Qual è il limite tra sensualità e depravazione? Tra pudore e virtù? La contessa fra i sessi di Aldo Palazzeschi sulla scena di Inequilibrio 2019. Recensione.
Certi volti hanno attorno come una nube di fumo, non se ne vedono mai bene i contorni, come se la dispersione dei lineamenti fosse in pari con l’inafferrabilità della loro anima. Proprio quei volti sembrano allora nascondere un segreto sotto pelle, un mistero che ammalia di un fascino irresistibile. A farne le spese, talvolta, gli scrittori, animati da una bramosia radicata nell’afferrare tutto ciò che si vela allo sguardo. Nella distanza tra curiosità e attrazione è il rapporto che anima i due protagonisti de La contessa fra i sessi, un’opera tratta dal breve Interrogatorio della Contessa Maria di Aldo Palazzeschi: un poeta e una donna misteriosa, conosciuta nel bar più frequentato della città, iniziano un dialogo di stretta amicizia volto a rivelare i caratteri più profondi della donna, ma al contempo anche a sviluppare, forse, certi rinnegati desideri del poeta. Nella Sala del Camino del Castello Pasquini di Castiglioncello, per Inequilibrio 2019, Eugenio Mastrandrea – anche autore della drammaturgia e regista – e Riccardo Ricobello ne offrono una minuta ma equilibrata messa in scena.
Siamo in uno studio dove il poeta riceve le frequenti visite della Contessa; a lui interessano i suoi racconti, i tanti uomini avuti, l’inesauribile voglia di contatto e scoperta, di esperienza diretta, che determina le azioni della donna come animate da un comando invisibile. Tra i due personaggi è dunque una differenza netta che li rende quasi stereotipati; lei, consapevole e contraddittoria, non si fa tuttavia pregare a raccontare di sé, sprigiona la sua energia senza timore di scandalizzare il poeta, anzi con il non celato desiderio di sconvolgerlo dal suo immobilismo, perché acceda alla vita vera direttamente invece di abitare la mediata repressione della riflessione: la vita vissuta è per lei infinitamente preferibile alla vita pensata.
La struttura del racconto è duplice e i tanti flashback prendono forma in una narrazione autobiografica del poeta – e, dunque, dello stesso Palazzeschi – che ricorda il tempo vissuto in dialogo con la Contessa e che si affida alla scrittura – una forma epistolare, o diaristica – come ultimo atto di analisi, a ritroso, per comprendere la natura di quella donna così unica, ma al contempo per capire il rapporto tra il fascino e il proprio turbamento. La matrice letteraria dell’opera denuncia tuttavia una scarsa evoluzione drammaturgica dei personaggi, che restano almeno in apparenza ancorati al proprio schema, anche se qualche segnale di convergenza tra i due è pur visibile.
La regia di Mastrandrea tende a dare il massimo risalto alle parole del testo, lasciando solo all’ambientazione di farsi veicolo dei cambiamenti spaziali e temporali, attraverso scelte semplici (ne sono esempio le scene all’opera oppure al caffè) che da un lato tengono a bada potenziali eccessi, ma dall’altro fanno sì che si parli di una regia con ancora tracce di timidezza; è tuttavia felice la scelta di far interpretare il ruolo della Contessa a un uomo, per di più barbuto: lo stesso Mastrandrea assume su di sé i caratteri di una donna fatale, riuscendo nella difficile impresa di nascondere i visibili segni di una decisa mascolinità. Ciò permette di arricchire il discorso di Palazzeschi con una nota che elude la dicotomia di genere tra maschile e femminile e così lo libera a una più profonda riflessione. Anche Riccardo Ricobello, attore di inclinazione classica e pertanto abile nel prendere la misura al personaggio, ha qualità nel raccogliere del poeta la confusione ma anche l’inestinguibile volontà di portare in fondo la sua indagine sull’umano.
La relazione tra la depravazione immorale – ma in realtà in possesso di una morale forse più alta – della sensuale Contessa (che gli dà del tu) e la difficoltà dell’acuto poeta a eludere il pregiudizio (che le dà del voi), oltre a essere un geometrico dialogo tra il pudore e la virtù, è anche un esplicito richiamo al contenzioso classico tra arte e vita, che Palazzeschi dispone forse in modo troppo schematico ai poli opposti, finendo per darne una idea piuttosto dogmatica. Dirà la Contessa che «un’ora di vita è sempre da preferirsi a un’ora di arte», ma così facendo riconosce l’esclusiva propria natura – ovviamente, dal suo punto di vista – come dominante, ignorando l’altro da sé che renderebbe giustizia alla molteplicità della natura stessa, emblema di vita e, al contempo, il solo modello dell’arte.
Simone Nebbia
Sala del Camino, Castello Pasquini, Castiglioncello – Inequilibrio Festival – Luglio 2019
LA CONTESSA FRA I SESSI
da Interrogatorio della Contessa Maria di Aldo Palazzeschi
regia e drammaturgia Eugenio Mastrandrea
con Eugenio Mastrandrea e Riccardo Ricobello
costumi Flavia Galinari Zanin
assistente alla regia e progetto grafico/video Federico Longo
produzione Armunia
con il sostegno di Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt)