremo come abbiamo sempre fatto rispondendo in modo attivo e vitale alle difficoltà, consapevoli che non si può fare altro che lavorare nella difficoltà, cercando e valorizzando tutto ciò che abbia in sé, segni di vitalità ed entusiasmo.

Quali contributi statali, regionali o comunali siete riusciti a intercettare?

Diciamo che rispetto all’ordinario l’unico contributo sostanziale che ci è stato riconosciuto è l’Extra Fus di Maggio 2020 che ci ha permesso in qualche modo di tamponare una parte della grande perdita dovuta alla chiusura. Oltre questo contributo una tantum, ci siano avvalsi, per qualche mensilità’, anche della CIG. Strumenti utili e necessari per la sopravvivenza in questa fase così fumosa e incerta.

Abbiamo inoltre ricevuto il contributo della regione Umbria relativa alla legge regionale n.17 e costantemente siamo attivi nella progettazione culturale su più fronti partecipando a bandi, nazionali e regionali.

Valutando la situazione attuale dal punto di vista economico e organizzativo, quanto potete sopravvivere ancora?

Difficile a dirsi. Crediamo, da questo punto di vista, che l’aver, almeno in parte, mutato forma e prospettiva ci abbia aperto nuove possibilità e nuovi percorsi utili anche alla sopravvivenza. Certo, non è semplice, anche perché il ragionamento diventa in qualche modo doppio su tutte le questioni. Stiamo lavorando più di prima sul fronte della ricerca di fondi e crediamo sia una via necessaria in questa fase così’ complicata. La sostenibilità’ va ricercata tutti i giorni, soprattutto quando, in ogni caso, si decide di portare avanti, con grande fatica, una progettualità come la nostra che ha dei costi non indifferenti in termini di personale esterno, interno, gestione, utenze e affitto. Non avendo certezze, in questo momento, riguardo ad alcuni dei nostri progetti più rilevanti, ci stiamo trovando in difficoltà’ a garantire la copertura nei nostri stessi stipendi

Con le condizioni sanitarie attuali riaprireste il vostro teatro?

Per quanto riguarda le attività di pubblico spettacolo o di formazione probabilmente no per ora. La risposta è affermativa invece per quanto riguarda le attività di residenza a porte chiuse, se sarà ancora possibile, con compagnie che si attengono ai protocolli. Come già detto siamo consapevoli dell’importanza di essere presenti come presidi culturali per gli artisti e le compagnie che in questo momento di stop non possono fare altro che lavorare in sala e prepararsi al meglio per la riapertura. Crediamo inoltre che in questa fase, non solo per necessità pratiche, quanto più che altro per ragioni etiche e poetiche, che forse i teatri debbano aprirsi per uscire e non solo per accogliere, uscire dalla mura fisiche per incontrare le comunità, immaginare nuove pratiche e mescolarsi alla società civile per sperimentare nuove forme di prossimità tra arte e società, tra cultura, città e paesaggio, che sia umano, urbano e naturale.

Cosa chiedete alla politica nazionale, agli enti locali e alle grandi istituzioni culturali (teatri pubblici, musei, università, fondazioni) ?
Innanzitutto, in una fase delicata come questa riteniamo fondamentale che le istituzioni si mettano realmente in ascolto e in dialogo con il mondo dello spettacolo, che provino cioè a capire fino in fondo le difficoltà e le criticità presenti così da poter immaginare possibili modi, non solo per sostenerlo, ma anche per costruire, anche in maniera condivisa e partecipata, percorsi e processi di costruzione e ricostruzione del tessuto sociale, in una visione in cui l’arte e la cultura non siano accessori ma centrali in una prospettiva più ampia.
Tutto questo non è semplice e richiede uno sforzo di comprensione che ora più che mai ci sembra utile da parte di tutti, a cominciare dalle stesse istituzioni, locali o nazionali. E chiederemmo che tutto ciò venisse attivato a partire dal riconoscimento del ruolo rigenerativo e connettivo degli artisti all’interno delle comunità locali, regionali e nazionali, come interlocutori necessari al pari di tutti coloro che lavorano per il bene sia materiale ma anche immateriale di cui la società civile ha bisogno. Un riconoscimento auspicato che non può prescindere dall’inquadratura del comparto dello spettacolo dal vivo e di tutte le sue componenti come un insieme di professionisti, e pertanto di lavoratori, che devono poter essere messi in condizioni di operare nel rispetto della dignità umana e professionale.

Ci raccontereste un’attività, messa in campo in questo periodo da un’altra realtà teatrale, che vi ha interessato o colpito?

L’azione che più ci ha colpiti è stata quella compiuta dal Teatro delle Albe di Ravenna, che ha redistribuito i finanziamenti a gruppi e compagnie giovani con poetiche molto eterogenee e dislocate su tutto il territorio nazionale.

Ci è sembrato un gesto coraggioso, trasversale e concreto di sostegno alla produzione e alla creazione di artisti che per tipologia di intervento e per contesto altrimenti avrebbero avuto difficile accesso ad altre forme di aiuto per le proprie attività

Michele Bandini, Emiliano Pergolari Spazio Zut

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