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L’Assisi di Pasolini, dove nacque il Vangelo

UniversoAssisi 2019 ha presentato una trilogia “site specific”, consacrata alla vita e all’opera di Pier Paolo Pasolini, a cura di Fulvia Angeletti e di Piccolo Teatro degli Instabili. PPP. Vita attraverso ha indagato il rapporto del poeta con la parola evangelica, l’immaginario che affiora dai suoi epistolari e la suggestione iconologica del suo cinema. Recensione

Pier Paolo Pasolini ad Assisi (1963). Foto di Elio Ciol

«Una furiosa ondata, un trauma, un impulso che in quel momento lì era assolutamente oscuro, una forma di esaltazione, quella che Bernard Berenson chiama l’aumento di vitalità che dà la lettura di un grande testo, la visione di un grande quadro». Nell’ottobre del 1962, Pier Paolo Pasolini è ad Assisi, invitato dalla Pro Civitate Christiana e ospite nella Cittadella di Don Giovanni Rossi, per prendere parte a un convegno dal titolo Il cinema come forza spirituale del momento presente, parlando di Accattone, uscito l’anno prima. In una notte d’insonnia, prende a sfogliare il Vangelo di Matteo e decide che ne farà un film. Il «libretto trovato sul comodino» è l’innesco, la folgorazione. Il marxismo e l’ateismo, in apparenza, gli ostacoli.

Questa è la genesi de Il Vangelo secondo Matteo (favorita, nei mesi successivi, da una solidale corrispondenza tra Pasolini e i padri della Pro Civitate), un’opera che scardina ogni patto ideologico e retorico, raccontando la rivoluzione di Cristo, immersa nei paesaggi struggenti di Matera.
Questo rapporto tra Pasolini e Assisi conserva le apparenze di una contraddizione e custodisce un’essenza misteriosa e imprecisa, e anche un segnale della potenza con la quale i luoghi intervengono nelle traiettorie umane. E proprio dai luoghi sembra affiorare uno specifico desiderio di indagine, nell’immaginario e nella poetica di Pasolini, portato a compimento in PPP. Vita attraverso, un progetto di Fulvia Angeletti e Piccolo Teatro degli Instabili, curato da Francesco “Bolo” Rossini, Corinna Lo Castro e Samuele Chiovoloni, realizzato a luglio scorso, all’interno del cartellone di UniversoAssisi. Alle tre iconiche P sono assegnati altrettanti vertici di un nuovo acronimo che scandisce i tre momenti dell’esplorazione, organizzati in appuntamenti distinti: Parola, Pensiero, Pittura.

Foto di Andrea Cova

La Parola è quella evangelica, portatrice di «quel tanto di profondamente irrazionale, e quindi in qualche modo religioso, che è nel mistero del mondo» e, per questo, percepita da Pasolini come un’entità avvicinabile, e fronteggiabile. La drammaturgia consiste in un delicato montaggio di estratti dalla sceneggiatura del Vangelo con frammenti delle lettere indirizzate ai padri assisani ed è affidata alle voci di tre uomini: il Testimone Temporale (Francesco “Bolo” Rossini), Pasolini Critico (Lino Musella) e Pasolini Poeta (Ivan Alovisio). Insieme a loro il soprano Ji Hee Angela Kim, che interpreta l’Erbarme dich di Bach, e diciotto performer, apparizioni mute o parlanti che evocano alcuni quadri del film, senza mimarne le atmosfere ma restituendone, per cenni, la fragilità semplice e antica. Il pubblico prende posto attorno agli attori e poi è chiamato a seguirli, lungo un percorso che, dalla Rocchicciola, raggiunge il Campo degli Ulivi, offrendo una veduta innalzata della città, l’estensione di un altrove naturale, e chiedendo, attraverso il cammino, di stabilire una relazione corporale con i luoghi, non faticosa ma neppure mediata. Alovisio porta spesso una nota di concitazione, uno sgomento, Musella una qualità di pensiero più ferma, definendo, senza enfasi, l’andamento di una ricerca intellettuale che si forma per strappi, che germina dal disallineamento e dal dolore, ma che non indulge nel proprio abisso, per convertirsi sempre in frontalità parlante, offrendo con franchezza il proprio mistero.

Foto di Andrea Cova

Il secondo episodio, Persona, è basato sulle corrispondenze private di Pasolini, per voce di sei donne: quelle di Elena Bucci e Corinna Lo Castro, e quella “corale”, consegnata alle esecuzioni di Daphne Morelli, Aurora Panzolini, Chiara Scilipoti e Giulia Zeetti. Il violoncello di Julia Kent contrappunta con leggerezza le parole, conferendo alla testimonianza un perimetro di astrazione che, insieme al raccoglimento garantito dal luogo (un disadorno cortile interno, in un vicolo arroccato del centro di Assisi), crea un’atmosfera di assemblea intima e sospesa. La parola si pone con nettezza, ugualmente viva nella levità del dettato poetico come nell’impostazione ritmica, restituendo, di Pasolini, un’evocazione strappata, di profonda comprensibilità umana e storica.

La performance finale, Pittura, si svolge nello Stadio degli Ulivi. L’impiego dei luoghi appare declinato nella terza delle sue potenzialità: dopo gli sviamenti dello spazio aperto e l’intimità cenacolare del giardino, il pubblico è invitato sugli spalti, e poi sull’erba di un grande campo sportivo, un luogo in cui la vastità e orizzontalità dell’estensione non riducono, ma intensificano, la potenza di un centro di gravitazione comune. A segnare il verde il pianoforte di Ramberto Ciammarughi e la sedia da regista di Pasolini (Francesco “Bolo” Rossini): attorno a loro – in una zona prossima che non cessa mai di essere comunque un “altrove”, scandito dalle composizioni originali di Ciammarughi – si muovono figure che evocano le atmosfere della cinematografia pasoliniana.
La periferia selvatica e ferita di Accattone e Mamma Roma, la «nostalgia del mitico, dell’epico, del tragico» che permea, oltre al Vangelo secondo Matteo, anche l’estetica dell’Edipo Re e di Medea, la “mistica” delle campagne romane (de La ricotta e di Uccellacci e uccellini), il disarmo delle marionette di Che cosa sono le nuvole? raggiungono lo spettatore, come percepiti attraverso una lontananza che appanna, fino alla scomparsa, ogni riferimento citazionistico diretto per farne affiorare, fortissima invece, la natura simbolica. Si tratta di un “sentimento del sacro” espresso con nitore attraverso la qualità “dipintiva” dell’immagine in movimento che, in coerenza alla ricerca di Pasolini cineasta, è sempre gravida di una vita terribile, eppure semplice, espressa, disposta «frontalmente, come sulla facciata dell’eterno». La performance si definisce gradualmente nella sua essenza di “commiato”, delle immagini al loro inventore, ma anche come un momento di assunzione, da parte di esse, di una vitalità propria che, come una consegna che guarda al futuro, si rinnova agilmente – con l’agilità e l’inconseguenza dei fantasmi – sull’erba del campo da calcio.

Foto di Andrea Cova

Portare Pasolini ad Assisi – una città che coniuga, alla centralità ecumenica, gli spazi, le tradizioni e le prossimità, umane e affettive, tipiche della provincia più protetta – suggerisce un’idea di sfida, una volontà di lavorare sul confine percettivo tra un luogo che vive di una sacralità propria, che potrebbe facilmente diventare “difensiva”, e un pensiero complesso, mai pacificato, che conduce ancora, dopo decenni di storia letteraria e politica, gli echi di un allarme. La scelta è stata quella di non farne mai, come sarebbe stato semplice, uno “specchio ustorio” ma di cercare con onestà la relazione tra la parola autentica di Pasolini, non mediata dagli artifici della riscrittura, e la spiritualità del luogo, spostando dunque il fuoco del lavoro in un territorio delicato, dove è possibile comunicare solo, per utilizzare le parole di una sua lettera a Silvana Mauri, «con verità e con pudore».
Questa grazia nell’avvicinare un mistero – senza tentare di convertirlo in una lezione, in una provocazione e neppure in un omaggio in senso stretto – lascia apparire quella dura essenza di sacrificio che vive dentro lo scandalo, un sentire antico, che preesiste al pensiero, ma che nel pensiero e nella storia conosce la propria immanenza e la propria sorprendente eredità.

«E io qui, con questa scheggia / immateriale nel cuore, quest’involuta / coscienza di me, che si ridesta a un attimo / dalla stagione che muta».

Ilaria Rossini

 

PPP | VITA ATTRAVERSO
un progetto di Fulvia Angeletti, Piccolo Teatro degli Instabili per UniversoAssisi 2019

 

PAROLA
Rocca Minore di Assisi

regia  Francesco “Bolo” Rossini
drammaturgia e aiuto regia Samuele Chiovoloni
aiuto regia Corinna Lo Castro
con la partecipazione straordinaria di Lino Musella
con Ivan Alovisio, Francesco “Bolo” Rossini, Ji Hee Angela Kim (soprano), Corinna Lo Castro, Ludovico Marcucci
e con Giovanni Alunni Peter Bartlett, Danila Benincampi, Matteo Bisogno, Dionisio Capuano, Mauro F Cardinali, Roberto Costantini, Stefano Cristofani, Marcello Filippucci, Rita Gratani, Benjamin Ingaldson, Matteo Mariani, Daphne Morelli, Aurora Panzolini, Francesco Scilipoti, Diego Tardioli, Francesco Valorosi
con la collaborazione di Ludovico Marcucci (drammaturgia) Claudia Rossetti (scenografia) Andrea Cova (vita e opera di Pasolini) Giacomo Cova (costumi)

 

PERSONA
“Cortile Pasolini”, Via San Gregorio 4

a cura di Francesco “Bolo” Rossini, Corinna Lo Castro, Samuele Chiovoloni
con la partecipazione straordinaria di Julia Kent (Cello and Electrics) e Elena Bucci
e con Corinna Lo Castro, Daphne Morelli, Aurora Panzolini, Chiara Scilipoti e Giulia Zeetti

 

PITTURA
Stadio degli Ulivi

a cura di Francesco “Bolo” Rossini, Corinna Lo Castro, Samuele Chiovoloni
con la partecipazione straordinaria di Ramberto Ciammarughi (Piano & live electrics) 
con Francesco “Bolo” Rossini 
e con i performers partecipanti al Workshop teatrale del Piccolo Teatro degli Instabili e UniversoAssisi: Giovanni Alunni, Daniele Barili, Peter Bartlett, Tommaso Bertoldi, Matteo Bisogno, Dionisio Capuano, Isabella Ciammarughi, Alessandra Comparozzi, Roberto Costantini, Marcella Dominici, Marcello Filippucci, Rita Gratani, Federico Mancinelli, Chiara Mancini, Caterina Marcucci, Ludovico Marcucci, Matteo Mariani, Aurora Panzolini, Michele Paoletti, Nadia Pasanisi, Alice Scaglia, Francesco Scilipoti, Alessandro Sposini, Diego Tardioli, Davide Tassi, Francesco Valorosi
progetto sonoro Ramberto Ciammarughi e Nicola Frattegiani 
con la collaborazione di Ludovico Marcucci (drammaturgia) Claudia Rossetti (scenografia) Andrea Cova (vita e opera di Pasolini) Giacomo Cova (costumi)

 

 

 

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Ilaria Rossini
Ilaria Rossini
Ilaria Rossini ha studiato ‘Letteratura italiana e linguistica’ all’Università degli Studi di Perugia e conseguito il titolo di dottore di ricerca in ‘Comunicazione della letteratura e della tradizione culturale italiana nel mondo’ all’Università per Stranieri di Perugia, con una tesi dedicata alla ricezione di Boccaccio nel Rinascimento francese. È giornalista pubblicista e scrive sulle pagine del Messaggero, occupandosi soprattutto di teatro e di musica classica. Lavora come ufficio stampa e nell’organizzazione di eventi culturali, cura una rubrica di recensioni letterarie sul magazine Umbria Noise e suoi testi sono apparsi in pubblicazioni scientifiche e non. Dal gennaio 2017 scrive sulle pagine di Teatro e Critica.

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