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Finanziamenti e bandi della Regione Lazio: come funzionano e perché andrebbero ripensati

Dominio Pubblico, il progetto dedicato agli artisti under 25, rischia di rimanere fuori dai finanziamenti regionali, prendiamo spunto da questo fatto per riflettere sul funzionamento dei contributi allo spettacolo dal vivo nella Regione Lazio.

Nella foto “La fine è azzurra” di Eleonora Pippo, installazione parte del progetto ‘Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società. La fine è azzurra.’ ospitato dal festival Dominio Pubblico 2018. Foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

Con una semplice ricerca online si atterra su una pagina del sito della Regione Emilia Romagna che il 29 gennaio pubblicava un comunicato molto chiaro nel quale spiegava a quanto sarebbe ammontato il totale dei finanziamenti regionali per lo spettacolo dal vivo nel triennio 2019-2021. È una pagina alla quale si accede facilmente, è bene indicizzata nei motori di ricerca e i cittadini possono trovarla in breve tempo. Provando la stessa ricerca nel caso della Regione Lazio, bisogna cavarsela spulciando gli atti nel Bollettino Ufficiale Regionale. Qui è stata pubblicata la delibera del 5 febbraio 2019 che riguarda l’ “Approvazione del Documento di Indirizzo Regionale per lo Spettacolo dal vivo e per la Promozione delle attività culturali 2019 – 2021 e del Programma Operativo Annuale degli Interventi 2019”. Un documento corposo che analizza i dati del precedente triennio e presenta le modalità e quantità dei finanziamenti per le tre annualità future. Per avere la cifra totale della spesa per lo spettacolo dal vivo bisogna sommare le varie voci; il risultato è ‭22.870.000‬ euro: la regione spenderà dal 2019 al 2021 neanche 8 milioni all’anno per tutto il comparto delle arti performative, musica, teatro, danza, circo.

Naturalmente il paragone con l’Emilia Romagna non regge non solo per l’accesso alle informazioni (tra l’altro il sito della Regione Lazio ancora non è progettato per gli smartphone), ma soprattutto per il divario visibile nella spesa totale: gli emiliano-romagnoli staccano i quasi 23 milioni della giunta Zingaretti mettendo sul piatto 35 milioni in tre anni. D’altronde parliamo di una regione che si è dotata nel 2018 di una legge (la prima in Italia) dedicata interamente al settore musicale, cosa che probabilmente permetterà di gestire d’ora in poi in maniera diversa anche i capitoli di spesa.

In questi giorni il festival Dominio Pubblico (tappa apicale di un progetto attivo tutto l’anno attraverso una serie di attività formative e spettatoriali dedicate agli under 25) ha annunciato tramite email e pagina Facebook di essere rimasto fuori dalla graduatoria di quelle rassegne che percepiranno un finanziamento dalla Regione Lazio: raggiunto telefonicamente, il direttore artistico, Tiziano Panici parla di disattenzione e di tempi lunghissimi. Per comporre la graduatoria l’amministrazione ha impiegato sette mesi.
Il problema non riguarda solo Dominio Pubblico, è ormai strutturale e la fuoriuscita del giovane festival dalla zona dei beneficiari (avrebbe i requisiti ma non è sufficiente il budget stanziato) – che potrà essere disinnescata solo con un intervento che liberi altre risorse – è una spia che permette di ragionare ancora una volta sul modello dei bandi e sulla mappatura dei finanziamenti. La tanto attesa Legge regionale del 2014 sullo spettacolo dal vivo, che istituisce il Fusr (Fondo unico per lo spettacolo dal vivo regionale) e che altro non è se non una copia in piccolo del modello nazionale, prevede la messa al bando di una serie di attività legate al comparto, tra queste ci sono anche i festival teatrali, di danza, musicali e circensi; tutto nello stesso calderone, tutto nello stesso capitolo di spesa: poco più di 650mila euro.

L’esiguità dell’investimento non è la sola causa dei problemi di una regione che, a parte poche esperienze di eccellenza (le officine culturali, le residenze e i alcuni festival), è sottosviluppata per ciò che riguarda le arti performative fuori dalla Capitale. Le problematiche gravitano anche attorno alle modalità di spartizione. Roma drena gran parte delle risorse, ma la politica non sembra in grado di invertire questa sorte. Per le residenze, tutte fuori Roma, la spesa è di poco più di 100mila euro. D’altronde, a gravare sulla stretta coperta ci sono i due enti lirico sinfonici, Opera di Roma e Santa Cecilia, e la Fondazione Musica per Roma: in totale la “stabilità musicale” ha un costo di 3.570.000 euro annui, cifra che appare importante solo perché l’intero budget non è all’altezza. Il resto è suddiviso in gran parte tra Teatro di Roma (1.190.000 euro annui), Atcl (il circuito regionale 980mila euro), Romaeuropa (300mila euro), questi sostanzialmente sono gli enti e le fondazioni che non devono inviare la domanda per il Fusr ma possono usufruire direttamente del finanziamento stanziato.

Che cosa rimane ai progetti residenziali, di festival musicali, teatrali, alla danza, ai progetti multidisciplinari o di formazione e promozione da disseminare in tutta il territorio regionale? Poco più di 1.600.000 euro. E qui torniamo a quei quasi 700mila euro stanziati per i festival: non solo al medesimo concorso devono partecipare progetti relativi a campi diversi (un festival di musica antica e uno di teatro contemporaneo possono condividere i medesimi obiettivi?), ma soprattutto le esperienze nuove, piccole, spesso volenterose e alcune volte situate in territori difficili, devono vedersela con manifestazioni ormai storiche. Un festival come Short Theatre, ad esempio, che naturalmente occupa una delle prime posizioni in graduatoria essendo arrivato alla 14esima edizione, non meriterebbe un percorso diverso, più stabile? Se l’amministrazione regionale non può prendersi la responsabiltà di stabilizzare alcuni soggetti storici che almeno possa creare percorsi differenziati che sburocratizzino e semplifichino le modalità di accesso. Come fanno a essere giudicati sullo stesso piano progetti decennali e ventennali che possono lavorare sull’eccellenza artistica e progetti dedicati al talent scouting? Così come Dominio Pubblico, non è riuscito a entrare in graduatoria neppure Castellinaria – manifestazione che alla seconda edizione porterà teatro off e musica dal vivo nella Valle di Comino (Fr), il tutto organizzato da un gruppo di lavoro under 30.

Per quanto ancora gli artisti e gli operatori che operano a Roma (della situazione del Comune abbiamo già scritto) e nel Lazio saranno costretti a modificare i propri progetti a seconda dei ritardi e della disattenzione delle istituzioni? Va bene crescere allenandosi alla resilienza, ma per quanto dovranno accontentarsi di briciole mal gestite,  senza riuscire a programmare le proprie attività con serenità e a lungo termine?

Andrea Pocosgnich

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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