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Questo è un uomo. Malosti per Levi e Dante

Se questo è un uomo di Primo Levi portato in scena da Valter Malosti, su progetto del regista e attore e di Domenico Scarpa in occasione del centenario dalla nascita dell’autore. Recensione

Foto Tommaso Le Pera

«Sognavamo nelle notti feroci / Sogni densi e violenti / Sognati con anima e corpo / Tornare mangiare raccontare».

I famosi versi che Primo Levi scrisse subito dopo essere ritornato da Auschwitz rimbombano dentro al Teatro Argentina. Sono sonorità dissonanti e armoniche assieme, sono voci che riempiono la platea, arrivando limpide fino al loggione; lo stridore si fa strada dentro, fa coppia con quella necessità di dolcezza, tutta umana, che è alla base della poesia di Levi. Così si apre Se questo è un uomo di Walter Malosti, una “condensazione scenica” a cura dello stesso artista (e direttore artistico del TPE Teatro Piemonte Europa) e di Domenico Scarpa alla quale avevano già pensato nove anni fa, ma che soltanto ora ha trovato compimento, durante l’anno di festeggiamento del centenario dalla nascita del chimico e scrittore torinese, in una coproduzione tra TPE, Stabile di Torino e Teatro di Roma.

Foto Tommaso Le Pera

Assieme a quelle poesie, magistralmente musicate in forma di madrigali da Carlo Boccadoro, concorre il sound design di Gup Alcaro – che associa alcuni brani del repertorio classico con la resa ovattata dei giorni  di neve, fino al clangore metallico, al vocio indistinto, alla preghiera, all’urlo rauco – a dare forma sonora a questo spettacolo dal forte impatto emotivo e dall’altissimo valore civile. Risuona il teatro, risuona il palco in questo spazio grigio, un’alta colata scende dalla destra dei tralicci, come lava rafferma piomba sul pavimento fatto di stralci di valigie, su una piccola passerella. Lo spazio (di Margherita Palli) è delimitato dal nero dell’assenza di luce o dalle sue presenze  cangianti, oniriche  (a cura di Cesare Accetta), dai volti in video (di Brinchi e Spanò). Il palco sembra davvero essere sospeso nel vuoto, del ricordo che sopravvive all’oblio, della vita che si sorprende dentro l’orrore. Così il corpo di Malosti è accostato a volte a due figure i cui corpi incarnano sogni e incubi, circondato ora dal buio che lascia appena visibile le linee del volto, ora da puntatori di luci, lampi che nei repentini cambi rendono l’angoscia, l’ansia, la paura e l’incertezza. Nella restituzione oggettiva e accalorata, forsennata e piena di pause, ha a cuore i non detti e le digressioni. Sta lì, a un certo punto la mano è rivolta in alto, mentre una coltre di neve scivola sul corpo, sul palco, accoglie e restituisce, muto, eppure significante, la desolazione di quella “buona notte”.

Foto Tommaso Le Pera

Facendosi carico di una delle testimonianze più importanti della nostra Storia, ancora oggi messe in dubbio o disprezzate o misconosciute (gli attacchi a Liliana Segre sono schermo distorto, incosciente e stolto di un impossibile e scongiurabile ritorno), a Malosti non serve immedesimarsi: la storia e l’orrore di quella esperienza non possono, forse, essere completamente rappresentati. Questa, che è una delle questioni nodali del Novecento, viene qui risolta in una recitazione piana, che accoglie la parola e restituisce la forza espressiva  del romanzo (al quale sono state aggiunte oltre alle poesie, anche parti del successivo La tregua): dall’arrivo di cui sorprende l’aspetto meno apocalittico, normale o – per riprendere Arendt, banale – fino a quell’orrore sinistro e beffardo della scritta «Arbeit macht frei», nel testo accostato al più lampante «lasciate ogni speranza o voi ch’entrate», dal cedimento verso una non esistenza, fino alla scoperta che la più alta ribellione a quel sistema era avere cura di sé stessi; dagli incontri con l’amico Alberto e Jean all’arrivo dell’Armata Rossa, dal ritorno a casa agli incubi che hanno accompagnato l’esistenza dello scrittore.

Foto Tommaso Le Pera

A lungo la parabola del Levi testimone ha sopravanzato quella dello scrittore Levi, ma di contro, erano stati già due intellettuali come Calvino e Saba a riconoscere in Se questo è un uomo un “testo potentissimo” nelle parole del primo e “pieno di poesia” per il secondo (tra l’altro, a fronte dei rifiuti iniziali di Pavese e Ginsburg). Poesia che trova quasi una sorta di guida spirituale nella Divina Commedia, cui Levi tende non solo o non tanto in quanto paragona più volte il campo di concentramento all’inferno dantesco; Dante diventa escamotage narrativo, che assieme al resto, permette una scrittura limpida e composta – verrebbe da dire “nonostante” il desiderio quasi violento di raccontare e condividere. Malosti prende molto a cuore quell’“esercizio di pacatezza”, come lo ha definito Domenico Scarpa durante la presentazione dello spettacolo al debutto torinese qualche mese fa, e lo fa proprio all’interno dello spettacolo: è, come dire, la sua bussola.

Foto Tommaso Le Pera

Dante assurge e simboleggia l’occasione di salvezza, è attraverso Dante che Levi  prova a ricordare, che ritorna a pensarsi uomo attraverso la parola. Poi, che l’episodio descritto all’interno del libro fosse probabilmente finzione narrativa, come riportò il vero Pikolo, non è importante ai fini del valore testimoniale cui assurge tutta la parabola. Levi filtra il trauma vissuto, e lo modula sulla base di un approccio scientifico alla restituzione, quanto più possibile “a freddo”, soprattutto tra la prima versione del ‘47 stampata dalla casa editrice De Silva (e ancora prima a puntate su una rivista settimanale comunista, L’amico del popolo) e la seconda del ’58, finalmente per Einaudi, alla quale aggiunse circa 30 cartelle. Proprio in questa seconda versione la riflessione di Dante, racconta Malosti durante l’atelier mattutino cui hanno assistito sessanta persone, è più profonda. Proprio nel riprendere il canto XXVI dedicato alla figura di Ulisse, proprio in quella cesura del verso che termina con “Quando” prima della nuova terzina, Levi prima e Malosti ora, concentrano la forza detonante del silenzio, o meglio della sospensione. L’Ulisse dantesco sospendeva il discorso prima di raccontare le proprie gesta; nel filtro di Se questo è un uomo quella sospensione materica sembra raccogliere il fiato del ritrovato uomo-letterato che sta per ricordare, che prova l’esigenza in un tempo brevissimo, di spiegare qualcosa di gigantesco. Ma raccoglie anche l’uomo-avventuriero, che in quell’inferno di desolazione trova una impensabile via di salvezza. “Alzati”, imperava la sveglia nel lager; ma nell’ultimo coro che si ode nello spettacolo “alzati” non è un ordine, ma una voce che spinge, “alzati”, sembra dire – da tutto questo. Allora l’uomo si fa carico di un’istanza civile e artistica pienamente trasformativa, allora sì, questo è un uomo.

Viviana Raciti

SE QUESTO È UN UOMO

Date tournée

1-5 dicbre 2021 Arena del Sole, Bologna

08/01/2022
Teatro delle Muse – Ancona
dal 18/01/2022 al 19/01/2022
Teatro LAC- Lugano (Svizzera)
dal 22/01/2022 al 23/01/2022
Teatro Verdi – Pisa
dal 26/01/2022 al 27/01/2022
Teatro Morlacchi – Perugia
dal 29/01/2022 al 30/01/2022
Teatro Comunale – Ferrara
01/02/2022
Teatro Asioli – Correggio
dal 03/02/2022 al 06/02/2022
Teatro Alighieri – Ravenna
dal 09/02/2022 al 13/02/2022
Teatro Comunale – Bolzano
dal 18/02/2022 al 20/02/2022
Teatro Mascagni – Pistoia
dal 23/02/2022 al 27/02/2022
Teatro Gustavo Modena – Genova

dall’opera di Primo Levi (pubblicata da Giulio Einaudi Editore)
condensazione scenica a cura di Domenico Scarpa e Valter Malosti
uno spettacolo di Valter Malosti
scene Margherita Palli
luci Cesare Accetta
costumi Gianluca Sbicca
progetto sonoro Gup Alcaro
tre madrigali (dall’opera poetica di Primo Levi) Carlo Boccadoro
video Luca Brinchi, Daniele Spanò
in scena Valter Malosti
e Antonio Bertusi, Camilla Sandri
cura del movimento Alessio Maria Romano
assistente alla regia Elena Serra
assistente alle scene Eleonora Peronetti
scelte musicali Valter Malosti / musiche di Oren Ambarchi, Johann Sebastian Bach, Ludwig Van Beethoven, Cracow Kletzmer band, Morton Feldman, Alexander Knaifel, Witold Lutoslawski, Oy Division, Arvo Pärt, Franz Schubert, John Zorn
madrigali eseguiti e registrati dai solisti dell’Erato Choir: soprani Karin Selva e Caterina Iora, contralto Giulia Beatini, tenori Massimo Lombardi e Stefano Gambarino, bassi Cristian Chiggiato e Renato Cadel – direzione musicale Massimo Lombardi e Dario Ribechi

TPE – Teatro Piemonte Europa
Teatro Stabile di Torino –Teatro Nazionale
Teatro di Roma – Teatro Nazionale

progetto realizzato in collaborazione con Centro Internazionale di Studi Primo Levi, Comitato Nazionale per Le Celebrazioni Del Centenario Della Nascita di Primo Levi, Polo del ‘900 e Giulio Einaudi Editore in occasione del 100° anniversario dalla nascita di Primo Levi (1919 – 1987)

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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