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Paolo Mazzarelli, solo nel buio di Soffiavento

Recensione. Soffiavento è il debutto da solista di Paolo Mazzarelli. Visto a Primavera dei Teatri 2020

Tra gli spettacoli visti di recente, in questa finestra estiva e in parte autunnale chiusasi qualche settimana fa, ce n’è uno che torna spesso alla mente, forse perché è riuscito a fare rappresentazione di questo nostro essere assediati ormai da mesi. Le cronache giornalistiche sulla pandemia e i racconti di amici e parenti danno proprio il senso di accerchiamento, banalmente questa condizione mi riporta con facilità al volto di Paolo Mazzarelli, di questo suo personaggio strano, istrionico, perturbante e al limite, Pippo Soffiavento.

Così comincia la drammaturgia di Mazzarelli, Pippo è disteso sulla poltrona del suo psicanalista: «Un assedio immaginario…Siamo forti abbastanza da resistere ad un assedio immaginario? Questa è la domanda.»

Soffiavento. Una navigazione solitaria con rotta su Macbeth è uno spettacolo in cui è visibile la scrittura, a tratti visionaria, già apprezzata negli spettacoli creati insieme a Lino Musella: quelle architetture teatrali in cui le trame si intersecano ai diversi piani narrativi e in cui i livelli temporali non servono a chiarificare ma a conferire complessità e disallineare gli eventi da una linea retta e semplicistica; un teatro che procede per curve, sbalzi, salti e ritorni in cui lo spettatore deve rimanere vigile e interrogare la propria percezione e comprensione.

Tutto questo si agita, sottotraccia, anche in un lavoro apparentemente più semplice, un monologo nel quale lo svolgimento però è bloccato nella sua falsa partenza; nel quale il piano metateatrale in realtà è usato come un piano altro del racconto e non come un’apertura della rappresentazione verso l’esterno. La quarta parete rimane in piedi anche quando lo spettacolo sembra averla buttata giù, Mazzarelli è ancora il suo personaggio, è Soffiavento ad aver interrotto la pièce, perché è solo nella rappresentazione che Pippo Soffiavento può vivere e ritrovare il proprio tragico destino.

Il protagonista, un artista acclamato sui palcoscenici più importanti del mondo, è assediato: nel suo camerino squilla un telefono, qualcuno dall’altro capo lo esorta a stare attento. Ma chi è quest’uomo braccato e brancolante nella nebbia, che ritrova, come ultimo vessillo, le parole di Shakespeare? E qui con la solita abilità Mazzarelli fa entrare lentamente, e poi con maggiore densità, le ombre del Macbeth, non la vicenda intera, ma solo brandelli, strappi di poesia. Come se Pippo Soffiavento avesse preso a morsi la storia del barone di Glamis per poi masticarla insieme alla propria biografia di artista fintamente radicale, di teatrante in grado di percepire il palcoscenico solo come un’estensione di se stesso o del proprio ego.

Pippo è sulla poltrona di uno psicoterapeuta, Pippo è in camerino, Pippo è al centro del palco e parla con gli spettatori, Pippo è nel mezzo con un fucile agganciato a una lunga corda rossa che perimetra lo spazio e si fa poi centro di un labirinto, fuoco di una impossibile via d’uscita.

Mazzarelli inventa un personaggio che è una sorta di bambola fatta di specchi, si infrange subito e nei pezzi possiamo riconoscere un po’ del nostro teatro, alcuni degli artisti acclamati appunto, ma non vuole fare una caricatura Mazzarelli o una parodia (anche se alcuni indizi portano diretti alla figura di Pippo Delbono), il tentativo è proprio quello di mettersi al fianco di un personaggio così debordante, così lontano dal proprio autore. Ecco allora che si scorge anche un certo affetto nell’interpretazione, o quantomeno una sorta di comprensione, per questa anima in pena che si ritrova assediata da qualcosa di invisibile: la vita di fuori, il successo, gli spettatori che vorrebbero comprendere qualcosa, quel particolare critico che non lo ha mai elogiato e dal quale brama un pensiero, una parola, come fosse un atto d’amore non corrisposto. Pippo è angosciato dal dover dimostrare il proprio talento, dalla necessità di essere accolto da una comunità artistica, dal bisogno di essere compreso e amato. Gli spiriti con cui deve lottare sono lame invisibili e il suo autore lo sa bene perché in questa condizione di assalto permanente sembrano vivere spesso gli artisti del nostro teatro, sempre assediati, sempre di fronte a un esame.

Sono determinanti le scene di Paola Castrignanò, i suoni originali di Luca Canciello, come le luci di Luigi Biondi fondamentali per creare gli spazi, atmosfere e inquadrare i diversi squarci drammaturgici; questo assolo di Mazzarelli, prodotto da Theatron 2.0, vive anche di momenti comici, fatti di stralunata leggerezza, che per alcuni spettatori potrebbero sembrare fuori luogo, e per certi versi lo sono, ma sono anche figli di un approccio libero e radicale.

D’altronde  noi, che proprio ora brancoliamo nel buio, in attesa di un’epifania risolutiva in grado di rimettere in sesto il mondo (per dirla con Shakespeare), non possiamo che capirlo, Pippo Soffiavento, quando confonde la realtà e la poesia del teatro chiedendo, come fosse Macbeth, quell’armatura in cui nascondere la propria solitudine:

-La mia armatura, qualcuno può portarmi qui la mia
armatura? Voglio qui la mia armatura.
-Si, lo so, ma siccome tutti non fanno che gridare
“l’assedio, l’assedio!”…Io dico che è un assedio
immaginario, però, nel dubbio, che mi si porti qui la mia
armatura…

Andrea Pocosgnich

Ottobre 2020, Castrovillari. Primavera dei Teatri

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SOFFIAVENTO
Una navigazione solitaria con rotta su Macbeth

uno spettacolo di e con Paolo Mazzarelli
scene Paola Castrignanò
sound design e musiche originali Luca Canciello
disegno luci Luigi Biondi
immagine locandina GIPI
produzione Theatron Produzioni
con il supporto di Centro Teatrale Umbro | Angelo Mai

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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