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La città dentro la città di Autunno Danza

A Cagliari dal 5 ottobre al 7 dicembre torna Autunno Danza, quest’anno giunto alla venticinquesima edizione. Ne parliamo con Tore Muroni, direttore artistico insieme a Momi Falchi. Intervista realizzata in media partnership.

Foto Laura Farneti

«Non centrati e rassicuranti, non confortevoli e carezzevoli, non edulcorati e ordinari, non puntati, non vincenti, ma indigenti e liberi». Una negazione per affermare una modalità di continuare a essere. Cosa è “non”?

Rappresenta la nostra volontà di direzione artistica, mia e di Momi Falchi, di lavorare nel e sul decentramento, senza imporre una tematica ma rimanendo fedeli a seguire, e a prevedere anche, i percorsi degli artisti incontrati in questi anni, penso per esempio e primo fra tutti a quello di Alessandro Sciarroni che quest’anno è stato insignito del Leone d’Oro alla Biennale Danza. La nostra è da sempre una costante cura e ascolto della libertà espressiva che si rinnova edizione dopo edizione. Un lavoro sempre rischioso e all’insegna della diversità, del melting pot, incrociando la dimensione nazionale con quella internazionale.

Questa edizione 2019 segna il traguardo dei venticinque anni, come proseguirete il vostro percorso, quali passi ritenete necessari da compiere?

L’arte attraversa i percorsi in modo inusuale e per noi questa edizione è importante non solo per il venticinquesimo anniversario ma perché sia nella programmazione che nei progetti collaterali abbiamo voluto puntare sui giovani e il loro specifico metabolismo creativo, così mi piace definirlo. Vorremmo creare un hub culturale e creativo che incroci non solo la dimensione professionale ma anche quella personale. Una pratica che procede per giustapposizione, sinergie e sintesi.

Illustrazione di Carolina Melis, per i 25 anni di Autunno Danza

Parliamo allora di fuorimargine, progetto a sostegno delle autorialità emergenti

Al bando di partecipazione sono state presentate 120 proposte e sono stati selezionati otto performer (ndr ai quali sarà offerto un contratto di lavoro pari alla paga giornaliera sindacale minima riferita alla categoria professionale, vitto e alloggio). È un’iniziativa per noi intrigante e rivolta esclusivamente ai giovani che avranno la possibilità di essere seguiti più che da docenti, da osservatori, come Francesca Foscarini, Alessandro Olla e Fabrizio Casti. Il focus sarà innanzitutto sui processi creativi e sul metodo improvvisativo in dialogo con la musica, che vede la collaborazione con Sa Manifattura e le associazioni musicali Ticonzero e Spaziomusica e il Conservatorio di Musica Pierluigi da Palestrina di Cagliari; e il cinema grazie al sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission.

Il cartellone della rassegna vede l’inserimento di coreografi che negli ultimi anni si stanno contraddistinguendo per un lavoro sempre più interdisciplinare, che allarga e potenzia la natura performativa della danza. Scelta di sistema, o non solo?

La scelta nasce quasi da una circostanza casuale, da incontri fatti in questi anni e da una nostra modalità di seguire, anche a distanza, il lavoro di molti artisti; di osservarlo nella sua maturazione e anche nei riconoscimenti, alcuni degli artisti presenti sono vincitori del Premio Ubu 2018. Prassi che ci ha fatto anticipare e presentare alcuni nuove autorialità, ad esempio anni fa fu il caso della Compagnia Abbondanza/Bertoni. La presenza di coreografi come Marco D’Agostin, Daniele Ninnarello qui per il primo anno, Chiara Bersani, Irene Russolillo, Simona Bertozzi, MK è la testimonianza di come stiano mutando i linguaggi della danza e come siano in grado di dialogare nello stesso cartellone con Scarlattine Teatro, che aprirà la rassegna, e il Progetto Brockenhaus di Elisabetta Terlizzi. Tra questi, teniamo molto al lavoro di Matteo Sedda che presenterà un solo scritto per lui dalla genialità di Jan Fabre. Siamo consapevoli delle accuse mosse ultimamente all’artista ma non volevamo sacrificare per questo il lavoro di Matteo, né tantomeno il valore artistico di quello di Jan Fabre. Inoltre questa si configura come una scelta che pone in dialogo il nostro territorio con una dimensione extra nazionale allargando maggiormente le connessioni che cerchiamo sempre di tendere e alimentare.

Foto Laura Farneti

Il territorio dove operate, come è cambiato negli anni?

È cambiato moltissimo e questa edizione ne è la dimostrazione. Oltre al sostegno del Tric Sardegna Teatro e alla presentazione al Teatro Massimo di Cagliari che catalizza l’attenzione dei giovani e non, siamo orgogliosi di aver creato una rete che comprende le realtà Ticonzero e Spaziomusica, il Conservatorio di Musica Pierluigi da Palestrina di Cagliari, Sa Manifattura e la Fondazione Sardegna Film Commission. Sa Manifattura è in particolare un ex manifattura di tabacco da poco riqualificata e gestita da Linda Di Pietro con la quale abbiamo pensato insieme il progetto fuorimargine e la residenza di Francesca Foscarini che si terrà all’interno dello spazio. Credo molto in questa strutturazione del festival più capillare sul territorio, è come fosse una città dentro la città che dialoga attraverso l’arte.

Redazione

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