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Silvia Rampelli. Riscoprire la materia

Abstract un’azione concreta è il dispositivo ideato da Silvia Rampelli (Habillé D’eau) che ha aperto Grandi Pianure, la rassegna di danza contemporanea al Teatro India. Recensione

Foto Ufficio Stampa

Una sospensione dalla «violenza del reale» si dice nelle note di regia e durante la visione è quel che si prova: l’allontanamento dal rumore, la riscoperta del tempo, la calma posata di uno sguardo, l’ascolto contemplativo della dinamica dei corpi. Quasi potremmo essere certi di sentirne il respiro. Ideato e diretto dalla coreografa e ricercatrice laureata in filosofia Silvia Rampelli (Premio Ubu 2018) – fondatrice nel 2002 del progetto di indagine performativa Habillé D’eau condiviso con Alessandra Cristiani, Gianni Staropoli, Eleonora Chiocchini e Valerio SirnaAbstract un’azione concreta apre Grandi Pianure, gli spazi sconfinati della danza contemporanea, rassegna curata da Michele Di Stefano con l’intento di presentare «obliquità, vicinanze e riverberi» della ricerca coreografica nazionale e internazionale.

Vasto è lo spazio scenico del Teatro India, vuoto profondo e dilatato tanto nella larghezza che lunghezza, «il campo» dato e circoscritto è definito dall’indicazione del tempo, «un anno dopo», apparsa didascalicamente sul fondo: prima viene il dopo, e poi segue il presente. Definire la concatenazione temporale risulta indispensabile per consegnare la pratica dell’azione allo scandire dei battiti, si sente a cadenza il suono di un clik, un avvio? Forse una pausa? Oppure uno stop? E la luce, di Fabio Sajiz, invece non attiene a nessuna temporalità ma illumina per dare nettezza alle figure, stagliandole e sublimandole nella loro semplicità espositiva. Tre corpi entrano nel campo come tre atomi in movimento, ne osserviamo la prossemica interessati a cogliere l’emersione della fisica di quell’agire performativo e non la sua espressività narrativa. Cristiani, Chiocchini e Sirna sono enti, le cui partiture gestuali sono fissate all’interno di una scrittura che rinuncia a rappresentarsi scegliendo piuttosto di «stazionare».

Foto Ufficio Stampa

Dapprima singolarmente su una sedia, poi in duo, frontalmente, di lato, tentando di coesistere come trio, gli interpreti si percepiscono toccandosi, si ascoltano nei vettori disegnati, si relazionano con l’entrata di un cane e il suo infastidito latrato. Il cane è la bestia, i performer invece sembrano essere privi di animalità perché meccanicisticamente mossi da un determinismo scenico. I colori degli abiti indossati fanno risaltare i tre connotandone una diversità, i capelli, biondi, rossi e corvini, sono le estremità mobili ma indeterminate che fendono lo spazio e il tempo. Anche quando la danza isolata e spazialista, a voler bucare la dimensione data, di Chiocchini tenderà a una sorta di fissione dagli altri due e sembrerà rivolgersi allo spettatore, anche quella si presenterà come deviazione spontanea e casuale: atomo in caduta libera nel vuoto dello spazio. Una «e» apparirà sul fondo a indicare proprio la necessità di una naturale congiunzione, che potrebbe però non verificarsi.

«Ineludibile piano sequenza sulla materia, sul suo volto interrogante» è Abstract secondo Rampelli perché la sua è una “danza clinamen” composta di corpi che non cedono alla narrazione, non raccontano altro che la bellezza del loro dinamismo incarnata da tre interpreti le cui fisionomie sono già performative. L’esterno del reale e il suo fragore rimane fuori da questa azione concreta, il suo interno è in movimento ma silente, i corpi non emettono suono, l’incontro tra loro è in tensione, il distacco consequenziale. Abstract è la riscoperta del piacere della noia e della contemplazione, è la nostra autonomia dalla violenza, il bisogno di una necessaria fuga dal pensiero complesso per poter tornare finalmente alla semplicità della materia.

Lucia Medri

Teatro India, Roma – febbraio 2020

ABSTRACT UN’AZIONE CONCRETA

Abstract
Un’azione concreta
H a b i l l é  d’ e a u
ideazione e regia Silvia Rampelli
danza Alessandra Cristiani, Eleonora Chiocchini, Valerio Sirna

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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