HomeArticoliLe metamorfosi di Città di Ebla: per liberare il corpo dalle...

Le metamorfosi di Città di Ebla: per liberare il corpo dalle prigioni della quotidianità

le-metamorfosi-citta-di-eblaLa mutazione corporea corrisponde, per la compagnia Città di Ebla, ad una liberazione dell’istinto animale all’interno delle soffocanti prigioni della quotidianità. Presentato durante la quarta edizione del festival Teatri di Vetro, negli spazi del centro sociale Angelo Mai di Roma, Le metamorfosi è la rilettura dell’omonimo racconto di Franz Kafka nel quale si narra della trasformazione in scarafaggio del giovane Gregor Samsa. La mostruosità dell’alterità è per l’autore boemo il mezzo per raccontare i meccanismi perversi delle relazioni sociali, la dipendenza dal contesto familiare che costringe ad un oppressivo egoismo e una superficiale bestialità.

Città di Ebla prova a liberare il racconto kafkiano da ogni percorso di lettura prettamente psicologico per trasportare il motivo della trasformazione su un piano puramente fisico. Di carne, di pelle e muscoli vive, infatti, questo spettacolo che trova incarnato il giovane Samsa nel corpo del performer Alessandro Bedosti. Nello spazio dell’Angelo Mai, la compagnia costruisce una macchina scenica, una teca nel cui interno è riprodotta fedelmente una stanza da bagno. Sulla destra di questa piccola prigione domestica, nel buio, una poltrona culla il performer che, entrato in scena, ascolta i numerosi messaggi della sua segreteria telefonica. Tra tutte le voci di conoscenti, amici e colleghi, spicca quella di un enigmatico padre con il quale il protagonista avrebbe un imminente appuntamento. E’ proprio dopo tale messaggio che Bedosti entra nel bagno, apre il rubinetto della vasca e lentamente si avvicina al lavandino per guardarsi allo specchio. In questo spazio privato, spiato dagli occhi del pubblico, ha inizio il lento processo di mutazione. I movimenti del performer sono spasmi violenti che disarticolano gli arti per costruire figure irregolari e complesse, permeate da un mostruoso istinto animalesco e dall’abbandono di ogni legge fisica e corporea. Il dislocarsi della struttura fisica del performer e la sua conseguente mutazione è un processo di ribellione verso il controllo che le istituzioni detengono sul comportamento fisico. Bedosti si spoglia come se le sue vesti fossero la pelle di un serpente, il suo corpo appare bianchiccio, malato; l’acqua scorre rapida bagnando la vetrata frontale che chiude la scatola scenica, i rumori amplificati sono tonfi sordi e gelidi, le gambe e le braccia si arrampicano come zampe d’insetto sui muri. Quando il performer uscirà dalla stanza, la scultura plastica di un ragno lo attenderà nel buio. Solo dopo averla indossata Bedosti potrà concludere la sua mutazione mentre uno schizzo di vernice rosso scuro, scolando lentamente, coprirà come inchiostro la parete di vetro.

L’estetica utilizzata da Città di Ebla per mettere in scena questa personale rilettura di Kafka richiama alla memoria le mutazioni corporee descritte dal più cruento Cronenberg e le atmosfere fumettistiche del più pop Sam Raimi. Eppure, proprio questa estetica, finisce per indebolire certi meccanismi dello spettacolo. Nel bagno immacolato e perfetto, costruito da Città di Ebla, le possibili vie narrative si perdono appiattendo movimenti e figure ad una lettura che appare come la semplice imitazione degli scritti kafkiani. Lo spettacolo sembra estremamente ancorato all’immaginario collettivo sulla mutazione (non a caso si riportano alla memoria Cronenberg e Raimi), esplicitato qui fino all’estremo. Le metamorfosi di Città di Ebla si apre certamente ad elementi estremamente poetici, ma li lascia dissolvere nella mancanza di quel sano non detto, di quell’ambiguità che possa essere territorio da esplorare attraverso lo sguardo, piattaforma di riflessione o semplice atmosfera di orrore e meraviglia. E lo scarto tra la metafora della trasformazione del giovane Gregor Samsa e quella del talentuoso Bedosti, anche se presente, rischia di passare inosservato.

Matteo Antonaci

visto il 16 maggio 2010
Angelo Mai, Teatri di Vetro 2010 [vai al programma di Teatri di Vetro 4]
Roma

Leggi gli altri articoli del Diario

Leggi le recensioni

LA METAMORFOSI [CITTÀ DI EBLA] creazione scenica liberamente ispirata al racconto di F. Kafka
Ideazione, luci e regia Claudio Angelini
Aiuto regia Valentina Bravetti
Interpretazione e studio sulla figura Alessandro Bedosti
Paesaggi sonori Elicheinfunzione
Sound capture e direzione tecnica Luca Giovagnoli
Tecnici di palcoscenico Stefan Schweitzer Matteo Passamonti
Aiuto tecnico Nicola Mancini
Cura degli allestimenti Elisa Gandini Layout camera Daniele Benericetti
Realizzazione scene e costumi Plastikart
Organizzazione Roberta Magnani – Aidoru Associazione

una produzione Città di Ebla, Festival L’occidente nel labirinto, Teatro Diego Fabbri
in coproduzione con OFFicINa1011 di triangolo scaleno teatro Con il sostegno di Comune di Forlì, Provincia di Forlì-Cesena, Regione Emilia-Romagna

Telegram

Iscriviti gratuitamente al nostro canale Telegram per ricevere articoli come questo

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Pubblica i tuoi comunicati

Il tuo comunicato su Teatro e Critica e sui nostri social

ULTIMI ARTICOLI

Orecchie che vedono: la danza che si ascolta a Gender Bender

Al festival bolognese Gender Bender molte sono state le proposte di danza, tra le quali sono emerse con forza il corpo resistente di Claudia...