Il Teatro di Roma inizia un processo di trasformazione della carica di direttore, ora ricoperta da Giorgio Barberio Corsetti. Una riflessione e qualche dubbio sul processo in atto.
aggiornamento 30 maggio 2020: Leggi il comunicato del Teatro di Roma
È una sera tranquilla, c’è silenzio intorno, poi d’un tatto lì fuori s’avverte un rumore imprevisto, un colpo secco e lancinante: una bomba? Un omicidio? Un attentato? Poi ci si affaccia, non senza timore, ma ci si ricorda che tra poco è Capodanno e i ragazzi ci scherzano su con i soliti mortaretti, con i giochi di una paura compressa, tra il gesto divertito e l’effetto eversivo della polvere esplosiva. È simile la sensazione che si ha, in questi mesi, a proposito del crescente (o forse cresciuto, forse già attenuato) dibattito sulla direzione del Teatro di Roma – Teatro Nazionale, guidato da Giorgio Barberio Corsetti. Sui social media e sui blog c’è stato un richiamo d’attenzione circa una vicenda non chiara, in apparenza: da alcuni mesi, come dichiara il 5 maggio 2020 in un’intervista concessa a Rodolfo di Giammarco su La Repubblica, Corsetti avrebbe condiviso una diversa formula con il presidente dell’Associazione Teatro di Roma Emanuele Bevilacqua, al fine di ripensare un nuovo assetto dirigenziale, scorporando cioè la figura amministrativa da quella artistica e di programmazione, fin lì ricoperte dallo stesso direttore. Si legge nell’intervista un sensibile panorama di serenità, dal momento che il direttore artistico, con simili prospettive, evidenziate dallo stesso Corsetti, sarebbe più libero proprio di svolgere la complessa funzione di ideare e programmare, seguendo anche il filo di una molteplice offerta internazionale (alla quale peraltro, in questa sua prima stagione, ha dato particolare importanza).
E dove sarebbe, dunque, lo scandalo cui alcuni hanno fatto riferimento? Con un ritmo singhiozzante e flemmatico, dovuto a molti fattori, questo cambiamento nei fatti non è ancora avvenuto e le deleghe amministrative dal direttore sono fin da subito passate nelle mani del presidente. Pertanto, stando a un banale controllo di trasparenza, risulta un po’ confuso l’organigramma attuale del Teatro di Roma. Ma andiamo con ordine: questa proposta, se frutto di un ripensamento interno, avrebbe dovuto in ogni caso passare per le riflessioni accurate (quindi con tempi da stabilire) dei soci del teatro – Comune di Roma, Regione Lazio e MiBACT – e successivamente essere discussa e approvata dal consiglio di amministrazione che tuttavia, ai primi di marzo, è andato in scadenza e con esso, di conseguenza, anche lo stesso presidente che dal cda è di regola eletto. Se a questa difficoltà burocratica aggiungiamo l’avvento dell’emergenza pandemica, cui siamo stati costretti fin dallo stesso periodo, non è difficile immaginare come un simile processo risulti bloccato e ancora in via di attuazione, con un cda in regime di proroga, prima nei termini di un naturale disegno di gestione, poi per sopravvenute priorità emergenziali. Ecco dunque spiegato l’intoppo, sul quale troppa polvere s’è alzata: l’effetto domino di urgenze in sequenza imprevista ha fermato una trasformazione in essere che, se si considerano tutte le voci da ascoltare e una formulazione tutt’altro che standardizzata, non può non essere lunga e solo forse anticipata con eccessiva avventatezza.
Ma se questo processo non dà l’idea di coprire chissà quale fosco orizzonte, né i lavori del teatro si sono fermati anche in piena emergenza, anzi forse, proprio in questo periodo, l’idea artistica del direttore ha preso una forma di alto valore non solo simbolico, qualche dubbio al futuro raggiunge un’osservazione in corso d’opera: a fronte del trattamento economico calcolato nel contratto del direttore, decurtato di una fetta che però in parte è riassorbita dalla già prevista figura di consulente per il Teatro India, chi troverà le risorse per aggiungere una nuova figura amministrativa che affianchi quella artistica? Al momento, le sole informazioni che l’amministrazione trasparente offre rispetto agli incarichi direttivi, danno per cessato il contratto di “direttore” di Corsetti al 29/02/2020, con conseguente firma sul biennale da “direttore artistico”, iniziato il 02/03/2020 e valido fino al 30/04/2022, il quale vede un ridimensionamento del compenso economico che dai 130.000 € scende ai 98.000 €. Contemporaneamente, con le stesse date di incarico, la consulente per il Teatro India Francesca Corona firma un nuovo contratto biennale con un adeguamento economico dai 30.000 € ai 45.000 €. Ma se questo nuovo assetto dovrà essere frutto di una riflessione di tutte le parti chiamate in causa, perché già firmare in fretta a fine febbraio nuovi contratti con un cda in scadenza?
Alle domande di natura economica fa seguito qualche pensiero proprio sulla previsione di un nuovo assetto: avendo già il Teatro di Roma una figura che corrisponde a un ruolo dirigenziale di “direttore operativo”, coperta fino al 31 dicembre 2021 da Paola Macchi con una retribuzione base di 90.000 € (più bonus fissati a 15.000 €), come si innesterà la nuova figura per cui il teatro prossimamente dovrebbe pubblicare una manifestazione di interesse? E in ultimo: a stagione in corso e con progetti pluriennali già stabiliti dal direttore artistico, quale potere manageriale avrà un direttore amministrativo a decisioni già prese?
Lasciamo qui le domande a promemoria per una futura intervista, al momento ritenuta un po’ prematura dai vertici del teatro – ma è comprensibile – con nomine ancora da effettuare. Ci auguriamo presto di poterle rivolgere a qualcuno, queste domande, una volta capito chi avrà, un giorno che si spera non lontano, il ruolo necessario per rispondere.
aggiornamento 30 maggio 2020: Leggi il comunicato del Teatro di Roma
Simone Nebbia
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Beh intanto da bando e statuto del Teatro di Roma NON può esserci un direttore amministrativo. Sarà il direttore a decidere se essere amministrativo e delegare ad altri la direzione artistica.
In questo caso la direzione artistica sarà imposta?
Perché il contratto di Francesca Corona da annuale è passato, al momento della mancanza di un direttore artistico a due anni?
I numeri dell’articolo sono fuorvianti perché il compenso di Corsetti si abbassa ma si alzano i bonus.
E soprattutto un teatro che paga il 70/30 ad alcune compagnie, può permettersi più di 50.000 di compenso rispetto alla direzione precedente (Calbi prendeva meno), che andrà maggiorata del compenso del Direttore prossimo che ha responsabilità penali (cosa che i consulenti non hanno)?
Anche se il direttore nuovo prendesse “solo” 50.000 euro, rispetto alla direzione di Calbi ci sarebbe una spesa per i dirigenti di 100.000 in più. Sapete quanti cachet o minimi garantiti si potrebbero dare alle compagnie? Quante aperture di sipario si perdono?