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La nave degli incanti: il processo è l’approdo

AWARE – La Nave degli Incanti è il lungo e itinerante progetto di attivazione sociale realizzato da Gommalacca Teatro e inserito nel programma di Matera – Capitale Europea della Cultura 2019. Una riflessione.

Foto Ufficio Stampa

«Ognuno di noi è un po’ Sofia», afferma con tono materno una signora anziana alle mie spalle, durante gli applausi finali, quando la scena ha smesso di “parlare” ed è il pubblico a risponderle. Non mi volto a guardarla, mi basta afferrare la sua reazione che pone fine, sancendolo e avvalorandone il precipuo carattere di trasmissione, al viaggio AWARE – La Nave degli Incanti durato due lunghi anni e approdato lo scorso 21 luglio a Matera, presso la stazione La Martella. Con la direzione artistica di Carlotta Vitale, la regia di Mimmo Conte e la drammaturgia di Riccardo Spagnulo, il progetto co-prodotto dalla compagnia teatrale Gommalacca Teatro e dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019 è inserito nel denso programma di Matera – Capitale Europea della Cultura 2019.

Foto Ufficio Stampa

Arrivata a Potenza sono accolta da Andrea Paolucci e Micaela Casalboni, fondatori e direttori artistici della Compagnia del Teatro dell’Argine che, forti della progettualità capillare e continuativa portata avanti nel loro ITC di San Lazzaro di Savena (città metropolitana di Bologna), sono stati coinvolti nel progetto da Vitale e Conte per svolgere il compito di mentoring organizzativo. Durante il viaggio fatto in macchina per arrivare dal capoluogo a Matera, ripercorriamo insieme le tappe del lavoro, il cui esito finale andrà in scena di lì a poche ore. Andrea e Micaela mi raccontano come hanno conosciuto Gommalacca Teatro, presidio teatrale voluto dai fondatori Carlotta e Mimmo e installatosi nel Rione Cocuzzo di Potenza – la cui conformazione urbanistica è simile ad altri quartieri, come il romano Corviale e il Pilastro di Bologna, che sono stati attraversati anch’essi dalla pratica teatraleprecisamente nel Parco Miralles: il nome deriva di Enric Miralles, l’architetto catalano che ha progettato la “Nave” che vi sorge in mezzo.

Simbolo di un progetto di riqualificazione politico territoriale iniziato nel 2000, terminato nel 2010 e poi naufragato, la “Nave” non ha mai preso il mare, diventando però sede del polo teatrale di Gommalacca Teatro grazie al quale, nel 2012, è nato il laboratorio di ricerca scenica La Klass, che attraverso le modalità del baratto teatrale ha conosciuto le storie del quartiere e da esso si è fatto conoscere. I fondatori hanno deciso di dare forma a questo lungo e complesso «viaggio a strati», lo definirà Conte, che non solo ha dovuto fare i conti con l’amministrazione cittadina e con la mancanza di un lessico della pratica scenica condiviso e riconosciuto, ma soprattutto ha avuto a confrontarsi con la pachidermica struttura istituzionale di Matera – Basilicata 2019. Spinti dall’urgenza di non volere più «guardare la città dall’alto», Vitale e Conte hanno deciso perciò di smuovere la nave di cemento dall’immobilismo al quale è stata condannata e, attraverso la storia di Sofia, farle iniziare questo viaggio. Cinque le località solcate: la prima Potenza, lo scorso 7 luglio, e l’ultima Matera il 21, passando per Castelmezzano (10 luglio), Garaguso (14) e Ferrandina (17).

Foto Ufficio Stampa

In ognuno di questi “porti” lungo la via Basentana, la nave è approdata con la sua grande struttura itinerante di 8 tonnellate, lunga 27 metri, profonda 2,5 e alta 8. Progettata e realizzata dallo scenografo Mario Carlo Garrambone e dall’artista plastico Didier Gallot Lavallée, è una costruzione componibile e minimalista, costituita da pannelli autoilluminanti, scale, e sistema di wifi interno per poter essere controllata dalla cabina di regia.
La nave è guidata da una bambina di nome Sofia (Sara Larocca) la quale, spinta dal desiderio di partire e andare lontano per salvare il pesciolino Milo, non cede al sonno che ha addormentato tutti gli abitanti della sua città. Decide quindi di salpare accompagnata dal fedele Maestro Elia e nelle cinque tappe del suo viaggio incontrerà tutti i personaggi che hanno dovuto far fronte al cambiamento, trovando la forza di abbandonare una precedente stasi del quotidiano per incontrare il nuovo; timorosi ma intraprendenti, nella continua scoperta del valore politico sociale della partecipazione e della cura e tutela di una comunità.

«Immaginiamo che questa comunità viaggiante possa avere la forma di una nave, possa essere la nave stessa, per trovare la propria identità e affrontare il viaggio a cui è destinata», questo l’intento del regista Mimmo Conte che ha incontrato la scrittura del drammaturgo Riccardo Spagnulo (già fondatore, nel 2006 insieme a Licia Lanera, della compagnia Fibre Parallele e poi Premio Hystrio – Castel dei Mondi nel 2011 e Premio Lo Straniero nel 2014), il quale ha dato forma testuale a questa urgenza politica tramutandone i temi sociali nell’impianto di una fiaba popolare con relativi protagonisti, antagonisti e aiutanti: la cicogna costretta ad abbandonare il proprio albero dorato, il taglialegna in cerca della moglie, l’alchimista, i ragazzi Nicola e Matilda, l’impiegato delle Poste, Madre Luce e l’Oscuro Signore di tutte le paure. Personaggi interpretati dagli attori Souphiene Amiar, Mino De Cataldo, Marica Mastromarino, Francesco Sigillino, Carlotta Vitale insieme agli allievi bambini, ragazzi e adulti dei laboratori di ricerca scenica condotti dalla compagnia.

«Ma poi la nave torna a Potenza?». È la domanda che hanno rivolto i partecipanti al laboratorio e che Micaela Casalboni mi riporta durante la chiacchierata avuta in macchina per raggiungere Matera. Questo interrogativo, come anche l’affermazione della signora udita alla fine dello “spettacolo”, sono i cardini attorno ai quali ruota l’analisi di questo articolato, e anche sotterraneo, processo: «È la nave che ce lo chiede e non può più fermarsi». Se come detto in altra occasione, se si auspica che la stratificazione di un progetto laboratoriale confluisca poi in un esito che abbia anche valenza estetica, è necessario dunque comprendere come la finalità dell’arte partecipativa non sia, o non debba essere, propriamente quella dell’art pour l’art. Da più di una ventina d’anni noi osservatori siamo chiamati a prendere parte a lavori in cui artisti professionisti e non professionisti sono coinvolti in atti di co-creazione, rispetto ai quali molto spesso ci scopriamo delusi dalla restituzione finale e strenui e affezionati sostenitori del nostro giudizio.

A tal proposito rappresentano uno spunto di riflessione le parole del ricercatore François Matarasso che, nel suo ultimo libro A Restless Art – How participation won, and why it matters pubblicato a gennaio 2019, ricordano: «Quale sia lo scopo e il livello del suo raggiungimento non è dato determinarlo dai fruitori stessi: gli obiettivi e i relativi standard stabiliti posso essere valutati da coloro i quali hanno lavorato nel progetto e a loro spetta decretarne il valore». Mentre attraversiamo l’assolata Basentana, insieme ad Andrea e Micaela parliamo di tutto questo e ci interroghiamo, ognuno rispetto al proprio punto di vista operativo, su come stiano cambiando i paradigmi estetici e su come si tenda sempre più al carattere relazionale di essi. Ragioniamo su come “lo spettacolo” non possa essere più compreso nella propria resa scenica finale, ma debba invece essere collocato all’interno di una processualità in cui la funzionalità dell’impianto registico drammaturgico o la prova attorale inevitabilmente passano in secondo piano rispetto ad altre priorità.

Potremmo dire allora che la prova attorale dell’ensemble delle «schegge della nave» – nome dato da Conte ai giovani che la animano – ha avuto delle fragilità, che la voce degli interpreti non veniva portata accuratamente e che a tratti rischiava di disperdersi nell’ampio spazio della stazione; diremmo che la drammaturgia, nelle molteplici stesure, possiede delle lacune e scivola in alcuni passaggi nella retorica finzionale; potremmo anche dire che la regia non riesce a imporsi con autonomia e coerenza e che di questo aspetto, nel complesso, risente una drammaturgia scenica che fatica a dispiegarsi…
Ma tutto ciò andrebbe forse a inficiare il valore processuale, dialettico, formativo ed esperienziale del progetto AWARE? Tale impalcatura di analisi critica, scricchiolando, si dimostra inefficace e non scalfisce la temperie politica del lungo lavoro di Gommalacca Teatro: questo, infatti, permane e si impone coraggiosamente sulle estetiche in qualità di dato oggettivo e di forte strumento di attivazione sociale.

Il valore risiede nelle numerose interviste condotte con gli abitanti di ciascuna località incontrata, nel paziente lavoro di stesura e di limatura della drammaturgia, nella partecipazione dei volontari e nel calore del pubblico, nei ragazzi che continueranno a frequentare il laboratorio dopo la scuola e nella responsabilità di tutti coloro i quali si sentono in dovere di difendere un presidio.
Restiamo allora osservatori partecipanti dei tanti processi in atto, consapevoli, oggi più che mai, della difficoltà di affermare una teoria quando siamo parte di un cambiamento politico e artistico in cui le pratiche partecipative stanno sempre più imponendosi e ibridando le forme. Dove ci porterà questa nave?

Lucia Medri

AWARE – LA NAVE DEGLI INCANT
Direzione artistica Carlotta Vitale
Drammaturgia Riccardo Spagnulo
Collaborazione ai testi Mimmo Conte, Mida Fiore
Regia Mimmo Conte
Aiuto regia Mida Fiore
progettato con Mario Carlo Garrambone
con Souphiéne Amiar, Mino Decataldo Sara Larocca. Giuliana La Rosa, Marica Mastromarino, Francesco Siggillino, Carlotta Vitale, La Klass, Abitanti lucani,
Compagnia Gommalacca Teatro
Partner di progetto Ateliers SudSide, Recollocal, Teatro dell’Argine
Coordinatrice di progetto Giulia Viggiani
Direttore di produzione Vincenzo Pacino
Direttore tecnico Mariano Izzo
Comunicazione Rosa Lo Monte
Progetto grafico Mauro Bubbico
Videomaker Daniele De Stefano
Ufficio stampa Elena Lamberti
Musicista Nicola Di Croce
Videoartista Elena Fedeli
Mentoring artistico e organizzativo Andrea Paolucci
Consulenza costumi Didier Gallot-Lavallée
Costumista Giovanna Quaratino
Sartoria Souylemane Kone
Collaborazioni PAC – Paneacquaculture TEC – Teatro e Critica
Allestimento luci e videoproiezioni a cura di Bitmovies

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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