L’energia vitale della terra, dei muschi, dei funghi e di ogni piccola creatura che abita il sottobosco terrestre, riempie la scena di Mycelial Sketches, lo spettacolo nato dal progetto educativo della Shen Wei Dance Arts in collaborazione con la Scuola di Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Ideato e promosso da Marinella Guatterini e supervisionato dallo stesso Shen Wei, il progetto prevedeva un percorso formativo di sette settimane destinato ad un gruppo di venti danzatori italiani. Coreografo di fama internazionale, pittore, scultore e designer, il cinoamericano Shen Wei è ormai un punto di riferimento nel panorama della danza contemporanea, nonché una garanzia, un brand capace di comunicare una fusione immediata tra occidente ed oriente, una danza in bilico tra le due culture fatta di morbidezza, poesia e visionarietà.
A seguire i danzatori italiani nella progettazione di Mychelial Sketches sono state Sara Procopio e Kate Jewett. Se la prima, artista associato della Shen Wei Dance Arts di New York, ha illustrato ai danzatori della Paolo Grassi la Natural Body Development Technique utilizzata da Shen Wei e condotto lezioni di improvvisazione, la seconda ha invece approfondito con i ragazzi lo studio della tecnica del danzatore e coreografo cinoamericano per renderla base nella costruzione dello spettacolo.
Tra respiri, movimenti dolci e armonici, costumi dai colori agresti e luci fluorescenti, i danzatori della Paolo Grassi mettono in scena un mondo popolato da creature fantastiche cercando di materializzare, dinanzi agli occhi del pubblico, lo scorrere perpetuo di un’energia intensa ed interamente naturale. Come punti colorati i danzatori si muovono sempre in massa perdendo la loro singolarità e divenendo parte di una creatura unica che si esprime seguendo il ritmo di una partitura musicale che mescola sonorità orientali, violini, cinguettii e rumori di foglie a stranianti pulsazioni elettroniche.
Per chi abbia visto anche solo uno spettacolo della Shen Wei dance arts, il risultato è evidente. Lo spettacolo appare come la copia mal fatta di qualsiasi coreografia di Shen Wei e la visionarietà del maestro si perde nell’incapacità di uscir fuori da percorsi retorici o didascalici.
Se il brand “Shen Wei” trasforma il risultato di un percorso di studi in uno spettacolo inserito in un festival come Fabbrica Europa, questa trasformazione finisce semplicemente per velare l’incapacità di creare una coreografia solida in grado di affrontare un evento di tale importanza.
Matteo Antonaci
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